Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28144 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28144 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a null (CINA) il 09/01/1966 NOME COGNOME nato a null (CINA) il 08/09/1963
avverso l’ordinanza del 14/11/2024 del TRIBUNALE DI NAPOLI
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 14 novembre 2024, il Tribunale di Napoli in funzione di giudice dell’esecuzione, pronunciando in sede di rinvio, ha rigettato l’istanza con cui i condannati NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedevano, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., accertare la mancanza ovvero la non esecutività della sentenza del Tribunale di Napoli in data 7 ottobre 2016, irrevocabile il 22 novembre 2016.
Il giudice dell’esecuzione, ritenuta applicabile ratione temporis la disciplina dell’assenza, ha rilevato che la denunciata nullità conseguente alla mancata conoscenza degli atti processuali da parte dei ricorrenti, in quanto notificati ad un
indirizzo sbagliato, non poteva essere dedotta avanti al giudice dell’esecuzione, ma avrebbe dovuto essere fatta valere attraverso la richiesta di rescissione.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, formulando un’unica articolata censura con la quale deducono vizio di violazione di legge e vizio di motivazione.
Rilevano che, poiché l’azione penale era stata esercitata con l’emissione del decreto penale di condanna emesso nel 2010 e dunque sotto la vigenza della disciplina della contumacia, e considerato che all’udienza del 16 maggio 2014, in accoglimento dell’ecc ezione di nullità del decreto di citazione a giudizio, gli atti erano stati trasmessi al PM, avrebbe dovuto essere notificato agli imputati l’estratto contumaciale della sentenza.
Si deduce, inoltre, la nullità della sentenza di condanna in quanto emessa in assenza delle notifiche del decreto che dispone il giudizio, atteso che esse non sarebbero mai state ricevute dai ricorrenti, sicché il giudice della cognizione avrebbe dovuto sospendere il giudizio e effettuare le necessarie ricerche. Si sostiene, altresì, che, contrariamente a quanto affermato dall’ordinanza impugnata, all’udienza del 16 aprile 2014, il difensore degli imputati aveva eccepito che la nullità delle notifiche del decreto di citazione a giudizio, in quanto effettuate ad un indirizzo sbagliato e il giudice aveva disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero. Tuttavia, anche le nuove notifiche del decreto di citazione a giudizio erano state effettuate all’i ndirizzo sbagliato.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Considerato in diritto
Preliminarmente, deve rilevarsi come il ricorso nella sua globalità risulti essere una confusa e alluvionale esposizione di profili di fatto e di diritto, redatto con una tecnica espositiva caratterizzata dall’utilizzo di formati grafici diversi e dalla sovrapposizione di documenti e testi, che, riprodotti in modo caotico, rendono il discorso argomentativo tortuoso e di non agevole lettura, così ponendosi in contrasto con l’esigenza di garantire un ordinato inquadramento delle ragioni di doglianza nella griglia dei vizi di legittimità deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., nonché con le regole redazionali individuate dal ‘Protocollo d’intesa tra Corte di cassazione e Consiglio Nazionale Forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia penale’, sottoscritto il 17 dicembre 2015, da intendersi quale strumento esplicativo del dato normativo dettato dall’art. 606, cod. proc. pen. al fine della valutazione dell’ammissibilità dei motivi di ricorso (Sez. 6, n.
57224 del 09/11/2017 Rv. 271725; Sez. 2, n. 57737 del 20/09/2018, Rv. 274471 -01; Sez. 2, n. 3126 del 29/11/2023, dep. 2024, Rv. 285800 – 01).
Nondimeno, estrapolando dalla narrativa i profili essenziali di censura, essi risultano manifestamente infondati.
2.1. Il giudice dell’esecuzione, attenendosi al mandato della sentenza rescindente (Sez. 1, n. 3076 del 14/12/2023, dep. 2024), ha individuato la disciplina applicabile nella specie, rinvenendola in quella dell’assenza. Trattasi di conclusione corretta att eso che, ai sensi della disciplina transitoria dettata dall’art. 15-bis, comma 2, legge n. 67 del 2014, introdotto dalla legge 11 agosto 2014, n. 118, le disposizioni istitutive dell’assenza si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado, con la rilevante specificazione, stabilita dall’art. 15-bis, comma 2, cit., che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa quando l’imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità.
L’interpretazione di questa norma è nel senso le disposizioni introdotte dalla legge n. 67 del 2014 non si applicano, oltre che ai processi in corso nei quali, alla data di entrata in vigore della legge n. 67, è stata emessa la sentenza di primo grado, anche a quelli ancora pendenti in primo grado, ma nei quali non sia stato emesso nei riguardi dell’imputato dichiarato contumace il decreto di irreperibilità (Sez. 1, n. 34911 del 27/06/2017, dep. 2018, Napoli, Rv. 273858 – 01; Sez. 1, n. 8654 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272411 – 01; Sez. 2, n. 18813 del 10/01/2017, COGNOME, Rv. 269796 – 01; Sez. 6, n. 27540 del 03/06/2015, Tolentino Werastegui, Rv. 264052 – 01).
2.2. Non vi è dubbio che, nel caso in esame, il procedimento a carico dei ricorrenti, nel quale non era stata ancora pronunciata la sentenza di primo grado e né era intervenuta la dichiarazione di contumacia degli stessi, soggiaceva alla disciplina introdotta dalla legge n. 67 del 2014.
L’ordinanza impugnata ha pertanto correttamente ritenuto che la mancata conoscenza degli atti processuali da parte dei ricorrenti non poteva essere dedotta con lo strumento dell’incidente di esecuzione, non essendo stata la conseguente nullità eccepita nel corso del giudizio di cognizione, richiamando il principio affermato dalle Sezioni unite Lovric (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Rv. 280931 -01).
Tale conclusione è contrastata dai ricorrenti, i quali hanno sostenuto che all’udienza del 16 maggio 2014 era stata dedotta la nullità delle notifiche degli
avvisi ex art. 415-bis cod. proc. pen. perché effettuate ad un indirizzo sbagliato. Tuttavia, come precisato dal giudice dell’esecuzione, e come emerge chiaramente dall’estratto del verbale allegato al ricorso, si trattava di udienza svoltasi nel giudizio instaurato a seguito della prima citazione a giudizio, il quale si era concluso, proprio in accoglimento delle censure del difensore, con la dichiarazione di nullità delle notifiche degli avvisi emessi ai sensi dell’art. 415 -bis cod. proc. pen. e la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Diversamente, nel secondo giudizio, instauratosi a seguito della nuova citazione a giudizio, non risulta documentato che i ricorrenti abbiano dedotto alcuna nullità.
Ne consegue che, in conformità ai principi affermati dalla richiamata pronuncia delle Sezioni unite Lovric, l’ordinanza impugnata ha rigettato l’istanza avanzata dai ricorrenti.
Invero, costoro, anziché far valere l’asserita incolpevole mancata conoscenza del procedimento attraverso lo strumento appositamente previsto dall’art. 629 -bis cod. proc. pen. per i casi in cui si proceda in assenza in mancanza dei presupposti di cui all’a rt. 420-bis cod. proc. pen., hanno utilizzato il diverso e non consentito strumento dell’incidente di esecuzione di cui all’art. 670 cod. proc. pen.
Alla luce delle considerazioni espresse, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege , ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così è deciso, 20/05/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME