Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30535 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30535 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile NOME nel procedimento a carico di: COGNOME COGNOME COGNOME nato il 24/01/1950 COGNOME nato a TRIESTE il 24/05/1960 NOME COGNOME nata a NAPOLI il 19/06/1960 NOME COGNOME nato a CASERTA il 18/09/1957 avverso la sentenza del 10/01/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurator generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio; letta la memoria depositata nell’interesse della parte civile COGNOME COGNOME con la quale si insiste nei motivi di ricorso; letta la memoria difensiva degli imputati, con la quale si chiede dichiarars l’inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli, emessa il 19 novembre 2011, che aveva assolto NOME COGNOME NOME, NOME e NOME dai reati di usura loro rispettivamente ascritti con la formula perché il fatto non sussiste.
Secondo la contestazione, gli imputati, nelle rispettive qualità di Presidente del consiglio amministrazione, amministratore delegato e direttori di filiale succedutisi nel tempo della Banca Ifis, ottenevano la corresponsione di interessi usurari dalla società RAGIONE_SOCIALE che aveva acceso un conto corrente bancario collegato ad un contratto di factoring, addebitando su tale conto interessi, spese, commissioni di garanzia, di gestione factoring e di plafond debitore che superavano il tasso soglia previsto in relazione a vari trimestri degli anni 2009-2012.
La Corte, condividendo la sentenza di primo grado, ha ritenuto inaffidabili le conclusioni alle quali erano giunti i consulenti tecnici del Pubblico ministero e delle parti c sottolineando che la tesi a discarico degli imputati, volta a sostenere il mancat superamento del tasso soglia attraverso lo scorporo dal calcolo relativo di alcune voci addebitate al cliente, era stata avallata da recente sentenza della Corte di cassazione resa a conclusione di un giudizio civile tra la società RAGIONE_SOCIALE e la banca Ifis.
Ricorre per cassazione la parte civile NOME COGNOME nella qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE deducendo:
violazione di legge ed, in particolare, dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., con nulli della sentenza impugnata, per avere la Corte di appello deciso la causa con un collegio giudicante del quale faceva parte, quale consigliere, il dr. NOME COGNOME il quale era stato giudice dell’udienza preliminare che si era conclusa con il rinvio a giudiz degli imputati.
Il ricorrente sottolinea che l’eccezione di nullità non avrebbe potuto essere dedott precedentemente in quanto il processo d’appello era stato celebrato con il rito cartolare, circostanza che non avrebbe consentito la verifica immediata della composizione del collegio se non a seguito della notifica alle parti del dispositivo della sentenza;
2) violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte, con motivazione lacunosa ed apodittica e senza tenere conto delle doglianze contenute nell’atto di appello, avallato la tesi sostenuta dal Tribunale, non rilevando che il rapporto contrattuale con la banca instaurato dalla società parte civile, era unico ed unitario, sicché non avrebbe potuto essere scorporata – ai fini del calcolo del superamento del tasso soglia per quanto inerente all’accertamento del reato di usura, secondo quanto previsto dall’art. 644, quarto comma, cod. pen. – alcuna voce addebitata dalla banca alla società sua cliente, come le commissioni factoring, plus factoring ecc. applicate, secondo il ricorrente, senza alcun collegamento con
la reale attività esercitata dalla banca, che non avrebbe giustificato l’applicazione di commissioni indipendentemente anche dalle istruzioni provenienti dalla Banca d’Italia a proposito del calcolo del TEG (tasso effettivo globale medio), non richiamabili al fine escludere anche l’elemento soggettivo del reato.
Il ricorrente cita giurisprudenza di legittimità a sostegno delle sue ragioni, critican richiamo operato in sentenza ad una decisione di legittimità resa in un procedimento civile non utile ai fini dell’accertamento del reato di usura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato ed ha carattere assorbente.
