Errore in Sentenza? L’Incidente di Esecuzione Non è la Via d’Uscita
Nel complesso iter della giustizia penale, la distinzione tra la fase di cognizione (il processo) e quella di esecuzione (l’applicazione della pena) è un pilastro fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per ribadire un principio cruciale: un errore commesso durante il processo non può essere corretto attraverso un incidente di esecuzione. Questo strumento, infatti, ha una funzione specifica e non può essere utilizzato come un rimedio tardivo per vizi che dovevano essere contestati attraverso i canali di impugnazione ordinari.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato con tre diverse sentenze per reati unificati dal vincolo della continuazione, si rivolgeva al Tribunale in qualità di giudice dell’esecuzione. L’obiettivo era ottenere una rideterminazione della pena complessiva, sostenendo che il giudice della cognizione avesse commesso un errore nell’individuare il reato più grave, ovvero la violazione base su cui calcolare gli aumenti di pena per gli altri reati.
Pur riconoscendo l’esistenza dell’errore, il giudice dell’esecuzione respingeva l’istanza. La sua motivazione era netta: quel tipo di vizio avrebbe dovuto essere sollevato durante il processo, attraverso un appello o un ricorso per cassazione, e non poteva più essere sanato una volta che la sentenza era diventata definitiva.
La Decisione della Cassazione e i Limiti dell’Incidente di Esecuzione
L’interessato proponeva quindi ricorso in Cassazione, lamentando l’inosservanza della legge penale. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando pienamente la decisione del giudice dell’esecuzione.
La Corte ha ribadito che l’incidente di esecuzione non è un’ulteriore istanza di giudizio per riesaminare il merito della sentenza di condanna. Il suo campo di applicazione è limitato a risolvere questioni che sorgono dopo il passaggio in giudicato della sentenza, come dubbi interpretativi sulla pena da eseguire o la verifica della sua legalità in astratto. Non può, quindi, essere utilizzato per far valere vizi o nullità, anche assolute, che si sono verificate nel procedimento di cognizione.
Le Motivazioni: Il Principio Intangibile della Cosa Giudicata
La chiave di volta della decisione risiede nel principio della cosa giudicata (o giudicato). Quando una sentenza non è più soggetta a impugnazioni ordinarie (appello o ricorso per cassazione), diventa definitiva e irrevocabile. Questo significa che tutto ciò che è stato deciso al suo interno, inclusi eventuali errori, diventa intangibile.
La Cassazione ha spiegato che il giudicato copre e “sana” anche i vizi del procedimento, persino le nullità assolute. Permettere di rimettere in discussione tali aspetti in sede esecutiva significherebbe minare la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie. L’unico spiraglio per un intervento del giudice dell’esecuzione è rappresentato dall’ipotesi di una “pena illegale”, ovvero una sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico per quel tipo di reato. Nel caso di specie, tuttavia, l’errore riguardava solo il quantum della pena, derivante da un’errata applicazione delle regole sulla continuazione, ma non la sua natura illegale.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame offre un insegnamento pratico di fondamentale importanza: ogni fase processuale ha i suoi strumenti e le sue scadenze. Gli errori commessi dal giudice della cognizione devono essere tempestivamente denunciati utilizzando i mezzi di impugnazione previsti dalla legge. Attendere che la sentenza diventi definitiva per poi tentare di correggerli tramite un incidente di esecuzione è una strategia destinata al fallimento. La stabilità del giudicato rappresenta un valore che l’ordinamento tutela con forza, limitando l’intervento in sede esecutiva a casi eccezionali e ben definiti, escludendo la possibilità di un riesame del merito della decisione.
È possibile correggere un errore commesso dal giudice nel calcolo della pena durante la fase di esecuzione della sentenza?
No, l’ordinanza chiarisce che un errore commesso dal giudice della cognizione, come l’errata individuazione del reato più grave nel reato continuato, deve essere contestato tramite i mezzi di impugnazione ordinari (appello, ricorso per cassazione) prima che la sentenza diventi definitiva. Non può essere corretto in sede di esecuzione.
Cosa succede se un errore nella sentenza non viene impugnato nei termini previsti?
L’errore viene “sanato” dal passaggio in giudicato della sentenza. Il principio della “cosa giudicata” impedisce di rimettere in discussione la decisione, anche in presenza di vizi o nullità, salvo casi eccezionali di pena illegale, che non sono stati riscontrati in questa vicenda.
Qual è lo scopo dell’incidente di esecuzione?
L’incidente di esecuzione non serve a correggere vizi del procedimento di cognizione. È uno strumento volto a risolvere questioni che sorgono dopo la sentenza definitiva, relative all’interpretazione del titolo esecutivo, alla legittimità dell’esecuzione stessa o ad altre questioni specificamente previste dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10146 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10146 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a RAGUSA il 12/11/1985
avverso l’ordinanza del 09/05/2024 del TRIBUNALE di RAGUSA dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
· GLYPH PREMESSO
che, con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Ragusa, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza avanzata da NOME COGNOME volta ad ottenere la rideterminazione della pena complessiva inflittagli con tre sentenze di condanna, rese dal suddetto Tribunale, per reati unificati dalla continuazione, beneficio riconosciuto in sede di cognizione;
che il giudice adito, pur avendo dato atto dell’errore in cui era incorso il giudice della cognizione nella individuazione del reato più grave, ha affermato che detto errore avrebbe dovuto essere censurato avvalendosi degli ordinari mezzi d’impugnazione, non essendo più emendabile in sede di esecuzione;
VISTO
il ricorso per cassazione proposto dall’interessato, per il tramite del difensore, con il quale si lamenta inosservanza della legge penale con riferimento alla individuazione del reato più grave fra quelli unificati dalla continuazione;
vista la memoria successivamente trasmessa;
CONSIDERATO
che l’incidente di esecuzione non può essere utilizzato per far valere vizi afferenti al procedimento di cognizione e la sentenza che lo ha concluso, ostandovi le regole che disciplinano la cosa giudicata, la quale si forma anche nei confronti di provvedimenti affetti da nullità assoluta (Sez. 1, n. 3370 del 13/12/2011, dep. 2012, Comisso COGNOME, Rv. 251682 – 01);
che, in applicazione del suenunciato principio, deve reputarsi corretta la decisione impugnata, non essendo, fra l’altro, ipotizzabile una situazione di illegalità della pena che avrebbe giustificato l’intervento del giudice dell’esecuzione;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Presidente