Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2138 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2138 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ARCIDOSSO il 17/09/1962
avverso l’ordinanza del 12/06/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, pronunciata de plano, la Corte di appello di Genova ha dichiarato inammissibile la richiesta di incidente probatorio proposta da NOMECOGNOME finalizzata all’istanza di revisione della sentenza di condanna della Corte di assise di Grosseto del 6 marzo 2006 (irrevocabile il 14
marzo 2008), che aveva condannato l’istante per l’omicidio aggravato del curatore fallimentare COGNOME, commesso in Grosseto 1’8 marzo 2004.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, la vittima sarebbe stata uccisa dall’COGNOME, 1’8 marzo 2004, tra le ore 13,30 e le ore 13,40, mentre si trovava all’interno del suo studio professionale. L’COGNOME era stato trovato in possesso di un’arma (una pistola “Smith & Wesson 38”) compatibile con i tre proiettili estratti dal cadavere e con quelli rinvenuti nel muro, posto dietro la scrivania dello studio della vittima, sopra la quale si trovava anche il fascicolo relativo al fallimento “NOME“. Alle ore 17,00, il condannato era stato sottoposto a fermo, per essere poi sottoposto all’esame del “tampone stub”, che dava esito positivo, attestando la presenza sulle sue mani di residui di polvere da sparo.
Avverso il provvedimento della Corte di appello, tramite il difensore, ricorre il condannato.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di «contraddittorietà con massima di esperienza».
Il ricorrente rappresenta che: consultando il motore di ricerca “Google”, è possibile apprendere che «il limite massimo di permanenza dei residui dello sparo sulle mani di persone che non si sono lavate è intorno alle quattro ore»; l’omicidio era avvenuto in una fascia oraria compresa tra le ore 13,30 e le ore 13,40; il condannato era stato trovato dalla polizia giudiziaria, all’interno della propria abitazione, verso le 17,00 ed era stato sottoposto al tampone stub alle ore 21,05, dopo oltre sette ore dall’omicidio.
Da tali elementi si dovrebbe desumere che l’esito positivo dell’esame del tampone stub – posto a base sia della sentenza di condanna che dell’ordinanza impugnata – sarebbe dovuto a una contaminazione avvenuta all’interno dell’auto della polizia.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di «contraddittorietà e illogicità della motivazione».
Il ricorrente rappresenta che: la teste NOME aveva riferito che i colpi sparati «erano stati in numero di tre, due con un rumore più forte ed uno più debole»; la polizia giudiziaria aveva però rinvenuto sei proiettili, tre estratti da cadavere, due rinvenuti nel muro dietro la scrivania della vittima e uno nel soffitto del corridoio dello studio professionale.
Tanto premesso, il ricorrente contesta la ricostruzione dei giudici di merito, secondo i quali i colpi sarebbero stati sparati da un revolver “Smith & Wesson 38 special a passo corto”, come quello rinvenuto nel possesso del condannato. Il rumore di tutti e sei colpi, se fossero stati effettivamente sparati dall’arma in questione, non sarebbe sfuggito alla teste, atteso che una “Smith & Wesson 38
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special a passo corto” produrrebbe un rumore simile «a quello di una bomba a basso potenziale». Secondo il ricorrente, invece, l’omicida avrebbe utilizzato una pistola «silenziata» e, dunque, diversa da quella rinvenuta nel possesso dell’imputato, che non sarebbe compatibile con il silenziatore.
Proprio per «ricercare» delle spiegazioni logiche, che rendessero coerenti le dichiarazioni della teste con gli accertamenti della polizia giudiziaria, la difes aveva chiesto l’espletamento, in sede di incidente probatorio, di un esperimento giudiziale, mediante il quale riprodurre, nello stesso luogo in cui erano accaduti i fatti e alla presenza della Bianchi, lo sparo dei sei colpi di revolver, per p procedere, nel caso in cui la teste riconoscesse che il rumore provocato fosse notevolmente superiore a quello da lei sentito all’epoca dei fatti, ripetere l’esperimento, sparando i colpi con un’arma dotata di silenziatore.
La motivazione della Corte di appello, che aveva dichiarato inammissibile la richiesta di tale esperimento giudiziale, sarebbe incongrua, atteso che era basata sull’argomentazione illogica che «il rumore di fondo anche occasionale» non consentirebbe di riprodurre, dopo venti anni, una situazione uguale a quella verificatasi al momento del delitto.