Risulta dagli atti – che la Corte ha potuto visionare stante la natura processuale del questione – che tra i componenti del collegio della Corte di appello che ha emesso la sentenza impugnata, vi era il dottor NOME COGNOME il quale aveva svolto le funzioni di giudice dell’udienza preliminare disponendo il rinvio a giudizio degli imputa sicché, ai sensi dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., non avrebbe potuto partecipare al giudizio e alla deliberazione della sentenza versando in una ipotesi di incompatibilità.
Trattandosi di procedimento svoltosi in secondo grado con il rito cartolare, le parti no avevano avuto la possibilità di attivare preventivamente l’istituto della ricusazione, quanto non poteva essere nota la composizione del collegio giudicante, sicché il primo ed unico strumento a loro disposizione, per coltivare l’eccezione, non poteva che essere il ricorso per cassazione.
In questo senso, può essere applicato analogicamente, per identità di ratio, il principio di diritto secondo il quale, in tema di ricusazione, la parte interessata, che sia venuta conoscenza della causa di incompatibilità a seguito della comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello pronunciata “de plano” da un collegio composto dal giudice che ha emesso la decisione impugnata, è legittimata a dedurla con ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di inammissibilità, stante l’impraticabilità della procedura di ricusazi preventiva di cui all’art. 37 cod. proc. pen., al fine di far valere la nullità assol provvedimento (Sez. 4, n. 38254 del 01/10/2024, Rodia, Rv. 287065-01).
Nella parte motiva di tale decisione di legittimità, qui condivisa, richiamando quanto g espresso da altra conforme pronuncia (Sez. 1, n. 19643 del 02/04/2019, COGNOME, Rv. 275844-01) si è sottolineato che h costituisce affermazione risalente, nella giurisprudenza di questa Corte, che l’esistenza di una causa di incompatibilità, non incidendo sui requisit di capacità del giudice, non determina, in via di principio, la nullità del provvedimen adottato dal giudice incompatibile, ma costituisce motivo di ricusazione, da farsi valere co la specifica procedura prevista dagli artt. 37 e segg. del codice di rito; né ha incidenza su capacità del giudice, sempre in via di principio, la violazione del dovere di astensione, ch
ii-
non è causa di nullità generale e assoluta ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. a), co proc. pen., deducibile come motivo di impugnazione della sentenza pronunciata col concorso del giudice incompatibile, ma costituisce esclusiva ragione, per la parte interessata, di ricusazione del giudice non astenutosi (ex plurimis, Sez. U, n. 5 de 17/04/1996, Rv. 204464; Sez. U, n. 23 del 24/11/1999, Rv. 215097). Detti principi devono essere coordinati, peraltro, con quello, parimenti affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, per cui, una volta proposta dalla parte interessata la dichiarazione di ricusazione, l violazione – da parte del giudice nei cui confronti la ricusazione sia stata accolta divieto, stabilito dall’art. 42 , comnna 1 1 cod. proc. pen., di compiere alcun atto del procedimento, comporta la nullità della decisione che il giudice abbia ciononostante pronunciato (o concorso a pronunciare), ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. a) del codice di rito, nullità che è destinata a prodursi anche nel caso di violazione dell’art. 37, comm 2, cod. proc. pen., allorché il giudice ricusato non si sia astenuto dal pronunciare sentenza e la ricusazione sia stata (solo) successivamente accolta (Sez. U, n. 23122 del 27/01/2011, Rv. 249734). Dalla ricognizione del sistema così sommariamente operata, emerge dunque che l’inosservanza del dovere di astensione gravante sul giudice nei casi previsti dall’art. 36 cod. proc. pen., tra i quali rientra – per quanto qui interessa – l’incompatibilità deri dal compimento degli atti del procedimento indicati nell’art. 34, deve essere fatta valer ad iniziativa della parte interessata mediante l’istituto della ricusazione, non essend altrimenti sanzionabile sul piano processuale; una volta, tuttavia, che la ricusazione si stata