Inammissibilità ricorso: la Cassazione chiarisce le conseguenze
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un caso di inammissibilità ricorso e le relative conseguenze economiche per il proponente. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: un’impugnazione non può essere utilizzata in modo strumentale o quando mancano i presupposti di legge, pena la condanna a sanzioni pecuniarie. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici di legittimità.
I Fatti di Causa
Un soggetto, condannato e in esecuzione di pena, ha proposto ricorso in Cassazione avverso un decreto del Tribunale di Sorveglianza di Torino. L’oggetto della doglianza era la precedente negazione del beneficio della liberazione anticipata per i periodi di carcerazione compresi tra il 2011 e il 2015.
Il ricorrente lamentava che la decisione di diniego fosse a sua volta viziata da un esito di inammissibilità e, pertanto, priva di una reale analisi nel merito della sua richiesta. In sostanza, egli si rivolgeva alla Suprema Corte per contestare una decisione che, a suo dire, non aveva adeguatamente valutato la sua posizione.
La Decisione della Corte sull’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le motivazioni addotte dal ricorrente fossero infondate e non idonee a superare il vaglio di ammissibilità.
La Corte ha rilevato che l’impugnazione si basava su un presupposto errato, ovvero contestare una decisione che era già stata definita come inammissibile e che, per sua natura, non conteneva un’analisi di merito. Di fronte a tale situazione, l’ulteriore ricorso non poteva che avere la stessa sorte.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha tratto le dovute conseguenze. In primo luogo, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, come previsto dalla legge in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.
In secondo luogo, e questo è l’aspetto più significativo, ha imposto anche il pagamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ulteriore condanna si giustifica perché la Corte ha ravvisato nel comportamento del ricorrente profili di colpa. La presentazione di un ricorso manifestamente infondato viene considerata un’azione che impegna inutilmente il sistema giudiziario. In questo contesto, la Corte ha fatto riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000, che legittima l’applicazione di una sanzione economica quando l’inammissibilità dell’impugnazione è imputabile a colpa del ricorrente, per aver agito con negligenza o imprudenza nel proporre un’azione legale senza speranza di successo.
Conclusioni
La decisione in commento ribadisce un importante monito: il diritto di impugnazione deve essere esercitato con responsabilità. La proposizione di ricorsi palesemente inammissibili o infondati non solo non porta al risultato sperato, ma può comportare significative conseguenze economiche. La condanna alle spese e alla sanzione a favore della Cassa delle ammende serve a scoraggiare impugnazioni dilatorie o temerarie, garantendo che le risorse della giustizia siano impiegate per casi che meritano un esame approfondito. Per i cittadini, ciò si traduce nella necessità di affidarsi a una consulenza legale esperta per valutare attentamente le probabilità di successo prima di intraprendere un percorso giudiziario in Cassazione.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il proponente del ricorso viene condannato al pagamento delle spese processuali.
Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
Oltre alle spese processuali, è stata imposta una sanzione pecuniaria perché la Corte ha ritenuto che il ricorso fosse stato presentato con colpa, cioè senza una valida base legale, impegnando inutilmente il sistema giudiziario. Questo si fonda sul principio stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.
Qual era l’oggetto principale della contestazione del ricorrente?
Il ricorrente contestava il fatto che gli fosse stata negata la liberazione anticipata per un determinato periodo di detenzione, sostenendo che la decisione negativa fosse a sua volta un provvedimento di inammissibilità privo di un’analisi nel merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18514 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18514 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VIBO VALENTIA il 24/10/1991
avverso il decreto del 13/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che è inammissibile il ricorso presentato da NOME COGNOME a mezzo dell’avv.
NOME COGNOME il quale deduce i vizi di violazione di legge e di vizio della motiva impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe, in forza della quale il Tribunale di sorveglianza
Torino – ai sensi degli artt. 666 comma 2 e 678 cod. proc. pen. – ha dichiarato inammissibile reclamo avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Nuoro del 09/10/2023, che aveva
disatteso analoga istanza, volta al riconoscimento della liberazione anticipata e che era stata confermata – in sede di reclamo – dal Tribunale di sorveglianza di Sassari con ordinanza de
17/11/2023;
Ritenuto che le ragioni poste a fondamento dell’impugnazione non possono trovare accoglimento,
in quanto trattasi di impugnazione meramente reiterative di altra, del medesimo tenore, gi valutata e decisa, con valutazione confermata;
Rilevato che la difesa ha depositato memoria, a mezzo della quale ha specificato come le ragioni della doglianza si fondino sul presupposto che, al ricorrente, era stata negata la liberazi anticipata per i periodi di carcerazione inerenti alla condanna ora in esecuzione (25.11.2011 31.3.2015), con un esito di inammissibilità che era privo di qualsivoglia analisi nel merito;
Ritenuto, pertanto, che si imponga la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguent condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non potendosi escludere profili di colpa – anche alla sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000) che si ritiene equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2025.