2.3. Con un terzo motivo, sostiene che la motivazione sarebbe «apparente o illogica».
Rappresenta che i giudici di merito, nonostante la teste COGNOME avesse affermato di aver sentito i colpi alle ore 14,00, hanno ritenuto che il delitto er stato commesso entro le 13,35, che (nella ricostruzione accusatoria) è un orario compatibile con la circostanza oggettiva che il condannato già alle ore 13,42 si trovava in luogo diverso da quello del delitto, avendo agganciato con il proprio telefono cellulare l’antenna di INDIRIZZO diversa da quella di INDIRIZZO che copre il luogo del delitto.
L’ora del delitto sarebbe stata fissata in base al fatto che la COGNOME aveva riferito di avere sentito gli spari poco dopo che la collega COGNOME era uscita dall’ufficio, per andare a prendere il figlio all’uscita dalla scuola: atteso che donna era certa di essere arrivata nei pressi dell’asilo alle ore 13,55 e che, per percorrere il tragitto dall’ufficio alla scuola, ci volevano una ventina di minuti, qu colpi dovevano essere stati esplosi entro le 13:35.
Il ricorrente, tuttavia, evidenzia che il fatto che la COGNOME avesse impiegato una ventina di minuti per coprire il tragitto dall’ufficio alla scuola era «frutto di mera deduzione dell’estensore» della sentenza, atteso che la teste non aveva mai indicato il tempo che aveva impiegato per percorre il tragitto in questione.
La difesa, inoltre, aveva già effettuato un esperimento stragiudiziale che dimostrava che per andare dall’ufficio alla scuola ci volevano meno di tredici minuti, calcolando i quali il momento in cui la COGNOME era uscita dall’uffic
doveva essere spostato alle 13,42, quando il condannato, pacificamente, si trovava lontano dal luogo del delitto.
L’esperimento giudiziale richiesto dalla difesa, da espletarsi a mezzo di incidente probatorio, era, dunque, finalizzato a «sostituire un’inammissibile deduzione» relativa ai tempi di percorrenza dall’ufficio alla scuola con una prova pratica, che peraltro sarebbe stata già svolta dalla difesa, con esito che dimostrerebbe l’errore clamoroso su cui si fonderebbe la pronuncia di condanna.
Tutto ciò premesso, il ricorrente sostiene che la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe meramente apparente, essendosi la Corte di appello limitata a «liquidare in cinque righe e mezza una richiesta di prova che risulterebbe demolitiva rispetto all’intervenuta condanna».
2.4. Con un quarto motivo, deduce il vizio di motivazione.
Sostiene che la Corte di appello non si sarebbe soffermata sulla valutazione dei giudici di merito di inattendibilità della teste COGNOME che aveva dichiarato di avere sentito i tre colpi alle ore 14,00.
I giudici di merito avevano, invero, dichiarato inattendibile la teste, privilegiando, invece, la prova scientifica, costituita dalla perizia balistica, secondo la quale l’arma del delitto sarebbe stata la “Smith & Wesson” trovata in possesso del condannato.
Il ricorrente, tuttavia, contesta la validità scientifica di tale perizia, atteso il tecnico che l’aveva realizzata era stato radiato dalla Polizia di Stato e dall’albo dei periti, per avere, in altro procedimento, modificato «i reperti affidatigli pe attribuire inesistenti responsabilità a un soggetto indagato».
2.5. Con un quinto motivo, deduce i vizi di inosservanza di norme processuali e di mancata assunzione di una prova decisiva.
Contesta la motivazione dell’ordinanza impugnata, sostenendo che entrambe le prove richieste dalla difesa dovrebbero essere considerate nuove.
Il tempo necessario a percorrere il tragitto dall’ufficio alla scuola, invero, non era stato mai calcolato, essendo stato solo «frutto di una sciagurata deduzione del giudice estensore della sentenza».
L’esperimento giudiziario avente a oggetto la riproduzione degli spari nel luogo del delitto consentirebbe, poi, di «superare la forza persuasiva di una perizia balistica, redatta da un perito quantomeno inaffidabile».
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il provvedimento impugnato deve essere annullato, essendo stato pronunciato da un giudice funzionalmente incompetente.
1.1. Preliminarmente, deve essere evidenziato che: le richieste di incidente probatorio erano state formulate dal ricorrente quali atti prodromici rispetto a un’eventuale successiva richiesta di revisione; l’istanza era stata presentata alla Corte di appello di Genova, quale giudice competente per la revisione; la Corte di appello, in tale veste, l’ha valutata.
La possibilità di espletare indagini difensive, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, al fine di cercare elementi su cui fondare la domanda di revisione della condanna, è espressamente prevista dall’art. 327-bis cod. proc. pen. L’art. 391-bis, poi, nel disciplinare le investigazioni difensive, prevede che il difensore possa anche chiedere che si proceda all’espletamento di un incidente probatorio.
Non sussiste alcun dubbio, quindi, sulla possibilità per la difesa di chiedere l’espletamento di un incidente probatorio, per assumere prove da utilizzare a sostegno di un’eventuale istanza di revisione.
Occorre, tuttavia, verificare quale sia l’organo funzionalmente competente a decidere sulle richieste di incidente probatorio e, più in generale, su tutte le istanze difensive, prodromiche rispetto a un’eventuale successiva richiesta di revisione, che comportino un intervento dell’autorità giudiziaria (quali, a esempio, le istanze di autorizzazione al prelievo di campioni sui reperti confiscati).
Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, è competente il giudice dell’esecuzione, atteso che la competenza del giudice della revisione, ossia della Corte di appello individuata secondo i criteri di cui all’art. 11 cod. proc. pen. (art 633 cod. proc. pen.), opera solo dopo la presentazione dell’istanza di revisione (cfr. Sez. 1, n. 1599 del 05/12/2006, Piemonte, Rv. 236236; Sez. 1, n. 2603 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280356). L’art. 633 cod. proc. pen., nella stesura originaria, invero, «attribuiva la competenza funzionale per l’esame della richiesta di revisione alla Corte di appello nel cui distretto si trovava il giudice che aveva pronunciato la sentenza di primo grado o il decreto penale di condanna». L’art. 1, comma 1, della legge n. 405 del 1998, poi, «ha innovato il parametro d’individuazione territoriale mediante il riferimento ai criteri di cui all’art. 11 c proc. pen., in tema di competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati». La «ratio legis» è all’evidenza quella di scongiurare il pericolo che il giudice della revisione possa essere condizionato dalla «contiguità» territoriale con quello del merito, rafforzando, «mediante l’introduzione della nuova regola individuatrice della competenza, l’imparzialità e la serenità del giudizio di revisione, destinato in e (
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ipotesi a travolgere il giudicato». Sembra agevole, dunque, «concludere che, in tanto opera siffatto criterio funzionale e derogatorio di attribuzione della competenza, in quanto sia stata almeno presentata la richiesta di revisione, nelle forme prescritte dall’art. 633 cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 1599 del 05/12/2006, Piemonte, Rv. 236236).
Tale orientamento è stato recentemente ribadito, con una pronuncia relativa proprio a un caso in cui era stato chiesto l’espletamento di un incidente probatorio: «a seguito dell’irrevocabilità della sentenza di condanna, nel caso in cui le indagini difensive funzionali all’eventuale richiesta di revisione comportino un intervento dell’autorità giudiziaria, è, in generale, competente a provvedere il giudice dell’esecuzione, pur in assenza di specifica previsione nelle disposizioni di cui agli artt. 665 e ss. cod. proc. pen., disciplinanti la fase esecutiva» (Sez. 4, n. 21543 del 21/03/2024, Dalal, Rv. 286445).
Dopo «il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il sistema processuale, d’altronde, prevede in linea generale (oltre alla competenza del magistrato di sorveglianza e del Tribunale di Sorveglianza per le questioni relative alla esecuzione della pena e della misura di sicurezza) l’intervento unicamente del giudice della esecuzione e, solo a seguito della presentazione della domanda di revisione, della Corte di appello individuata ex art. 11 cod. proc. pen.» (Sez. 4, n. 21543 del 21/03/2024, Dalal, Rv. 286445).
Il Collegio ritiene di dare continuità all’indirizzo maggioritario e di dove ribadire il principio per cui, una volta divenuta definitiva la sentenza di condanna, laddove le indagini difensive effettuate in funzione di un’eventuale richiesta di revisione richiedano un intervento dell’autorità giudiziaria, si determina in via generale la competenza del giudice dell’esecuzione.
1.2. Ne consegue che l’COGNOME avrebbe dovuto presentare le richieste di incidente probatorio alla Corte di assise di Grosseto, in funzione di giudice dell’esecuzione, e che l’ordinanza della Corte di appello di Genova, quale giudice di un futuro ed eventuale giudizio di revisione, risulta viziata da incompetenza funzionale, che è un vizio rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (cfr. Sez 5, n. 1206 del 21/11/2020, COGNOME, Rv. 280749; Sez. 4, n. 21543 del 21/03/2024, Dalal, Rv. 286445).
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata e gli atti devono essere trasmessi, per l’ulteriore corso, alla Corte di assise di Grosseto, quale giudice dell’esecuzione.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di assise di Grosseto, in qualità di giudice dell’esecuzione, per l’ulteriore corso.
Così deciso, 1’8 ottobre 2024.