Inammissibilità del Ricorso: Quando l’Appello è Solo una Copia
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di un principio fondamentale del nostro sistema processuale: l’inammissibilità del ricorso quando questo si limita a riproporre argomenti già esaminati. Affrontare il giudizio di legittimità richiede la formulazione di censure specifiche sulla violazione di legge, non un semplice tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti. Vediamo come la Suprema Corte ha applicato questo principio in un caso concreto, condannando il ricorrente al pagamento di spese e di una sanzione.
I Fatti del Processo: Dalla Corte d’Appello alla Cassazione
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino in data 5 giugno 2024. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di merito, in particolare per quanto riguarda la valutazione sulla sussistenza degli elementi per la cosiddetta “continuazione esterna” tra reati, un istituto giuridico che permette di unificare le pene per più reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. La difesa ha quindi portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, sperando di ottenere un annullamento della sentenza impugnata.
La Decisione e l’Inammissibilità del Ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 2 dicembre 2024, ha troncato sul nascere le aspettative del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che le censure proposte non erano ammissibili in sede di legittimità, chiudendo di fatto ogni ulteriore discussione sul caso.
Le Motivazioni
La Corte ha basato la propria decisione su una constatazione precisa: il ricorso era “meramente riproduttivo di profili di doglianza”. In altre parole, l’appellante non ha introdotto nuove e specifiche critiche sulla violazione della legge da parte della Corte d’Appello, ma si è limitato a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. I giudici di Cassazione hanno sottolineato come la sentenza impugnata avesse già adeguatamente vagliato e disatteso quegli stessi aspetti, utilizzando argomenti “giuridicamente corretti, puntuali […] e coerenti”. Poiché il ricorso per Cassazione non serve a riesaminare i fatti, ma solo a controllare la corretta applicazione del diritto (giudizio di legittimità), un ricorso che si limita a ripetere le stesse lamentele sui fatti è, per sua natura, inammissibile.
Le Conclusioni
Le conseguenze pratiche di questa pronuncia sono significative. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente a due pagamenti: quello delle spese processuali sostenute e quello di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un monito importante: il ricorso in Cassazione è uno strumento prezioso ma tecnico, che deve essere utilizzato per sollevare questioni di diritto e non come un ultimo, sterile tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto dai giudici di merito.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, non è consentito dalla legge perché si limita a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare questioni sulla corretta applicazione del diritto.
Cosa significa che un ricorso è ‘meramente riproduttivo’?
Significa che il ricorso non presenta nuovi motivi di critica giuridica, ma si limita a ripetere le lamentele (doglianze) già avanzate e valutate dai giudici del merito, tentando di ottenere un riesame dei fatti, cosa non permessa in sede di legittimità.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che in questo caso specifico è stata fissata in 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11276 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11276 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CISTERNINO il 15/03/1979
avverso la sentenza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; 7-
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in e esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché la censura proposta non è consentita dalla legge in sede di legittimità in quanto meramente riproduttivi di profili di doglianza, relativ ritenuta insussistenza degli estremi legittimanti la rivendicata continuazione esterna con i f di cui alle sentenze indicate nel ricorso, aspetti già adeguatamente vagliati e disattesi dai gi del merito con argomenti giuridicamente corretti, puntuali rispetto al portato delle doglian difensive e coerenti con riguardo alle emergenze acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 2 dicembre 2024.