Inammissibilità del Ricorso: la Sanzione Economica è Sempre Dovuta
Quando si decide di impugnare un provvedimento giudiziario, è fondamentale rispettare precise regole procedurali. L’inosservanza di tali norme può portare a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, una decisione che non solo impedisce l’esame nel merito della questione, ma comporta anche conseguenze economiche significative per chi ha proposto l’impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la sanzione pecuniaria è una conseguenza automatica, indipendentemente dal motivo specifico dell’inammissibilità.
I Fatti del Caso: un’Impugnazione Davanti alla Cassazione
Il caso analizzato trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano. La parte ricorrente ha cercato di ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado, portando le proprie doglianze davanti alla Suprema Corte. Tuttavia, l’esito non è stato quello sperato.
La Decisione della Corte e le Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 18 marzo 2025, ha posto fine al percorso giudiziario dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel vivo delle ragioni esposte dalla parte ricorrente, ma si ferma a un livello preliminare, constatando la mancanza dei presupposti necessari affinché il ricorso potesse essere giudicato.
La conseguenza diretta di questa pronuncia è stata duplice: la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in aggiunta, al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale. I giudici hanno chiarito che questa norma impone una sanzione pecuniaria in tutti i casi in cui un ricorso viene dichiarato inammissibile. Il punto cruciale, evidenziato dalla Corte, è che la legge non opera alcuna distinzione tra le varie cause che possono portare a tale esito. Che si tratti di un errore nella presentazione, del superamento dei termini o di motivi non consentiti dalla legge, il risultato non cambia: la sanzione è dovuta.
A sostegno di questa interpretazione, la Corte ha richiamato un precedente consolidato (Cass. Pen., Sez. 5, n. 28691/2016), ribadendo che la condanna al pagamento della somma non è una valutazione discrezionale del giudice basata sulla gravità della causa di inammissibilità, ma un’applicazione diretta e obbligatoria della legge.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Sottolinea che l’impugnazione non è un atto da compiere con leggerezza, ma richiede un’attenta valutazione dei presupposti di ammissibilità. La declaratoria di inammissibilità del ricorso non è un esito neutro, ma comporta una condanna certa al pagamento di una sanzione, che ha lo scopo di disincentivare ricorsi dilatori o palesemente infondati, tutelando così le risorse del sistema giudiziario. Pertanto, prima di intraprendere la via del ricorso, è essenziale un’analisi rigorosa per evitare non solo una sconfitta processuale, ma anche un significativo esborso economico.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione. Inoltre, comporta la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
La sanzione economica viene applicata per ogni tipo di inammissibilità?
Sì. Secondo la Corte, l’articolo 616 del codice di procedura penale non distingue tra le diverse cause di inammissibilità. La sanzione è quindi una conseguenza automatica, a prescindere dal motivo specifico che ha reso il ricorso inammissibile.
A quanto ammontava la sanzione nel caso di specie?
Nel caso esaminato, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento di una somma di tremila euro, ritenuta equa, da versare in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17092 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17092 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 11/10/1980
avverso la sentenza del 13/11/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto personalmente da NOME COGNOME
considerato che ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen. il
ricorso può essere proposto solo da un difensore abilitato;
rilevato che sia il provvedimento impugnato che il ricorso sono successivi al 3
agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, con cui il legislatore ha inteso escludere la facoltà dell’imputato di proporre personalmente
ricorso per cassazione, prevedendosi che esso deve essere – in ogni caso – sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale dell
Corte di Cassazione (artt. 591 comma 1, e 613 comma 1, cod. proc. pen.; Sez. U.
21.12.2017, Aiello).
Ritenuta pertanto la inammissibilità del ricorso, cui segue per legge la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro tremila, in quanto l’art. 616 cod. proc. pen., nello stabilire l’applicazione di detta sanzione, non distingue tra le diverse cause che danno luogo alla pronuncia di inammissibilità (Sez. 5, n. 28691 del 06/06/2016, Arena, Rv. 267373).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18 marzo 2025.