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Incidente di esecuzione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione interviene per correggere un errore di qualificazione giuridica di un’istanza. Un imputato aveva presentato un incidente di esecuzione per contestare l’esecutività di una sentenza, ma la Corte d’Appello lo aveva erroneamente qualificato come richiesta di remissione in termini, trasmettendo gli atti alla Cassazione. Quest’ultima ha riqualificato l’atto come incidente di esecuzione, affermando la competenza della Corte d’Appello e rinviando gli atti per la decisione nel merito.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Incidente di esecuzione o remissione in termini? La Cassazione fa chiarezza

Nel complesso panorama della procedura penale, la corretta qualificazione di un’istanza è fondamentale per individuare il giudice competente e garantire una giusta decisione. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione illumina la cruciale distinzione tra incidente di esecuzione e remissione in termini, correggendo l’operato di una Corte d’Appello e riaffermando un principio fondamentale: è la sostanza della richiesta (il petitum) a determinare la natura del procedimento.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’istanza presentata da un imputato alla Corte d’Appello. L’uomo, destinatario di una sentenza di condanna, lamentava di non aver mai ricevuto comunicazione del dispositivo della sentenza stessa. Tale omissione, a suo dire, gli aveva impedito di esercitare il proprio diritto di impugnazione, rendendo di fatto il titolo non esecutivo. Per questo motivo, egli presentava un’istanza qualificandola espressamente come “incidente di esecuzione ex art. 670 cod. proc. pen.”, chiedendo la sospensione dell’esecuzione della pena e la declaratoria di inefficacia della sentenza.

L’Erronea Interpretazione della Corte d’Appello

Nonostante la chiara formulazione dell’istanza, la Corte d’Appello adita procedeva a una riqualificazione del tutto arbitraria. Interpretava la richiesta non come un incidente di esecuzione, bensì come un’istanza di remissione in termini per impugnare la sentenza, ai sensi dell’art. 175 del codice di procedura penale. In virtù di questa interpretazione e in ossequio al comma 4 del medesimo articolo, che attribuisce alla Corte di Cassazione la competenza su tali richieste, la Corte d’Appello si dichiarava incompetente e trasmetteva tutti gli atti alla Suprema Corte.

La Decisione della Cassazione sull’incidente di esecuzione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha censurato senza mezzi termini la decisione della Corte territoriale, definendola un “provvedimento errato”. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per ribadire la netta distinzione tra i due istituti processuali.

Le disposizioni in tema di incidente di esecuzione (art. 670 c.p.p.) sono finalizzate a contestare l’esistenza stessa o la corretta formazione del titolo esecutivo. In altre parole, si mette in discussione la validità del documento che dovrebbe dare avvio all’esecuzione della pena.

Al contrario, la restituzione nel termine (art. 175 c.p.p.) presuppone che un titolo esecutivo si sia ritualmente formato, ma che l’interessato non ne abbia avuto conoscenza per cause a lui non imputabili, chiedendo quindi di essere ‘riammesso’ a esercitare un diritto, come l’impugnazione, ormai scaduto.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione è cristallina e si fonda sull’analisi del petitum principale dell’imputato. La richiesta principale non era quella di poter impugnare tardivamente la sentenza, ma quella di far dichiarare l’inefficacia del titolo esecutivo a causa di un vizio di comunicazione. Questa richiesta rientra pienamente nell’alveo dell’incidente di esecuzione, la cui competenza spetta proprio al giudice dell’esecuzione, in questo caso la stessa Corte d’Appello.

La Corte territoriale, riqualificando arbitrariamente l’istanza, ha eluso il proprio dovere di decidere, commettendo un errore procedurale. Avrebbe dovuto, invece, trattare il caso come un incidente di esecuzione e pronunciarsi sia sulla questione dell’esecutività del titolo sia sull’eventuale istanza subordinata di remissione in termini.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha qualificato l’atto come incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 670 c.p.p. e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Napoli, quale giudice competente a decidere. Questa ordinanza rafforza un principio cardine del diritto processuale: i giudici devono guardare alla sostanza delle richieste delle parti per incardinare correttamente il procedimento, garantendo così la competenza del giudice naturale e la tutela effettiva dei diritti della difesa.

Qual è la differenza fondamentale tra incidente di esecuzione e remissione in termini?
L’incidente di esecuzione contesta la validità o l’esistenza stessa del titolo esecutivo (la sentenza). La remissione in termini, invece, presuppone un titolo valido ma chiede di poter esercitare un diritto (come l’impugnazione) oltre la scadenza, a causa di un impedimento non imputabile alla parte.

Perché la Corte d’Appello ha commesso un errore?
Ha commesso un errore perché ha arbitrariamente riqualificato l’istanza dell’imputato. Invece di considerarla per ciò che era, ovvero una contestazione sull’efficacia della sentenza (incidente di esecuzione), l’ha interpretata come una richiesta di essere riammesso a impugnare (remissione in termini), declinando la propria competenza.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha corretto l’errore della Corte d’Appello, ha riqualificato l’atto come un incidente di esecuzione e ha restituito gli atti alla stessa Corte d’Appello, indicandola come il giudice competente a decidere sulla questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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