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Incidente di esecuzione: Cassazione su nuove istanze

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46617/2024, ha annullato un’ordinanza di un giudice dell’esecuzione che aveva respinto senza udienza (‘de plano’) una richiesta di applicazione della continuazione tra reati. Tale richiesta era stata presentata nell’ambito di un incidente di esecuzione per la revoca della sospensione condizionale della pena. La Corte ha stabilito che nuove istanze sono ammissibili in corso di procedimento e che, in caso di omessa pronuncia, la successiva richiesta deve essere trattata con un’udienza in camera di consiglio, garantendo il contraddittorio tra le parti.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Incidente di Esecuzione: Nuove Istanze Ammissibili Anche in Corso di Procedimento

In materia di procedura penale, la fase dell’esecuzione della pena è cruciale e governata da regole precise. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 46617/2024) ha ribadito un principio fondamentale: durante un incidente di esecuzione, è sempre possibile presentare nuove istanze, e il giudice ha il dovere di valutarle garantendo il pieno rispetto del contraddittorio tra le parti. Vediamo nel dettaglio il caso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un procedimento dinanzi al Giudice dell’Esecuzione. Il Pubblico Ministero aveva richiesto la revoca della sospensione condizionale della pena, un beneficio concesso in precedenza a un condannato. Durante questo procedimento, il difensore dell’interessato aveva depositato una memoria chiedendo al giudice di applicare la disciplina della continuazione (art. 81 c.p.) tra i reati oggetto delle diverse sentenze di condanna.

Il giudice, tuttavia, emetteva un’ordinanza con cui revocava il beneficio, omettendo completamente di pronunciarsi sulla richiesta di applicazione della continuazione. A seguito di ciò, il difensore presentava un’istanza di correzione dell’errore materiale. Il giudice, anziché fissare una nuova udienza, rigettava la richiesta de plano (cioè senza udienza), sostenendo che l’istanza sulla continuazione fosse stata presentata tardivamente e fosse inammissibile nel contesto del procedimento di revoca. Contro quest’ultima decisione, il difensore proponeva ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’incidente di esecuzione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando con rinvio il provvedimento impugnato. Gli Ermellini hanno censurato duramente l’operato del giudice dell’esecuzione, ravvisando una palese violazione delle norme procedurali e dei principi fondamentali del diritto di difesa.

Secondo la Suprema Corte, la decisione di non luogo a provvedere, motivata con le argomentazioni della precedente ordinanza, era viziata sotto un duplice profilo: era immotivata e, soprattutto, era stata emessa senza fissare la necessaria udienza in camera di consiglio, come prescritto dall’art. 666, comma 3, del codice di procedura penale.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni del giudice di merito. In primo luogo, ha chiarito che il procedimento di esecuzione non ha la natura di un giudizio di impugnazione e non soggiace al rigido principio devolutivo. Questo significa che la parte privata può integrare la propria domanda o formularne di nuove anche in corso di procedimento. L’istanza per l’applicazione della continuazione era, quindi, pienamente ammissibile.

In secondo luogo, e di fondamentale importanza, la valutazione sulla continuazione tra i reati era una questione pregiudiziale rispetto alla decisione sulla revoca della sospensione condizionale. Il giudice avrebbe dovuto prima stabilire se sussisteva un unico disegno criminoso, rideterminare la pena complessiva e solo dopo valutare se i presupposti per la revoca del beneficio fossero ancora presenti. L’omessa pronuncia su questo punto aveva viziato la prima ordinanza.

Infine, la Corte ha sottolineato l’errore più grave. A fronte dell’omessa pronuncia, la successiva istanza del difensore non poteva essere liquidata de plano. Essa integrava una nuova richiesta, su cui non si era formato alcun giudicato. Pertanto, il giudice aveva l’obbligo di avviare un nuovo incidente di esecuzione, fissando un’udienza nel rispetto del contraddittorio e permettendo a tutte le parti di esporre le proprie argomentazioni. La decisione assunta senza udienza ha leso il diritto di difesa e ha reso l’ordinanza annullabile.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza due principi cardine della fase esecutiva. Primo, la flessibilità del procedimento, che consente di introdurre nuove questioni per garantire una decisione giusta e completa. Secondo, l’inviolabilità del contraddittorio: il giudice non può mai assumere decisioni che incidono sui diritti del condannato senza prima averlo ascoltato, insieme alle altre parti processuali, in un’apposita udienza. La pronuncia serve da monito per i giudici dell’esecuzione, richiamandoli al rigoroso rispetto delle garanzie procedurali previste dalla legge, a tutela dei diritti fondamentali della persona.

È possibile presentare una nuova istanza, come quella per la continuazione, durante un incidente di esecuzione già avviato?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che il procedimento di esecuzione non è un giudizio di impugnazione e non soggiace al principio devolutivo, quindi è ammissibile l’integrazione o la proposizione di nuove domande anche in corso di procedimento.

Il giudice dell’esecuzione può ignorare una richiesta di applicazione della continuazione e decidere prima sulla revoca della sospensione condizionale della pena?
No. La richiesta di applicazione della continuazione è una questione pregiudiziale. Il giudice deve esaminarla prima, perché il suo esito (cioè il riconoscimento di un unico disegno criminoso e la rideterminazione della pena) è determinante per valutare se sussistono ancora i presupposti per la revoca del beneficio.

Se il giudice omette di pronunciarsi su un’istanza, è corretto emettere un provvedimento ‘de plano’ (senza udienza) sulla successiva richiesta del difensore?
No. La Corte ha stabilito che la successiva istanza, presentata a seguito dell’omessa pronuncia, deve essere considerata come una nuova domanda su cui non si è formato giudicato. Di conseguenza, il giudice ha l’obbligo di fissare un’udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 666, comma 3, c.p.p., per garantire il principio del contraddittorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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