Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22758 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22758 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 12/06/1998
avverso la sentenza del 15/11/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 15 novembre 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Tribunale di Noia del 20 gennaio 2022 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 116, comma 15, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge, per essere stato disposto nel corso del giudizio di primo grado – a seguito di rinvio di un’udienza per impedimento a comparire dell’imputato, in quanto sottoposto a detenzione domiciliare – il solo ordine di traduzione, senza rinnovazione dell’avviso ex art. 420-ter cod. proc. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Deve essere osservato, infatti, come esso, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica all’analoga doglianza eccepita con l’atto di appello – nella quale erano state diffusamente esplicate le ragioni per cui l’ordine di traduzione aveva svolto le stesse funzioni informative della notificazione dell’ordinanza di rinvio, senza arrecare lesione alcuna ai diritti dell’imputato (cfr. p. 2 della sentenza impugnata) – reiteri medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo
grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una
presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n
27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del
18/07/2014, COGNOME Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME
Rv. 243838-01).
3. All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00
in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte
Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20 maggio 2025