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Incompatibilità con il carcere: la Cassazione decide

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un detenuto che chiedeva i domiciliari per motivi di salute a seguito di un infarto. La decisione si basa su una perizia medica che ha accertato la compatibilità delle sue condizioni con la detenzione, evidenziando che l’incompatibilità con il carcere deve essere provata concretamente attraverso accertamenti oggettivi e non solo affermata dalla difesa.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Incompatibilità con il Carcere: Quando la Salute Giustifica i Domiciliari?

La questione dell’incompatibilità con il carcere per gravi motivi di salute è un tema delicato che bilancia il diritto alla salute del detenuto con le esigenze di sicurezza della collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 17047/2024) offre importanti chiarimenti su come viene valutata tale incompatibilità, sottolineando il ruolo cruciale degli accertamenti medici oggettivi rispetto alle mere allegazioni della difesa.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Arresti Domiciliari

Il caso riguarda un individuo, condannato in secondo grado per associazione mafiosa, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. A seguito di un infarto del miocardio, l’imputato presentava un’istanza per la sostituzione della misura detentiva con gli arresti domiciliari, sostenendo una sopravvenuta incompatibilità con il carcere a causa delle sue gravi condizioni di salute e delle necessità curative che, a suo dire, la struttura penitenziaria non poteva garantire.

Il Tribunale di Reggio Calabria, agendo come giudice dell’appello cautelare, aveva confermato la decisione della Corte di Appello di rigettare la richiesta. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

La Valutazione dei Giudici e il Ruolo della Perizia Medica

Per dirimere la questione, la Corte di Appello aveva correttamente disposto una perizia medica al fine di verificare la reale compatibilità delle condizioni di salute dell’imputato con il regime carcerario. L’esito della perizia è stato determinante.

Il perito ha concluso per la compatibilità, evidenziando che:
1. L’imputato era stato sottoposto a un intervento di angioplastica e dimesso in buone condizioni di salute.
2. Le terapie farmacologiche prescritte venivano regolarmente somministrate all’interno dell’istituto penitenziario.
3. Erano stati programmati gli esami specialistici necessari per monitorare un’eventuale ischemia residua (scintigrafia miocardica o angio-Tac coronarica).

I giudici di merito hanno recepito pienamente le conclusioni della perizia, ritenendo che il quadro clinico non presentasse profili di incompatibilità con la detenzione. Hanno inoltre verificato che la casa circondariale si stava attivando per programmare tutti i controlli indicati dal perito, garantendo così la tutela del diritto alla salute.

Le Motivazioni della Cassazione sull’Incompatibilità con il Carcere

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. L’imputato, infatti, si era limitato a contrapporre le conclusioni dei propri consulenti tecnici a quelle del perito nominato dal tribunale, senza però individuare un vulnus specifico, ovvero un errore giuridico o un’illogicità manifesta, nell’argomentazione della sentenza impugnata.

La Corte ha ribadito che la valutazione sulla compatibilità delle condizioni di salute con il regime carcerario è un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito. Se tale accertamento è basato su una motivazione logica, coerente e completa, come in questo caso, non può essere censurato in sede di legittimità. La decisione impugnata era ben argomentata, fondata su una perizia tecnica e teneva conto di tutti gli elementi, compresi i controlli medici già effettuati e quelli programmati.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’incompatibilità con il carcere non può essere semplicemente presunta o dedotta dalle affermazioni della difesa, ma deve emergere da un’analisi rigorosa e oggettiva della situazione clinica del detenuto e delle capacità di assistenza sanitaria offerte dall’istituto penitenziario. La nomina di un perito da parte del giudice è lo strumento principe per garantire un accertamento imparziale. Per contestare efficacemente tale valutazione in Cassazione, non è sufficiente dissentire nel merito, ma è necessario dimostrare un vizio logico o giuridico palese nel percorso motivazionale seguito dal giudice.

Quando le condizioni di salute di un detenuto sono considerate incompatibili con il carcere?
Secondo la sentenza, le condizioni di salute sono incompatibili quando sono talmente gravi da non poter essere adeguatamente gestite o curate all’interno della struttura penitenziaria. La valutazione si basa su un accertamento di fatto, spesso condotto tramite una perizia medica, che confronta le necessità sanitarie del detenuto con le cure effettivamente garantite in carcere.

Cosa può fare un detenuto che ritiene il suo stato di salute incompatibile con la detenzione?
Il detenuto può presentare un’istanza al giudice competente, ai sensi dell’art. 299 del codice di procedura penale, chiedendo la sostituzione della misura carceraria con una meno afflittiva, come gli arresti domiciliari. Tale istanza deve essere supportata da documentazione medica che attesti la grave condizione di salute.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in questo caso?
La Corte ha dichiarato l’inammissibilità perché il ricorso non sollevava questioni di legittimità (errori di diritto), ma mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti, che è preclusa in sede di Cassazione. L’appellante si è limitato a contestare le conclusioni della perizia medica senza dimostrare un’evidente illogicità o un errore giuridico nella motivazione della decisione del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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