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Incidente probatorio: quando il giudice può rigettarlo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30571/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro il rigetto di un incidente probatorio richiesto per l’audizione di minori. La Corte ha chiarito che, sebbene la legge presuma la vulnerabilità e la non rinviabilità della prova, il giudice può comunque respingere la richiesta se la prova risulta manifestamente superflua o irrilevante, ad esempio perché già acquisita aliunde e potenzialmente dannosa per il minore.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Incidente Probatorio: Quando il Giudice Può Negarlo Anche per i Minori?

L’incidente probatorio rappresenta uno strumento cruciale nel processo penale, specialmente quando si tratta di proteggere testimoni vulnerabili come i minori. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30571 del 2025, ha delineato con precisione i confini del potere del giudice nel rigettare tale richiesta, anche nei casi in cui la legge prevede una presunzione di urgenza e vulnerabilità. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso: La Richiesta di Incidente Probatorio per Minori

Il caso trae origine dal ricorso presentato contro la decisione di un Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) di rigettare una richiesta di incidente probatorio. La richiesta mirava a raccogliere la testimonianza di alcuni minori nell’ambito di un procedimento penale. La difesa sosteneva che tale rigetto fosse un atto ‘abnorme’, in quanto la legge (art. 392, comma 1-bis, c.p.p.) stabilisce una presunzione legale sulla vulnerabilità del testimone minore e sulla non rinviabilità della sua audizione, limitando di fatto il potere discrezionale del giudice.

La Decisione della Cassazione: I Limiti della Presunzione Legale

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione del G.I.P. La Corte ha richiamato una precedente pronuncia delle Sezioni Unite (n. 10869/2025), la quale aveva stabilito che è abnorme il provvedimento con cui il giudice rigetta la richiesta basandosi su una valutazione di insussistenza della vulnerabilità o della rinviabilità della prova, poiché si tratta di presupposti la cui esistenza è presunta iuris et de iure (cioè, senza possibilità di prova contraria).

Tuttavia, la Cassazione ha precisato un punto fondamentale: questa presunzione non elimina il dovere generale del giudice, sancito dall’art. 190 c.p.p., di escludere le prove vietate dalla legge e quelle ‘manifestamente superflue o irrilevanti’.

Le Motivazioni: Bilanciamento tra Prova e Tutela del Minore nell’incidente probatorio

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra la valutazione dei presupposti presunti per legge e la valutazione dell’utilità concreta della prova. Il G.I.P. non ha negato la vulnerabilità dei minori, ma ha rigettato la richiesta perché l’audizione sarebbe risultata, nel caso specifico, inutile e pregiudizievole.

Le ragioni erano solide:
1. Prova già acquisita: La prova principale dei fatti era già stata raccolta attraverso le plurime dichiarazioni della madre dei minori.
2. Procedimento civile pendente: Era già in corso un procedimento davanti al Tribunale civile, che aveva già sentito i minori tramite i Servizi Sociali. Un’ulteriore audizione in sede penale avrebbe creato una ‘pregiudizievole triangolazione’ a loro danno.
3. Tutela psico-fisica: L’audizione dei figli dell’imputato in una fase così delicata sarebbe stata dannosa per la loro serenità psico-fisica.

In sostanza, il giudice non ha esercitato un potere discrezionale vietato, ma ha adempiuto al suo dovere di escludere una prova divenuta superflua e potenzialmente dannosa, fornendo una motivazione puntuale e specifica che ha evitato l’elusione delle presunzioni di legge.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre un’importante chiave di lettura per gli operatori del diritto. Se da un lato viene ribadita la forza della presunzione di vulnerabilità per i minori, dall’altro si conferma che l’incidente probatorio non è un atto dovuto in modo automatico. Il giudice mantiene il potere-dovere di valutare l’effettiva necessità e rilevanza della prova richiesta. Per ottenere il rigetto, però, non basta un generico riferimento alla non opportunità, ma è necessaria una motivazione concreta e dettagliata che dimostri la superfluità della prova e il pregiudizio per il minore. La decisione deve essere ancorata a elementi specifici del caso, come la già avvenuta acquisizione della prova aliunde o l’esistenza di procedimenti paralleli che rendono l’ulteriore audizione inutilmente traumatica.

Un giudice può rigettare una richiesta di incidente probatorio per la testimonianza di un minore, nonostante la legge presuma la sua vulnerabilità?
Sì, può farlo, ma non basandosi sulla presunta assenza di vulnerabilità o sulla rinviabilità della prova (presupposti presunti per legge). Può rigettare la richiesta solo se la prova risulta ‘manifestamente superflua o irrilevante’, fornendo una motivazione puntuale e specifica.

In quali circostanze una prova testimoniale richiesta con incidente probatorio può essere considerata ‘superflua’?
Secondo la sentenza, una prova può essere considerata superflua quando, ad esempio, i fatti oggetto della deposizione sono già stati provati ‘aliunde’ (da altre fonti, come le dichiarazioni di altri testimoni) e un’ulteriore audizione risulterebbe una duplicazione inutile e potenzialmente dannosa per il testimone, specialmente se minore.

Cosa si intende per provvedimento ‘abnorme’ in relazione a un incidente probatorio?
È considerato ‘abnorme’, e quindi immediatamente ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice rigetta la richiesta di incidente probatorio per un minore (nei casi previsti dall’art. 392, co. 1-bis c.p.p.) motivando sulla base dell’insussistenza delle condizioni di vulnerabilità o di non rinviabilità della prova, poiché si tratta di presupposti che la legge presume esistenti in via assoluta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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