Incidente di esecuzione: Non si possono correggere gli errori di calcolo della pena
L’incidente di esecuzione rappresenta uno strumento cruciale nel diritto processuale penale, ma i suoi confini sono netti e invalicabili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che tale procedura non può essere utilizzata per rimediare a presunti errori di calcolo della pena commessi durante il processo di cognizione. La decisione sottolinea la sacralità del principio di ‘cosa giudicata’, ovvero la definitività della sentenza.
La vicenda processuale: dal patteggiamento al ricorso
Il caso esaminato ha origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento), divenuta irrevocabile nel 2012. Anni dopo, il condannato ha presentato un’istanza al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Parma, chiedendo una rideterminazione della pena complessiva. A suo dire, la sentenza conteneva errori di calcolo matematico che avevano portato a una pena più gravosa del dovuto.
Il Tribunale, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha dichiarato l’istanza inammissibile. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, insistendo sulla presenza di vizi logici nella motivazione del provvedimento e sulla necessità di correggere gli errori lamentati.
I limiti dell’incidente di esecuzione e il principio del giudicato
La questione centrale affrontata dalla Corte di Cassazione riguarda i limiti operativi dell’incidente di esecuzione. Questo strumento è pensato per risolvere problemi che sorgono durante la fase esecutiva della pena, ma non per riesaminare il merito della decisione di condanna. Una volta che una sentenza diventa definitiva (passa in ‘giudicato’), il suo contenuto non può essere modificato, salvo casi eccezionali previsti dalla legge.
La Corte ha osservato che le censure del ricorrente erano una mera ripetizione di argomenti già correttamente valutati e respinti dal Giudice dell’esecuzione. I presunti errori di calcolo, essendo avvenuti nella fase di cognizione (quella che ha portato alla sentenza), non potevano essere fatti valere in sede esecutiva.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su principi consolidati della giurisprudenza.
La non emendabilità degli errori di cognizione
Il cuore della motivazione risiede nel richiamo a un orientamento consolidato: l’incidente di esecuzione non è la sede per contestare vizi afferenti al procedimento di cognizione e alla sentenza che lo ha concluso. Ostandovi le regole che disciplinano la ‘cosa giudicata’, non è consentito rimettere in discussione il calcolo della pena, anche se affetto da errori materiali o matematici. Citando un precedente specifico (Cass. n. 3370/2012), la Corte ha ribadito che tali errori dovevano essere contestati attraverso i mezzi di impugnazione ordinari (appello, ricorso per cassazione) prima che la sentenza diventasse definitiva.
L’assenza di una ‘pena illegale’
Il Giudice dell’esecuzione aveva anche valutato se la pena inflitta potesse essere considerata ‘illegale’, un’ipotesi che avrebbe consentito un intervento correttivo anche dopo il giudicato. Tuttavia, ha concluso che nel caso di specie non si configurava tale situazione. Una pena è ‘illegale’ quando non è prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o quando la sua entità supera i limiti massimi edittali. Un semplice errore di calcolo all’interno dei limiti legali non rende, di per sé, la pena illegale.
Le conclusioni: cosa impariamo da questa ordinanza
L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine del nostro sistema giuridico: la certezza e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Se fosse possibile rimettere in discussione il contenuto delle sentenze definitive attraverso l’incidente di esecuzione, si creerebbe un’incertezza perpetua. La decisione chiarisce che gli errori, anche quelli apparentemente oggettivi come un calcolo matematico, devono essere eccepiti nei tempi e nei modi previsti dal codice di procedura. In mancanza, la sentenza diventa intangibile. Infine, la condanna del ricorrente al pagamento di una somma a favore della Cassa delle ammende serve da monito contro la proposizione di ricorsi palesemente infondati e meramente reiterativi.
È possibile utilizzare l’incidente di esecuzione per correggere un errore di calcolo della pena contenuto in una sentenza definitiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’incidente di esecuzione non può essere usato per far valere vizi del procedimento di cognizione o della sentenza, come gli errori di calcolo, poiché questi sono coperti dal principio della ‘cosa giudicata’.
Cosa si intende per ‘pena illegale’ e perché in questo caso non è stata riconosciuta?
Una pena è considerata ‘illegale’ quando non è prevista dalla legge per tipo o quantità (es. superiore al massimo consentito). In questo caso, i presunti errori erano di calcolo matematico all’interno dei limiti legali, non una pena estranea all’ordinamento, quindi la Corte ha escluso tale ipotesi.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione basato su motivi già respinti?
Oltre alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a causa della natura pretestuosa e ‘irrituale’ dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25083 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25083 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME nato a IMPERIA il 12/07/1963
avverso il decreto del 18/03/2025 del TRIBUNALE di PARMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME COGNOME ricorre per cassazion avverso il decreto in preambolo, con il quale il Tribunale di Parma, in funzio giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza intesa a otte rideterminazione della pena complessiva irrogata con sentenza n. 294/2012 applicazione della pena su richiesta delle parti, irrevocabile il 5 dicembre con le successive sentenze emesse in continuazione, dettagliatamente indic nella premessa del provvedimento impugnato e denuncia tre motivi di ricorso;
vista la memoria depositata in data 4 giugno 2025;
ritenuto che tutti i motivi di ricorso, COGNOME che possono essere trattati congiuntamente attesa la connessione logica delle questioni prospettate, s reiterativi di analoghe censure adeguatamente vagliate dal Giudice di esecuzi e, comunque, denunciano, asserite illogicità della motivazione non emergenti decreto impugnato;
rilevato, invero, che – a fronte della deduzione in sede d’incide esecuzione (identicamente riprodotta nel ricorso per cassazione e nella memor secondo cui il Giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto modificare la pe erroneamente irrogata a fronte di errori di calcolo matematico provvedimento impugnato ha reso una motivazione aderente al consolidato insegnamento di questa Corte secondo cui l’incidente di esecuzione non p essere utilizzato per far valere vizi afferenti il procedimento di cognizio sentenza che lo ha concluso, ostandovi le regole che disciplinano la giudicata (Sez. 1, n. 3370 del 13/12/2011, dep. 2012, Comisso, Rv. 251682 01. Nella specie, la Corte ha ritenuto non poter essere dedotti, i d’incidente di esecuzione, errori di calcolo della pena commessi nella f cognizione);
rilevato che – contrariamento a quanto si lamenta nel ricorso e n memoria – il Giudice dell’esecuzione, lungi dal trascurare il merito delle ce le ha adeguatamente valutate, motivando altresì sull’insussistenza di ipot pena illegale;
rilevato che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibil conseguente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cos del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stim equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2025
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Il Consigliere estensore
IlPresidente