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Incaricato di pubblico servizio: la Cassazione decide

La Cassazione ha confermato la condanna per peculato al titolare di un’edicola che non ha versato al Comune le somme incassate per la mensa scolastica. È stato ritenuto incaricato di pubblico servizio perché, oltre a raccogliere denaro, svolgeva funzioni di rendicontazione e certificazione, gestendo fondi di pertinenza pubblica fin dal momento della riscossione.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Riscossione per la mensa scolastica: quando un privato è incaricato di pubblico servizio?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26261 del 2024, ha affrontato un caso di peculato che chiarisce i confini della figura dell’incaricato di pubblico servizio. La vicenda riguarda il titolare di un’edicola che, pur agendo come privato, si è trovato a gestire denaro pubblico, omettendo poi di versarlo all’ente di competenza. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla natura dei fondi raccolti per conto della Pubblica Amministrazione e sulle responsabilità penali che ne derivano.

I Fatti del Caso

Il titolare di un’edicola-cartolibreria aveva stipulato una convenzione con un Comune per la riscossione delle somme relative ai buoni pasto elettronici per il servizio di ristorazione scolastica. Tra ottobre 2017 e luglio 2019, l’esercente ha incassato un totale di circa 43.000 euro dagli utenti del servizio, ma ha omesso di versare tale importo alla tesoreria comunale, procurandosi così un ingiusto vantaggio.

Condannato in primo grado e in appello per il reato di peculato (art. 314 c.p.), l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di non poter essere qualificato come incaricato di pubblico servizio. A suo dire, la sua attività si limitava a mere mansioni d’ordine e alla raccolta materiale del denaro, senza l’esercizio di poteri tipici della pubblica amministrazione e senza ricevere alcun compenso per tale servizio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna per peculato. I giudici hanno ritenuto la tesi difensiva manifestamente infondata, ribadendo che la qualifica di incaricato di pubblico servizio non dipende dalla natura dell’attività in sé, ma dal contesto pubblicistico in cui essa si inserisce e dalle funzioni effettivamente svolte.

Le Motivazioni della Sentenza: la qualifica di incaricato di pubblico servizio

Le motivazioni della Corte si fondano su una precisa analisi del ruolo dell’imputato e della natura del servizio di mensa scolastica.

La Natura dell’Incarico Svolto

La Cassazione ha evidenziato che la convenzione con il Comune non si limitava a una semplice raccolta di denaro. L’esercente aveva assunto obblighi specifici che andavano oltre la mera mansione materiale:

1. Obblighi di rendicontazione: Doveva indicare gli utenti che versavano le somme e i relativi importi.
2. Poteri certificatori: Attestava al Comune l’avvenuto pagamento da parte dell’utente.

Queste attività implicano il maneggio di denaro pubblico e l’esercizio di funzioni che, sebbene delegate a un privato, sono funzionali a un servizio pubblico. L’esercente, pertanto, assumeva il ruolo di ‘agente contabile’, con il conseguente dovere di gestire e riversare i fondi secondo le regole stabilite.

La Natura Pubblica del Servizio e dei Fondi

La Corte ha ribadito che il servizio di refezione scolastica è a tutti gli effetti un servizio pubblico, strumentale all’attività scolastica e correlato al diritto all’istruzione. Di conseguenza, le somme versate dagli utenti per usufruire di tale servizio sono da considerarsi denaro pubblico sin dal momento della loro riscossione da parte del soggetto incaricato.

Il reato di peculato si configura non solo per l’appropriazione, ma anche per l’omesso versamento dei fondi entro il termine stabilito. Tale omissione, se protratta per un tempo significativo, manifesta la volontà dell’agente di appropriarsi del denaro. La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali consolidati, tra cui quello relativo ai gestori di apparecchi da gioco leciti, anch’essi considerati incaricati di pubblico servizio per la parte di incasso destinata all’Erario.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante monito per tutti i soggetti privati che, in base a convenzioni o contratti, si trovano a gestire denaro per conto di enti pubblici. La qualifica di incaricato di pubblico servizio non è legata a un’investitura formale, ma discende dalle funzioni concretamente esercitate. L’assunzione di obblighi di rendicontazione e certificazione, unita alla gestione di fondi destinati a un fine pubblico, è sufficiente per integrare tale figura, con tutte le responsabilità penali che ne conseguono in caso di appropriazione indebita. Il denaro raccolto per un servizio pubblico è considerato di pertinenza della Pubblica Amministrazione fin dal primo istante, e la sua mancata consegna costituisce il grave reato di peculato.

Quando un commerciante che riscuote soldi per un Comune diventa incaricato di pubblico servizio?
Un commerciante assume la qualifica di incaricato di pubblico servizio quando, in base a una convenzione con l’ente pubblico, la sua attività non si limita alla mera raccolta materiale di denaro, ma include anche obblighi di rendicontazione (identificare chi paga e quanto) e poteri certificatori (attestare l’avvenuto pagamento al Comune).

Il denaro raccolto da un privato per un servizio pubblico, come la mensa scolastica, è considerato denaro pubblico?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che il denaro incassato da un privato delegato alla riscossione per un servizio pubblico appartiene alla pubblica amministrazione sin dal momento in cui viene ricevuto. La sua natura pubblica deriva dalla destinazione a un servizio di interesse collettivo.

Cosa rischia chi, incaricato di riscuotere somme per un ente pubblico, non le versa?
Chi omette di versare all’ente pubblico le somme riscosse per suo conto commette il reato di peculato, previsto dall’art. 314 del codice penale. Tale condotta, se protratta nel tempo in modo da rendere evidente la volontà di appropriarsene, comporta una condanna penale, oltre all’obbligo di restituire le somme e risarcire i danni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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