Inammissibilità ricorso: la Cassazione chiarisce la necessità dell’interesse ad agire
L’accesso alla giustizia e il diritto di impugnare una sentenza sfavorevole sono pilastri del nostro ordinamento. Tuttavia, questo diritto non è incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per approfondire uno dei principali filtri processuali: l’inammissibilità ricorso per carenza di interesse. Vediamo come i giudici hanno applicato questo principio a un caso concreto, sottolineando che non basta lamentare un’irregolarità, ma è necessario dimostrare di aver subito un pregiudizio reale.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che confermava la condanna di un’imputata per un reato specifico. Insoddisfatta della decisione, l’imputata decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di doglianza che, a suo dire, avrebbero dovuto portare all’annullamento della condanna.
Inammissibilità ricorso: i motivi presentati
L’imputata, tramite il suo difensore, ha basato la sua impugnazione su due principali argomentazioni:
1. Erronea applicazione della recidiva: La ricorrente sosteneva che la Corte di Appello avesse violato la legge ritenendo sussistente l’aggravante della recidiva, senza che questa le fosse mai stata formalmente contestata nel corso del processo.
2. Errore sulla data del reato: In secondo luogo, veniva lamentato un errore nella data di commissione del reato indicata nel capo di imputazione (maggio 2016) rispetto a quella emergente dalla querela (11 gennaio 2016). Secondo la difesa, questa discrepanza costituiva una violazione delle norme procedurali.
Entrambi i motivi, sebbene formalmente attinenti a presunte violazioni di legge, sono stati giudicati dalla Suprema Corte come manifestamente infondati, portando a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma estremamente chiara, ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: per poter validamente impugnare una decisione, è necessario avere un interesse giuridicamente rilevante. In altre parole, la parte che ricorre deve poter ottenere un vantaggio concreto dall’eventuale accoglimento delle sue richieste.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha smontato le argomentazioni della difesa con logica stringente.
Sul primo punto, relativo alla recidiva, i giudici hanno evidenziato una palese carenza di interesse. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la sentenza di primo grado aveva esplicitamente escluso l’applicazione della recidiva. La Corte di Appello, confermando quella decisione, non aveva modificato questo aspetto. Pertanto, l’imputata si lamentava di un’aggravante che, di fatto, non le era mai stata applicata nella condanna finale. Non avendo subito alcun pregiudizio, le mancava l’interesse a sollevare la questione.
Anche il secondo motivo, riguardante la data del reato, è stato ritenuto infondato. La Corte lo ha qualificato come un mero errore materiale, una semplice svista che non aveva inciso in alcun modo sul diritto di difesa dell’imputata. Inoltre, e questo è il punto cruciale, la ricorrente non aveva neppure dedotto quale specifico interesse o pregiudizio le fosse derivato da tale imprecisione. Senza la prova di un danno concreto ai propri diritti, l’errore formale diventa irrilevante.
Infine, la Corte ha negato la liquidazione delle spese legali alla parte civile, poiché la sua memoria difensiva era stata depositata tardivamente.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale: le aule di giustizia non sono un luogo per dispute accademiche o puramente formali. Per attivare il complesso meccanismo di un ricorso in Cassazione, non è sufficiente individuare un’imperfezione nell’operato dei giudici di merito. È indispensabile dimostrare che da quell’errore sia derivato un danno effettivo e tangibile per i propri diritti. L’inammissibilità ricorso per carenza di interesse serve proprio a questo: a garantire che le risorse della giustizia siano impiegate per risolvere controversie reali e non per correggere vizi procedurali privi di conseguenze pratiche. La condanna della ricorrente al pagamento delle spese e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende funge da monito contro l’abuso dello strumento processuale.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Sulla base di questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando è privo dei requisiti fondamentali, come ad esempio la carenza di interesse. Ciò si verifica quando l’appellante non può ottenere alcun vantaggio concreto dall’accoglimento della sua richiesta, come nel caso in cui si lamenti di un’aggravante che in realtà non gli è stata applicata.
Un errore sulla data del reato nel capo di imputazione può invalidare la condanna?
Non necessariamente. Se la Corte lo qualifica come un mero ‘errore materiale’ e la parte ricorrente non dimostra quale specifico pregiudizio o lesione del diritto di difesa sia derivato da tale errore, la doglianza viene respinta e la condanna non viene invalidata.
Cosa significa essere condannati al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la legge prevede che il ricorrente, oltre a pagare le spese del procedimento, sia condannato a versare una sanzione pecuniaria a un fondo statale, la Cassa delle ammende, destinato a finanziare progetti di riabilitazione e prevenzione del crimine.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31576 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31576 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VILLASOR il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Palermo confermava la condanna della COGNOME per il solo delitto di cui al capo b) dell’imputazione;
Considerato che la ricorrente con il primo motivo lamenta la violazione degli artt. 516 e 521 cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione per essere stata ritenuta la recidiva senza la relativa contestazione;
Rilevato che l’imputata non ha alcun interesse a formulare detta doglianza poiché la sentenza di primo grado ha escluso la recidiva, invece ritenuta da quella del Tribunale;
Considerato che con il secondo motivo la COGNOME deduce violazione dell’art. 521 cod. pen. perché la data del commesso reato era quella dell’Il gennaio 2016 come da querela e non del maggio 2016, alla stregua di quanto indicato nel capo di imputazione;
Osservato che si tratta, come ha correttamente ritenuto la Corte territoriale, di un mero errore materiale e che, peraltro, non si comprende quale interesse abbia la ricorrente, che neppure lo deduce, a far valere lo stesso;
Considerato che non vi è luogo a liquidare le spese della parte civile, poiché la memoria della stessa è stata tardivamente depositata;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Nulla sulle spese della parte civile.
Così deciso il 16/05/2024