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Incaricato di pubblico servizio: la Cassazione decide

Due imprenditori vengono condannati per corruzione verso il direttore di una società pubblica di gestione rifiuti. La Cassazione conferma il reato ma riqualifica il dirigente come incaricato di pubblico servizio, e non pubblico ufficiale, annullando la pena e rinviando per la sua rideterminazione.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Incaricato di pubblico servizio: la Cassazione decide sulla qualifica nella corruzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13616/2025, interviene su un caso di corruzione chiarendo la sottile ma decisiva differenza tra la figura del pubblico ufficiale e quella dell’incaricato di pubblico servizio. Questa pronuncia è fondamentale perché, pur confermando l’esistenza di un patto corruttivo, modifica la qualifica soggettiva di uno dei protagonisti, con importanti conseguenze sulla determinazione della pena.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda due imprenditori, soci di due società operanti nel settore della gestione dei rifiuti, accusati di aver corrotto il direttore tecnico di una discarica gestita da una società a partecipazione pubblica. Secondo l’accusa, i due avrebbero versato somme di denaro al direttore per ottenere un trattamento di favore, consistente nell’accelerazione dei pagamenti dovuti alle loro aziende e nella ricezione di informazioni riservate su strategie operative e concorrenti.

La difesa degli imputati sosteneva che non si trattasse di corruzione, bensì di concussione o, al più, di induzione indebita. A loro dire, il direttore avrebbe prima creato artificiosamente dei problemi e ritardi nei pagamenti per poi presentarsi come l’unica soluzione, costringendo di fatto gli imprenditori a pagare per sbloccare quanto loro dovuto.

La Qualifica del Reato: Corruzione e non Concussione

La Suprema Corte respinge la tesi difensiva e conferma l’impostazione dei giudici di merito: il reato commesso è corruzione. La Corte osserva che, sebbene il rapporto possa essere iniziato in modo asimmetrico, si è evoluto in un vero e proprio accordo paritetico (par condicio contractualis).

Diversi elementi hanno supportato questa conclusione:
1. Benefici indebiti: La collaborazione del direttore non si limitava a sbloccare i pagamenti dovuti, ma si estendeva alla fornitura di informazioni riservate, un vantaggio chiaramente illecito.
2. Prosecuzione dei pagamenti: Le dazioni di denaro sono proseguite anche dopo la fine dei rapporti contrattuali tra le società, un fatto che mal si concilia con una presunta costrizione.
3. Rapporto fiduciario: Tra gli imprenditori e il direttore si era instaurato un rapporto fiduciario basato su uno scambio di utilità reciproche, trasformando una possibile soggezione iniziale in un patto volontario.

In sostanza, gli imprenditori non hanno pagato per evitare un danno ingiusto, ma per assicurarsi un trattamento di favore e vantaggi illeciti, entrando in un accordo alla pari con il funzionario infedele.

La Figura del Dirigente: perché è un Incaricato di Pubblico Servizio?

Il punto più innovativo della sentenza riguarda la qualifica giuridica del direttore tecnico. La Corte d’Appello lo aveva ritenuto un “pubblico ufficiale”, ma la Cassazione corregge questa impostazione. Per essere “pubblico ufficiale” è necessario disporre di poteri autoritativi o certificativi formalmente riconosciuti dalla legge, che consentano di imporre unilateralmente la volontà della pubblica amministrazione.

Nel caso specifico, il direttore, pur avendo un’influenza decisiva e un potere di fatto sulla liquidazione delle fatture, non esercitava un potere giuridicamente riconosciuto. La sua “forza contrattuale” derivava da prassi interne e dalla sua posizione di fatto, non da una prerogativa pubblica che pone il privato in una posizione di soggezione istituzionale. Di conseguenza, la sua figura va correttamente inquadrata come quella di incaricato di pubblico servizio, ovvero colui che svolge un’attività di interesse pubblico senza i poteri tipici del pubblico ufficiale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione motiva la sua decisione distinguendo nettamente tra potere di fatto e potere di diritto. Il direttore tecnico, pur essendo il punto di riferimento per la liquidazione delle fatture, non aveva il potere formale di emettere atti con valenza autoritativa esterna. Le sue “attestazioni” sui documenti avevano una rilevanza puramente interna alla società. Manca, quindi, quella disparità di posizioni “istituzionale”, prevista dall’ordinamento, che caratterizza il rapporto tra cittadino e pubblico ufficiale. La Cassazione riconosce che il dirigente operava nell’ambito di un servizio pubblico (la gestione dei rifiuti), ma lo qualifica come incaricato di pubblico servizio in linea con la giurisprudenza relativa agli organi direttivi di società a capitale pubblico che gestiscono servizi pubblici territoriali.

Le Conclusioni

La sentenza, pur confermando la colpevolezza degli imputati per corruzione, annulla la decisione della Corte d’Appello limitatamente al trattamento sanzionatorio. Il caso viene rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello per la rideterminazione della pena. La qualifica di incaricato di pubblico servizio comporta l’applicazione di una cornice edittale meno severa (art. 320 c.p.) rispetto a quella prevista per la corruzione che coinvolge un pubblico ufficiale. Questa pronuncia ribadisce l’importanza di un’analisi rigorosa dei poteri effettivamente attribuiti a un soggetto per definirne la corretta qualifica giuridica, con effetti diretti e significativi sulla risposta sanzionatoria dello Stato.

Qual è la differenza tra corruzione e concussione secondo questa sentenza?
La concussione si verifica quando il funzionario pubblico costringe o induce il privato a pagare, ponendolo in una posizione di soggezione e senza che il privato ottenga un vantaggio indebito. La corruzione, invece, presuppone un accordo paritetico (par condicio contractualis), un patto libero e consapevole tra le parti per uno scambio di favori illeciti a vantaggio di entrambi.

Perché il direttore della società pubblica è stato considerato un ‘incaricato di pubblico servizio’ e non un ‘pubblico ufficiale’?
Perché, pur avendo un notevole potere di fatto nel processo di liquidazione delle fatture, non era titolare di poteri autoritativi o certificativi formalmente riconosciuti dalla legge. Il suo potere non derivava da una prerogativa pubblica in grado di imporre unilateralmente decisioni ai privati, ma da prassi interne e dalla sua influenza di fatto. Mancava la disparità di posizioni “istituzionale” richiesta per la qualifica di pubblico ufficiale.

Una persona che interviene solo nella fase esecutiva di un patto corruttivo, ad esempio consegnando il denaro, può essere ritenuta colpevole di concorso nel reato?
Sì. La sentenza chiarisce che chi, pur estraneo all’accordo iniziale, partecipa consapevolmente a reperire, creare o mettere a disposizione il prezzo della corruzione (come consegnare le “tangenti”), non compie un’attività meramente esecutiva, ma realizza una frazione della condotta tipica del reato, concorrendo così alla sua consumazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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