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Inammissibilità ricorso: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato contro la revoca della sospensione condizionale della pena. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di ricorso, ritenuti non idonei a specificare le censure mosse al provvedimento impugnato. Tale vizio procedurale ha comportato non solo la conferma della decisione precedente, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella palese infondatezza dell’impugnazione.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: la Cassazione ribadisce la necessità di motivi specifici

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un importante monito sulla necessità di formulare con chiarezza e specificità i motivi di impugnazione. La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato contro un’ordinanza che revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: un’impugnazione, per essere esaminata nel merito, deve basarsi su censure precise e non su contestazioni vaghe.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania. Tale provvedimento aveva revocato la sospensione condizionale della pena, un beneficio precedentemente concesso allo stesso imputato. La revoca di questo beneficio significa, in pratica, che la pena originariamente sospesa diventa esecutiva. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge, un’erronea applicazione delle norme e un’omessa motivazione da parte del Tribunale.

L’Analisi della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha immediatamente riscontrato un vizio insanabile. L’unico motivo di ricorso presentato dall’imputato è stato giudicato “del tutto generico”. Gli argomenti addotti erano talmente vaghi e poco chiari da non permettere ai giudici di comprendere quali fossero le specifiche censure di legittimità mosse contro l’ordinanza impugnata. In sostanza, il ricorrente non ha spiegato in modo puntuale perché, a suo avviso, il Tribunale avrebbe sbagliato.

Questo difetto di specificità è fatale in sede di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge. Se i motivi non indicano chiaramente dove e come la legge sarebbe stata violata, la Corte non può procedere a alcuna valutazione.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte si basa su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Come richiamato nel provvedimento, un ricorso è inammissibile quando si affida ad “asserti del tutto generici… che non consentono di comprendere le censure di legittimità”. Non basta denunciare una generica violazione di legge; è indispensabile indicare con precisione il punto della decisione impugnata che si contesta e le ragioni giuridiche a sostegno della propria tesi. La mancanza di questa specificità rende il ricorso un atto processuale inidoneo a raggiungere il suo scopo.

La Corte ha quindi applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che disciplina le conseguenze dell’inammissibilità. Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, i giudici hanno ravvisato profili di colpa nel comportamento del ricorrente. L’impugnazione è stata ritenuta talmente priva di fondamento da configurare una colpa grave, giustificando così l’ulteriore condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

La decisione in esame ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda impugnare un provvedimento giudiziario: la precisione e la chiarezza dei motivi sono requisiti imprescindibili. La presentazione di un ricorso basato su contestazioni generiche non solo è destinata al fallimento, ma espone il ricorrente a conseguenze economiche significative. La condanna a pagare una somma alla Cassa delle ammende, quantificata in tremila euro, non è una sanzione automatica, ma deriva dalla valutazione di una “evidente inammissibilità”, che la giurisprudenza interpreta come una forma di colpa nell’abuso dello strumento processuale. Questa ordinanza serve quindi da lezione pratica: l’accesso alla giustizia richiede responsabilità e il rispetto delle regole procedurali, la cui violazione comporta sanzioni severe.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano formulati in modo del tutto generico e poco chiaro, non consentendo alla Corte di Cassazione di comprendere quali fossero le specifiche critiche legali mosse contro il provvedimento impugnato.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è ritenuta palese e quindi colposa, il giudice può infliggere una sanzione pecuniaria aggiuntiva da versare alla Cassa delle ammende.

A quanto ammonta la sanzione pecuniaria in questo caso e perché è stata applicata?
La sanzione ammonta a tremila euro. È stata applicata perché la Corte ha ravvisato profili di colpa nel ricorrente, data l’evidente inammissibilità del ricorso, che si traduce in un uso improprio dello strumento processuale dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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