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Inammissibilità ricorso: quando la motivazione basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso, chiarendo un importante principio sulla motivazione del mancato proscioglimento. La Corte ha stabilito che una motivazione specifica e dettagliata non è necessaria se dagli atti non emergono elementi concreti che suggeriscano una causa di non punibilità. In tali casi, è sufficiente una motivazione implicita che attesti la verifica da parte del giudice. A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: La Motivazione Implicita è Sufficiente?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: l’obbligo di motivazione del giudice riguardo alle cause di proscioglimento. La decisione chiarisce quando una motivazione implicita può essere considerata sufficiente, delineando i confini per una corretta proposizione dei ricorsi e confermando che l’inammissibilità del ricorso in cassazione può derivare anche da vizi di questo tipo. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale. Il ricorrente lamentava, tra i vari motivi, il mancato rilievo da parte del giudice di merito di possibili cause di proscioglimento previste dall’articolo 129 del codice di procedura penale. La questione è quindi giunta all’esame della Suprema Corte di Cassazione per la valutazione della legittimità della decisione impugnata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non solo ha posto fine al percorso giudiziario del ricorrente, ma ha anche comportato la sua condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, determinata in via equitativa.

L’inammissibilità del ricorso in cassazione e il principio di motivazione

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Il fulcro della questione non era tanto nel merito delle cause di proscioglimento, quanto nel modo in cui il giudice deve motivare la loro assenza. La difesa, infatti, sosteneva un vizio di motivazione da parte del giudice precedente.

Le Motivazioni

Il cuore dell’ordinanza risiede nella spiegazione fornita dalla Corte riguardo all’obbligo di motivazione ex art. 129 c.p.p. La Suprema Corte ha chiarito che il dovere del giudice di fornire una specifica motivazione sul mancato proscioglimento sorge solo in determinate circostanze. In particolare, tale obbligo si concretizza unicamente quando dagli atti processuali o dalle deduzioni delle parti emergano elementi concreti e specifici che rendano plausibile l’applicazione di una causa di non punibilità.

In assenza di tali elementi, invece, il giudice non è tenuto a una disamina dettagliata. Si considera sufficiente una motivazione più sintetica, anche implicita, che si risolva nella semplice enunciazione che è stata effettuata la verifica richiesta dalla legge e che non sono state riscontrate le condizioni per una pronuncia di proscioglimento. Questo orientamento, come ricordato dalla Corte, è stato sancito da due importanti sentenze delle Sezioni Unite (S.U. n. 1992/Di Benedetto e S.U. n. 1995/Serafino).

Nel caso di specie, evidentemente, il ricorso non ha fornito alla Corte elementi sufficienti a ritenere che il giudice di merito avesse ignorato palesi cause di proscioglimento. Di conseguenza, il motivo di ricorso è stato ritenuto infondato, contribuendo alla declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame rafforza un principio di economia processuale e di responsabilità per chi impugna un provvedimento. Stabilisce che non è possibile appellarsi a un presunto vizio di motivazione in modo generico e formalistico. Per contestare efficacemente il mancato rilievo di una causa di proscioglimento, è necessario che il ricorso indichi con precisione gli elementi concreti che il giudice avrebbe dovuto considerare. Questa ordinanza serve da monito: l’inammissibilità del ricorso in cassazione è una conseguenza diretta per le impugnazioni che non si fondano su solide e specifiche argomentazioni giuridiche, ma su doglianze astratte. La decisione sottolinea l’importanza di un’attenta preparazione del ricorso, che deve evidenziare non solo il vizio lamentato, ma anche la sua concreta rilevanza nel caso specifico.

Il giudice deve sempre spiegare dettagliatamente perché non ha prosciolto un imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata solo se dagli atti del processo o dalle argomentazioni delle parti emergono elementi concreti che indichino la possibile esistenza di una causa di non punibilità. In caso contrario, è sufficiente una motivazione implicita che confermi l’avvenuta verifica.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato inammissibile?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dalla Corte perché manca dei requisiti previsti dalla legge. Le ragioni possono essere formali (es. presentato fuori termine) o sostanziali (es. i motivi sono manifestamente infondati). L’inammissibilità pone fine al procedimento di impugnazione.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, la parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, stabilita dal giudice secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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