LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso terzo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto da un terzo interessato in un procedimento di confisca di prevenzione. L’istante sosteneva di detenere solo un diritto di superficie a tempo, ormai estinto, su un immobile confiscato, e non la piena proprietà. Nonostante le argomentazioni, la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile per ragioni procedurali, confermando così la decisione impugnata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Terzo: Quando l’Impugnazione in Materia di Confisca si Ferma

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i rigorosi requisiti procedurali per l’impugnazione da parte di terzi in materia di confisca di prevenzione. Il caso in esame ha portato a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso di un terzo, evidenziando come la correttezza formale dell’azione legale sia un presupposto imprescindibile per poter discutere la sostanza della pretesa. Analizziamo insieme i dettagli della vicenda per comprendere meglio le dinamiche processuali.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un procedimento di prevenzione che ha portato alla confisca definitiva di diversi beni riconducibili a un soggetto proposto. Una terza persona, estranea al procedimento principale, ha presentato un’istanza al Tribunale competente, in qualità di giudice dell’esecuzione, chiedendo di cancellare la trascrizione del sequestro e della confisca su un fabbricato.

La ricorrente sosteneva di non essere mai stata piena proprietaria dell’immobile, ma di aver detenuto unicamente un diritto di superficie a tempo determinato su un terreno di proprietà comunale. Tale diritto, al momento della confisca, era peraltro già cessato. Di conseguenza, secondo la sua tesi, la trascrizione del provvedimento ablativo era illegittima, poiché aveva colpito un bene appartenente al patrimonio comunale e non più nella sua disponibilità.

Il Tribunale, in prima istanza, ha rigettato la richiesta. Avverso tale decisione, la terza interessata ha proposto gravame presso la Corte di Appello, la quale ha trasmesso gli atti alla Corte di Cassazione per competenza.

La Decisione della Corte sull’Inammissibilità del Ricorso Terzo

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha risolto il caso con una pronuncia di carattere prettamente processuale. Senza entrare nel merito della questione — ossia, senza valutare se la ricorrente avesse effettivamente ragione riguardo la natura del suo diritto e la proprietà comunale del suolo — ha dichiarato l’impugnazione inammissibile.

La decisione si fonda sull’esistenza di “più concorrenti ragioni” che ostacolavano l’esame della domanda. Questo significa che il ricorso presentava vizi procedurali o difetti tali da impedirne la valutazione nel merito. Di conseguenza, il provvedimento impugnato è stato di fatto confermato, e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni

Sebbene la sentenza non espliciti nel dettaglio quali siano le “più concorrenti ragioni” dell’inammissibilità, la decisione sottolinea un principio fondamentale della procedura penale: il rispetto dei requisiti di ammissibilità è un filtro non superabile. Prima di poter analizzare la fondatezza di una pretesa, il giudice deve verificare che l’impugnazione sia stata proposta nei termini, nelle forme e nei casi previsti dalla legge. In questo caso, la Corte Suprema ha ritenuto che il ricorso non superasse tale vaglio preliminare. La trasmissione degli atti dalla Corte d’Appello alla Cassazione, ai sensi dell’art. 666, comma 6, c.p.p., suggerisce che l’impugnazione potrebbe essere stata qualificata come un ricorso per cassazione, per il quale valgono motivi di doglianza specifici e rigorosi, probabilmente non rispettati dall’appellante.

Le Conclusioni

Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di una corretta impostazione processuale, specialmente in un campo complesso come quello delle misure di prevenzione patrimoniali. Per i terzi che ritengono i propri diritti lesi da una confisca, non è sufficiente avere una pretesa sostanzialmente fondata; è cruciale che l’azione legale intrapresa per far valere tali diritti rispetti scrupolosamente le norme procedurali. Una dichiarazione di inammissibilità del ricorso del terzo chiude definitivamente la porta alla possibilità di un esame nel merito, cristallizzando la situazione giuridica preesistente, a prescindere dalla potenziale fondatezza delle ragioni dell’istante.

Cosa sosteneva la ricorrente nel suo appello?
La ricorrente sosteneva di non essere mai stata proprietaria del 100% di un fabbricato confiscato, ma di aver avuto solo un diritto di superficie a tempo determinato su un suolo di proprietà comunale. Poiché tale diritto era ormai cessato, riteneva illegittima la trascrizione della confisca sul bene, che a suo dire apparteneva al Comune.

Perché la Corte di Appello ha trasmesso gli atti alla Corte di Cassazione?
La Corte di Appello ha trasmesso gli atti alla Corte di Cassazione ai sensi dell’articolo 666, comma 6, del codice di procedura penale. Questa norma disciplina il procedimento di esecuzione e prevede che, in determinati casi, il giudice dell’appello trasmetta il ricorso direttamente alla Corte di Cassazione se lo ritiene di sua competenza.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Non è entrata nel merito della questione (cioè se il diritto fosse di superficie o di piena proprietà), ma ha bloccato l’impugnazione per ragioni procedurali, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati