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Incaricato di pubblico servizio: quando si configura?

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per peculato a carico di un operatore di un centro prenotazioni sanitarie. La Corte ha stabilito che per essere qualificato come incaricato di pubblico servizio, non è sufficiente maneggiare denaro pubblico. È necessario che le mansioni svolte non siano meramente materiali ed esecutive, ma implichino un minimo di autonomia o discrezionalità. Il caso è stato rinviato alla Corte d’appello per una nuova valutazione dei compiti effettivamente svolti dall’imputato.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Incaricato di pubblico servizio: non basta maneggiare denaro

La qualifica di incaricato di pubblico servizio è un elemento cruciale per la configurabilità di molti reati contro la Pubblica Amministrazione, come il peculato. Ma quando un dipendente può essere definito tale? È sufficiente che gestisca denaro pubblico o sono necessari altri requisiti? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla questione, sottolineando l’importanza di valutare la natura delle mansioni effettivamente svolte, distinguendo tra compiti meramente esecutivi e attività che implicano autonomia e discrezionalità.

I Fatti del Caso: L’operatore del CUP e le accuse di peculato

Il caso riguarda un dipendente di un’Azienda Sanitaria, addetto allo sportello del Centro Unico di Prenotazione (CUP) di un presidio ospedaliero. L’uomo era accusato di peculato per essersi appropriato di una somma considerevole, di spettanza dell’ente pubblico, incassata dagli utenti per il pagamento dei ticket sanitari.

Secondo l’accusa, l’operatore, dopo aver ricevuto il denaro, procedeva a una fittizia cancellazione delle prenotazioni sanitarie dal sistema informatico. In questo modo, faceva risultare dei rimborsi in realtà mai avvenuti, occultando l’ammanco di cassa e intascando le somme. Le prestazioni mediche, tuttavia, venivano regolarmente erogate ai pazienti.
Sia in primo grado che in appello, l’imputato era stato condannato per il reato di peculato, previsto dall’art. 314 del codice penale.

La Questione Giuridica: Mansioni Esecutive o Servizio Pubblico?

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua argomentazione principale su un punto fondamentale: la presunta assenza, in capo all’imputato, della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio.

Secondo il ricorrente, le attività svolte allo sportello CUP erano puramente materiali, seriali e prive di qualsiasi forma di discrezionalità. Si trattava di compiti talmente esecutivi da poter essere interamente meccanizzati, come dimostrano i servizi di prenotazione e pagamento online. Pertanto, mancando il profilo intellettuale e autonomo tipico delle mansioni di concetto, non si poteva configurare la qualifica richiesta dalla norma penale.

L’analisi della Cassazione sull’incaricato di pubblico servizio

La Suprema Corte ha ritenuto fondato questo motivo di ricorso, accogliendo l’impostazione difensiva e annullando la sentenza di condanna. I giudici di legittimità hanno richiamato la più recente giurisprudenza, che ha ridimensionato il criterio basato sul mero maneggio di denaro pubblico. Questo elemento, un tempo considerato decisivo, è oggi visto al più come un “sintomo” della natura pubblica dell’attività, ma non è di per sé sufficiente.

La Corte ha chiarito che, per poter qualificare un soggetto come incaricato di pubblico servizio, è necessario che i suoi compiti non si esauriscano in “semplici mansioni di ordine” o nella “prestazione di opera meramente materiale”. Deve emergere un profilo di autonomia, discrezionalità o comunque un contributo intellettuale, tipico delle mansioni di concetto.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha criticato la motivazione della Corte d’appello, la quale aveva basato la qualifica pubblica sul solo fatto che l’imputato attestasse il pagamento del ticket rilasciando una ricevuta. Secondo la Suprema Corte, il semplice rilascio di ricevute, se non assume una valenza certificativa esterna, rappresenta un’attività di rendicontazione interna, potenzialmente solo esecutiva e insufficiente a connotare l’attività in senso intellettuale.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che la sentenza impugnata non aveva adeguatamente verificato se le mansioni concrete dell’operatore del CUP – al di là della prenotazione e dell’incasso – implicassero ulteriori attività caratterizzate da autonomia e discrezionalità. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata con rinvio a una nuova sezione della Corte d’appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi principi.

La Corte ha invece rigettato gli altri motivi di ricorso, confermando che, qualora venisse accertata la qualifica, il reato sarebbe correttamente inquadrato come peculato e non come truffa. Gli artifici contabili (le cancellazioni), infatti, non erano serviti a ottenere il possesso del denaro, ma solo a occultare l’appropriazione già avvenuta.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per i reati contro la Pubblica Amministrazione, la qualifica soggettiva dell’agente non può essere presunta, ma deve essere accertata in concreto. Non è sufficiente lavorare per un ente pubblico o maneggiare fondi pubblici per essere considerati un incaricato di pubblico servizio. È indispensabile un’analisi puntuale delle mansioni effettivamente svolte, per verificare la presenza di quel quid pluris – autonomia, discrezionalità, contributo intellettuale – che distingue un servizio pubblico da un’attività meramente materiale ed esecutiva.

Chi si qualifica come incaricato di pubblico servizio?
Un soggetto che svolge un’attività regolata da norme di diritto pubblico o di natura pubblica, ma che non si limita a compiti meramente materiali o esecutivi. Le sue mansioni devono includere un profilo di autonomia, discrezionalità o un contributo intellettuale.

La sola gestione di denaro per conto di un ente pubblico è sufficiente per essere considerato un incaricato di pubblico servizio?
No. Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, il maneggio di denaro pubblico non è più un criterio sufficiente. È necessario verificare che l’attività non sia puramente meccanica e che implichi profili di autonomia e discrezionalità.

Qual è la differenza tra peculato e truffa in un caso come questo?
Si ha peculato quando il soggetto si appropria di denaro di cui ha già il legittimo possesso per ragioni del suo servizio, usando eventuali artifici solo per nascondere l’illecito. Si configurerebbe la truffa, invece, se gli artifici fossero utilizzati per indurre la vittima a consegnare il denaro, ottenendone così un possesso illegittimo fin dall’inizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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