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Incaricato di pubblico servizio: no peculato per l’addetto

Un dipendente di un’azienda di trasporto pubblico, addetto al rifornimento dei mezzi, era stato condannato per peculato per essersi appropriato di gasolio. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna, riqualificando il reato in appropriazione indebita. La Corte ha chiarito che il lavoratore non poteva essere considerato un incaricato di pubblico servizio, poiché la sua attività di annotazione dei rifornimenti era una mansione meramente interna e materiale, priva di poteri certificativi verso l’esterno.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Peculato o Appropriazione Indebita? Il Caso dell’Addetto al Rifornimento

La distinzione tra peculato e appropriazione indebita dipende da una qualifica precisa: quella di incaricato di pubblico servizio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 38600/2024) chiarisce quando un dipendente di un’azienda pubblica, pur maneggiando beni aziendali, non ricopre tale qualifica, vedendo così il proprio reato derubricato da peculato a semplice appropriazione indebita. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i confini delle mansioni che integrano un servizio pubblico.

I Fatti del Processo

Un dipendente di un’azienda di trasporto pubblico, con mansioni di manutentore addetto alla pompa di rifornimento, è stato accusato e condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di peculato. L’accusa era quella di essersi appropriato di un quantitativo non precisato di gasolio di cui aveva la disponibilità per ragioni di servizio. Oltre a erogare il carburante, il lavoratore aveva il compito di annotare le operazioni di rifornimento su appositi brogliacci interni.

La difesa ha impugnato la sentenza di secondo grado, sostenendo che la qualifica di incaricato di pubblico servizio fosse stata erroneamente attribuita. Secondo il ricorrente, la sua attività era meramente materiale e l’annotazione dei rifornimenti un semplice adempimento interno, privo di valenza certificativa verso l’esterno. Pertanto, il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come appropriazione indebita.

La Decisione della Corte: l’importanza della qualifica di incaricato di pubblico servizio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata. I giudici hanno stabilito che l’attività svolta dal dipendente non integrava i presupposti per la qualifica di incaricato di pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 del codice penale. Di conseguenza, il reato commesso non poteva essere il peculato, bensì l’appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 11 c.p. (abuso di prestazione d’opera). La Corte ha quindi rinviato il caso alla Corte di appello per la rideterminazione della pena.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’analisi della nozione di incaricato di pubblico servizio. La Cassazione ha ribadito che, secondo l’orientamento consolidato, tale qualifica si basa su un criterio funzionale-oggettivo: non conta la natura pubblica dell’ente di appartenenza, ma la natura dell’attività concretamente svolta.

Un’attività è qualificabile come pubblico servizio se è disciplinata da norme di diritto pubblico, ma è priva dei poteri autoritativi e certificativi tipici del pubblico ufficiale. Crucialmente, non devono essere attività che si risolvono “nello svolgimento di mansioni di ordine o in prestazioni d’opera meramente materiale”.

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva erroneamente valorizzato l’attività di registrazione del carburante erogato, considerandola un’attestazione di dati rilevanti per la gestione dell’impresa pubblica. La Cassazione ha corretto questa impostazione, chiarendo che l’attività di documentazione del dipendente era una semplice verifica interna della corretta esecuzione di un ordine di servizio. Si trattava di una “documentazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro” che non riguardava “manifestazioni dichiarative o di volontà riferibili alla Pubblica amministrazione”.

In altre parole, l’annotazione sui brogliacci era un compito materiale e di ordine, privo di qualunque funzione intellettiva o certificativa con rilevanza esterna. Era un’attività interna al rapporto di lavoro, non l’esercizio di una frazione di servizio pubblico.

Le Conclusioni

Questa sentenza è di fondamentale importanza perché traccia una linea netta tra le mansioni puramente esecutive e quelle che, pur non essendo di vertice, partecipano a una funzione pubblica. Per essere incaricato di pubblico servizio, un soggetto deve svolgere compiti che vanno oltre la mera materialità, implicando un’attività intellettiva o comunque non di semplice ordine, pur senza sfociare nell’esercizio di poteri pubblici.

L’appropriazione di beni da parte di un dipendente che svolge compiti meramente materiali, come l’addetto a una pompa di benzina aziendale, non può configurare il grave delitto di peculato, ma va ricondotto alla fattispecie comune dell’appropriazione indebita. La decisione rafforza il principio di tassatività e precisione nell’applicazione delle norme penali, evitando estensioni analogiche che potrebbero colpire in modo sproporzionato condotte di gravità differente.

Un dipendente di un’azienda pubblica che si appropria di beni aziendali commette sempre il reato di peculato?
No. Commette peculato solo se riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Se le sue mansioni sono meramente materiali ed esecutive, il reato commesso è quello di appropriazione indebita.

Qual è la differenza tra un incaricato di pubblico servizio e un semplice dipendente con mansioni materiali?
L’incaricato di pubblico servizio svolge un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico che, pur senza avere poteri autoritativi o certificativi, non si esaurisce in compiti di mero ordine o puramente materiali. La sua attività ha un carattere intellettivo e si inserisce in modo accessorio e complementare a una pubblica funzione.

L’annotazione di dati su registri interni all’azienda è sufficiente per attribuire la qualifica di incaricato di pubblico servizio?
No. Secondo la sentenza, l’attività di documentazione compiuta dal dipendente, relativa all’annotazione del carburante erogato, non riguarda il servizio pubblico ma è una verifica interna all’esecuzione del rapporto di lavoro. Non costituisce una manifestazione di volontà o una certificazione riferibile alla Pubblica Amministrazione e, pertanto, non è sufficiente a fondare tale qualifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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