Inammissibilità Ricorso: Il Divieto di Motivi Ripetitivi in Cassazione
L’accesso alla Corte di Cassazione, massimo organo della giurisdizione, è soggetto a regole procedurali molto stringenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta uno dei principi cardine: non è possibile ottenere un nuovo giudizio semplicemente riproponendo le stesse argomentazioni già respinte in appello. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e le conseguenze di un’impugnazione non fondata su vizi specifici della sentenza, come nel caso che ha portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
I Fatti del Caso
Due soggetti avevano proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino che li vedeva coinvolti. Il loro obiettivo era ottenere un riesame della loro posizione, contestando il giudizio di responsabilità formulato a loro carico e l’interpretazione data dai giudici di merito al contenuto di alcune conversazioni intercettate, elemento probatorio chiave nel processo.
La Decisione della Corte: l’Inammissibilità del Ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato i ricorsi e li ha dichiarati inammissibili. La Corte non è entrata nel merito delle questioni sollevate, ma si è fermata a una valutazione preliminare, concludendo che l’impugnazione non possedeva i requisiti minimi per essere esaminata. Questa decisione si fonda su un’attenta analisi della struttura dei motivi di ricorso presentati.
Le Motivazioni della Scelta Giudiziaria: Il Principio di Non Ripetitività
Il cuore della decisione risiede nella motivazione addotta dalla Corte. I giudici hanno ritenuto che i ricorsi fossero inammissibili perché deducevano ‘un motivo meramente riproduttivo di profili di censura’ già adeguatamente valutati e respinti dalla Corte territoriale. In parole semplici, i ricorrenti non hanno sollevato vizi di legittimità della sentenza impugnata (cioè violazioni di legge o difetti logici manifesti nella motivazione), ma si sono limitati a riproporre le stesse identiche argomentazioni di merito già discusse e giudicate in appello.
La Cassazione ha sottolineato che il giudizio di merito, sia di primo che di secondo grado, aveva già analizzato in modo approfondito e con argomentazioni ‘immuni da vizi logici o giuridici’ sia la valutazione della responsabilità sia l’interpretazione delle prove, come le intercettazioni. Di conseguenza, il tentativo di ottenere dalla Suprema Corte una terza valutazione sugli stessi punti è stato considerato un uso improprio dello strumento del ricorso per Cassazione, che non è un ‘terzo grado di giudizio’ sul fatto, ma un controllo sulla corretta applicazione del diritto.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche dell’Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è priva di conseguenze. La Corte, infatti, non si è limitata a respingere le istanze, ma ha condannato i ricorrenti a due pagamenti:
1. Le spese processuali: i ricorrenti devono sostenere i costi del procedimento da loro attivato.
2. Una somma di euro tremila: da versare in favore della Cassa delle ammende.
Quest’ultima sanzione pecuniaria è particolarmente significativa. Citando la sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000, la Cassazione ha ribadito che tale condanna è dovuta quando la parte ha proposto il ricorso ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’. Ciò significa che, secondo i giudici, i ricorrenti (o i loro difensori) avrebbero dovuto essere consapevoli che un ricorso basato sulla semplice riproposizione di argomenti di merito non aveva possibilità di essere accolto, configurando così un’azione giudiziaria colposamente futile. Questa ordinanza serve quindi da monito sull’importanza di redigere ricorsi per Cassazione che si concentrino esclusivamente sui vizi di legittimità, evitando di trasformare il giudizio supremo in un’ulteriore istanza di merito.
Per quale motivo principale la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché si limitavano a riproporre gli stessi motivi e le stesse censure già adeguatamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, senza individuare specifici vizi di legittimità (logici o giuridici) nella sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze economiche per i ricorrenti a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
È sufficiente riproporre le stesse argomentazioni di merito per ottenere una revisione dalla Corte di Cassazione?
No, sulla base di questa ordinanza, non è sufficiente. Il ricorso per Cassazione non può essere un semplice riesame dei fatti; deve invece basarsi sull’individuazione di specifici errori di diritto o vizi logici commessi dal giudice del grado precedente. La mera riproposizione di argomenti già valutati conduce all’inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1414 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1414 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: RAGIONE_SOCIALE nato il 20/11/1983 NOME nato il 04/03/1974
avverso la sentenza del 12/02/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché deduce un motivo Meramente riproduttivo di profili di censura in merito al giudizio di responsabilità ed alla interpretazione del contenuto conversazioni intercettate già adeguatamente vagliati e disattesi con argomenti immuni da vizi logici o giuridici dalla Corte territoriale (si vedano le pagine da 5 a 8 della sentenza impugn nonché le pagine 4 e 5 della sentenza di primo grado);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 novembre 2024.