proposta e sia stata accolta, la sentenza pronunciata dal giudice (o col concorso del giudice) che era tenuto ad astenersi è affetta da nullità assoluta e insanabile, rilevabi anche a posteriori nel caso in cui la pronuncia giudiziale che accoglie la ricusazione intervenga in un momento successivo a quello della sentenza pregiudicata, in quanto il rispetto dei principi dell’imparzialità e della terzietà del giudice costituisce requ indefettibile dell’esercizio della funzione giurisdizionale, che trova immediato fondamento costituzionale nell’art. 111, secondo comma, Cost. La lettura coordinata dei principi sopra enunciati esclude che possa rimanere priva di tutela la legittima pretesa della parte di fa valere la causa di incompatibilità, che avrebbe imposto al giudice di astenersi dalla decisione idonea a definire il grado del giudizio, allorché – come nel caso in esame – la ragione di incompatibilità, e la correlata violazione del dovere di astensione, si sia manifestate e siano state rese conoscibili all’interessato soltanto attraverso la pronuncia (e la comunicazione) del provvedimento decisorio, avvenuta “parte inaudita”, in tal modo pregiudicando definitivamente la facoltà di ricusazione del giudice di cui la parte si sarebb avvalsa se fosse stata posta in grado di conoscerne preventivamente le ragioni motive. Nel caso in esame, il pregiudizio dei principi di terzietà e di imparzialità del giudice, d all’art. 111 Cost, è stato realizzato attraverso la pronuncia de plano del provvedimento impugnato, e quindi senza il contraddittorio tra le parti, come evincibile dall’esame dell Corte di Cassazione – copia non ufficiale
documentazione in atti, reso possibile dalla natura in rito del vizio dedotto. L’imputata e suo difensore hanno, pertanto, avuto contezza dell’identità dei componenti della Corte d’appello solo a seguito dell’avvenuta ricezione della notifica della decisione impugnata, momento da cui è risultato possibile evincere la presenza nel Collegio di un giudice incompatibile (dott. NOME COGNOME in quanto già Giudice dell’udienza preliminare in questo processo. La difesa, conseguentemente, non ha avuto la possibilità di adire, nei previsti termini, la procedura di ricusazione del giudice incompatibile, così rendendo indispensabile, quale unico rimedio esperibile, l’impugnazione in questa sede del provvedimento assunto da parte di un Collegio composto da un giudice trovantesi in una posizione di incompatibilità, che ne avrebbe imposto la relativa astensione. Rileva, infatti la circostanza che la causa di incompatibilità dedotta, espressamente prevista dall’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., non avrebbe lasciato alcun margine di discrezionalità al giudice ricusabile, ricorrendo nei suoi confronti uno specifico obbligo di astensione, imposto dall’art. 36, comma 1, lett. g) cod. proc. pen.”.
La fondatezza del primo motivo, che ha valenza assorbente idonea a superare ogni ulteriore argomentazione – anche in relazione al contenuto delle memorie depositate – porta all’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Deve rilevarsi, in proposito, che, nel caso in esame, l’attribuzione della competenza al giudice penale deve escludersi stante l’irrevocabilità delle statuizioni contenute nelle du sentenze di merito per quanto inerenti agli aspetti penalistici del fatto, attraverso conformi assoluzioni degli imputati nei due gradi precedenti non impugnate dalla parte pubblica.
In questo senso va richiamato il principio secondo cui, in tema di annullamento da parte della Corte di cassazione della sentenza impugnata ai soli effetti civili, il rinvio al gi civile, di cui alla seconda parte dell’art. 622 cod. proc. pen., è limitato alle sole ipot cui la sentenza di proscioglimento dell’imputato venga caducata esclusivamente in accoglimento del ricorso della parte civile, in quanto la “ratio” della suddetta previsione quella di evitare ulteriori interventi del giudice penale ove non vi sia più nulla da accert agli effetti penali (Sez. 3, n. 46476 del 13/07/2017, Ostuni, Rv. 271147-01).
61/
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado d
legittimità.
Così deciso, il 15/07/2025.