LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Incidente di esecuzione: no all’inammissibilità formale

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di inammissibilità emessa da un Giudice dell’esecuzione. Il caso riguardava un’istanza per far dichiarare inefficace un ordine di carcerazione. Il giudice di merito l’aveva ritenuta una semplice riproposizione di una richiesta precedente. La Cassazione ha chiarito che se l’istanza si basa su un provvedimento nuovo e diverso (un secondo ordine di esecuzione), non sussiste preclusione. La valutazione non può essere meramente formale, ma deve considerare la novità degli elementi dedotti. Di conseguenza, l’inammissibilità è stata annullata con rinvio per un nuovo esame nel merito dell’incidente di esecuzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Incidente di esecuzione: perché un’istanza basata su un nuovo atto non è mai una semplice riproposizione

La fase di esecuzione della pena è un momento cruciale del procedimento penale, in cui i diritti del condannato devono essere tutelati attraverso strumenti specifici. Uno di questi è l’incidente di esecuzione, un meccanismo che permette di sollevare questioni sulla legittimità dell’esecuzione stessa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 26849/2025) ha fornito chiarimenti fondamentali sui limiti della preclusione, stabilendo che un’istanza non può essere dichiarata inammissibile come ‘mera riproposizione’ se si fonda su un atto nuovo, anche se quest’ultimo conferma un provvedimento precedente. Analizziamo la vicenda.

I fatti del caso: una complessa sequenza di istanze

Un soggetto, condannato a una pena complessiva, presentava un primo incidente di esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra i reati e, di conseguenza, la revoca dell’ordine di carcerazione. Il Tribunale accoglieva la richiesta di rideterminazione della pena, abbassandola, ma rigettava la domanda di revoca, indicando la competenza del Pubblico Ministero.

Successivamente, il Pubblico Ministero emetteva un nuovo ordine di esecuzione per la pena rideterminata. Contro questo secondo provvedimento, la difesa proponeva un nuovo ricorso al Giudice dell’esecuzione, chiedendone la declaratoria di inefficacia. Sorprendentemente, il Tribunale dichiarava questa seconda istanza inammissibile, ritenendola una semplice riproposizione della prima, già decisa.

L’importanza della distinzione tra i provvedimenti nell’incidente di esecuzione

Il condannato ricorreva in Cassazione, sostenendo che le due istanze erano sostanzialmente diverse:
1. La prima istanza: era diretta contro l’originario provvedimento di cumulo pene e si basava sull’art. 671 c.p.p. (disciplina del reato continuato).
2. La seconda istanza: era rivolta contro il nuovo ordine di esecuzione emesso dal Pubblico Ministero, un atto giuridicamente distinto e successivo, e si fondava sull’art. 670 c.p.p. (questioni sul titolo esecutivo).

Secondo la difesa, il Tribunale aveva errato nel non cogliere questa differenza fondamentale, creando una preclusione ingiustificata e impedendo al condannato di contestare il nuovo titolo esecutivo e di accedere a misure alternative.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni della difesa, annullando l’ordinanza di inammissibilità. Il principio cardine richiamato è quello sancito dall’art. 666, comma 2, c.p.p. La norma consente di dichiarare inammissibile un’istanza che sia mera riproposizione di una richiesta già rigettata, ma questa regola non opera quando vengono dedotti ‘fatti o questioni giuridiche nuove’.

Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che la seconda istanza non era affatto una riproposizione. L’oggetto del contendere era un provvedimento diverso e successivo: l’ordine di esecuzione emesso dal Pubblico Ministero in data 17 settembre 2024. Questo atto, seppur confermativo del precedente, costituiva un ‘fatto nuovo’ che legittimava una nuova valutazione da parte del Giudice. L’ordinanza del Tribunale, definita ‘estremamente stringata’, non aveva spiegato le ragioni della ritenuta sovrapponibilità delle istanze, violando così i principi procedurali.

le conclusioni

La sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale: la preclusione nell’incidente di esecuzione non è un meccanismo automatico. Il giudice ha il dovere di esaminare la sostanza della richiesta per verificare se si fondi su elementi nuovi, siano essi fatti (come l’emissione di un nuovo provvedimento) o questioni giuridiche. Una valutazione meramente formale, che non distingue l’oggetto delle diverse istanze, è illegittima e lede il diritto di difesa. Questa decisione chiarisce che ogni atto del procedimento esecutivo è autonomamente impugnabile e che non si può negare al condannato la possibilità di far valere le proprie ragioni di fronte a un nuovo titolo che ne pregiudica la libertà personale.

Quando un’istanza presentata durante un incidente di esecuzione può essere dichiarata inammissibile?
Secondo la sentenza, un’istanza può essere dichiarata inammissibile, ai sensi dell’art. 666, comma 2, c.p.p., solo se costituisce una ‘mera riproposizione’ di una richiesta già rigettata, senza che vengano addotti nuovi elementi di fatto o nuove questioni giuridiche.

Un nuovo ordine di esecuzione emesso dal Pubblico Ministero è considerato un ‘fatto nuovo’ che giustifica una nuova istanza?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che un’istanza avanzata contro un nuovo ordine di esecuzione, anche se questo conferma un provvedimento precedente, è rivolta a un atto giuridicamente distinto e successivo. Pertanto, rappresenta un elemento nuovo che impedisce la declaratoria di inammissibilità per preclusione.

Qual è la differenza sostanziale tra un’istanza per il riconoscimento della continuazione e una contro l’ordine di esecuzione?
La prima istanza, basata sull’art. 671 c.p.p., ha lo scopo di rideterminare la pena applicata, unendo più reati sotto il vincolo della continuazione. La seconda, basata sull’art. 670 c.p.p., contesta la validità o l’efficacia del titolo esecutivo stesso, ovvero l’atto con cui il Pubblico Ministero dispone la carcerazione. Si tratta di due oggetti e due finalità giuridiche diverse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati