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Inammissibilità ricorso: quando si forma il giudicato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso, chiarendo un principio fondamentale: l’inammissibilità del ricorso stesso impedisce di valutare una causa di improcedibilità (come la mancata querela) sorta dopo la sentenza di appello. La decisione sottolinea che l’inammissibilità del gravame porta alla formazione del cosiddetto ‘giudicato sostanziale’, che cristallizza la condanna e la rende definitiva, precludendo l’esame di questioni procedurali sopravvenute. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: La Cassazione e l’Effetto del Giudicato Sostanziale

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale nel diritto processuale penale, relativa agli effetti della inammissibilità del ricorso di fronte a modifiche normative che introducono nuove condizioni di procedibilità. Con questa pronuncia, i giudici supremi ribadiscono un principio rigoroso: un’impugnazione inammissibile non può ‘aprire la porta’ alla valutazione di cause di improcedibilità sopravvenute, poiché la sua stessa inammissibilità cristallizza la decisione impugnata, facendola passare in giudicato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza di condanna della Corte d’Appello. Nelle more della presentazione del ricorso in Cassazione, è intervenuta una modifica legislativa (il d.lgs. n. 150/2022, nota come Riforma Cartabia) che ha reso il reato per cui era stata emessa condanna procedibile solo a seguito di querela di parte, querela che nel caso specifico non era stata presentata.

Il ricorrente, tra i motivi di impugnazione, ha quindi sollevato la questione dell’improcedibilità dell’azione penale. Tuttavia, il ricorso presentava anche altri vizi che ne minavano l’ammissibilità a prescindere da tale questione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni: L’Inammissibilità del Ricorso e il Giudicato Sostanziale

Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte ha spiegato perché non potesse essere rilevata la causa di improcedibilità sopravvenuta. I giudici hanno chiarito che il ricorso era viziato da due distinti profili di inammissibilità.

1. Il primo motivo, relativo appunto alla mancata querela, è stato ritenuto inammissibile perché un’impugnazione, che sia di per sé invalida, non può essere il veicolo per far valere una questione procedurale sorta successivamente alla sentenza impugnata. La giurisprudenza consolidata, condivisa dal Collegio, stabilisce che non si può sollevare la questione dell’improcedibilità se il ricorso è unico e inammissibile, o se si accompagna ad altri motivi parimenti inammissibili.

2. Il secondo motivo, con cui si contestava la recidiva, è stato giudicato inammissibile per carenza di interesse, dato che tale circostanza aggravante era già stata esclusa dai giudici di merito e non aveva avuto alcun impatto sulla pena.

Data la totale inammissibilità del gravame, la Corte ha richiamato il fondamentale principio enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Salatino’ (n. 40150/2018). Secondo tale principio, la proposizione di un atto di impugnazione non consentito o comunque inammissibile non è idonea a instaurare un valido rapporto processuale. Ciò comporta la formazione del cosiddetto ‘giudicato sostanziale’. Questo significa che la sentenza di condanna diventa definitiva e intangibile, rendendo giuridicamente irrilevanti fatti processuali successivi, come l’introduzione di una nuova causa di non punibilità o di improcedibilità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza riafferma con forza un caposaldo del nostro sistema processuale: la validità formale e sostanziale di un’impugnazione è un presupposto imprescindibile per poter discutere il merito delle questioni sollevate. La decisione evidenzia che la inammissibilità del ricorso agisce come una barriera invalicabile che impedisce al giudice dell’impugnazione di esaminare qualsiasi altra questione, comprese quelle che, in teoria, potrebbero portare a un esito favorevole per l’imputato.

Per gli operatori del diritto, questa pronuncia serve come monito sull’importanza di redigere ricorsi che siano solidi e privi di vizi di ammissibilità. Tentare di ‘salvare’ una posizione processuale confidando in eventi sopravvenuti, come una modifica legislativa, si rivela una strategia fallimentare se l’atto di impugnazione è intrinsecamente debole. La stabilità delle decisioni giudiziarie e la certezza del diritto, garantite dal principio del giudicato, prevalgono sulla possibilità di applicare retroattivamente norme procedurali più favorevoli quando il canale per farle valere è processualmente viziato.

Se un reato diventa procedibile a querela dopo la condanna, si può far valere questa novità in Cassazione?
No, se il ricorso per Cassazione è inammissibile per altri motivi. L’inammissibilità del ricorso impedisce di rilevare la sopravvenuta condizione di procedibilità, in quanto si forma il cosiddetto ‘giudicato sostanziale’ che rende definitiva la sentenza impugnata.

Cosa succede se un motivo del ricorso è palesemente infondato o inammissibile?
Se un ricorso si basa su un motivo unico inammissibile, o si accompagna ad altri motivi anch’essi inammissibili, l’intero ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo preclude l’esame di qualsiasi questione, inclusa l’eventuale improcedibilità sopravvenuta.

Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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