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Inammissibilità ricorso: quando è mera riproposizione

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso in materia di esecuzione penale, chiarendo che un’istanza è inammissibile se si limita a riproporre questioni già decise, senza introdurre nuovi elementi di fatto o di diritto. Il caso specifico riguardava la revoca di un indulto, e la Corte ha stabilito che non è possibile utilizzare l’incidente di esecuzione per ottenere una nuova valutazione di merito di una decisione precedente non impugnata ritualmente.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso: la Cassazione chiarisce i limiti dell’incidente di esecuzione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: l’inammissibilità ricorso quando questo costituisce una mera riproposizione di istanze già rigettate. Con la decisione in esame, i giudici supremi ribadiscono un principio fondamentale, ovvero che l’incidente di esecuzione non può essere utilizzato come uno strumento per ottenere una nuova valutazione di decisioni già prese e non impugnate nei modi e nei termini di legge.

I fatti di causa

Il caso nasce dal ricorso di un soggetto avverso un’ordinanza del Tribunale di Parma, emessa in qualità di giudice dell’esecuzione. Il Tribunale aveva dichiarato inammissibile (de plano, cioè senza udienza) la richiesta del ricorrente di revocare un precedente provvedimento della Corte di Appello di Napoli. Tale provvedimento aveva, a sua volta, revocato un beneficio di indulto concesso al soggetto.

Il ricorrente lamentava che la Corte di Appello avesse commesso un errore di valutazione, non considerando che la condotta di reato (di tipo permanente) che aveva causato la revoca del beneficio si era in realtà conclusa prima del termine quinquennale rilevante per la revoca stessa. In sostanza, si chiedeva al giudice dell’esecuzione di Parma di ‘correggere’ la decisione presa da un altro giudice (la Corte di Appello di Napoli).

La decisione della Cassazione sulla inammissibilità ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come l’istanza presentata in sede di esecuzione non introducesse alcun elemento di novità, né fattuale né giuridico, rispetto a quanto già valutato dalla Corte di Appello di Napoli.

Il ricorrente, infatti, non proponeva fatti nuovi, ma chiedeva una semplice ‘rilettura’ degli atti del precedente giudizio al fine di pervenire a una conclusione diversa. Questo, secondo la Cassazione, equivale a un tentativo di impugnazione tardiva e irrituale del provvedimento originario, trasformando l’incidente di esecuzione in un improprio grado di giudizio.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio della preclusione processuale, cristallizzato nell’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma consente al giudice di dichiarare inammissibile un’istanza che costituisca una mera riproposizione di una richiesta già rigettata. Tale preclusione, precisa la Corte citando un proprio precedente, non opera solo se vengono dedotti fatti o questioni che non hanno formato oggetto della precedente decisione.

Nel caso specifico, l’istanza era palesemente difensiva e mirava a correggere le motivazioni e le statuizioni di un’ordinanza (quella della Corte di Appello di Napoli) che non era stata impugnata ritualmente a suo tempo. L’inammissibilità ricorso diventa, quindi, la logica conseguenza del divieto di abusare degli strumenti processuali per aggirare i termini e le forme previste per le impugnazioni.

Le conclusioni

La decisione riafferma con forza un principio cardine del nostro ordinamento: ogni provvedimento giurisdizionale ha i suoi specifici mezzi di impugnazione. L’incidente di esecuzione è uno strumento destinato a risolvere problematiche sorte nella fase esecutiva della pena, non a rimettere in discussione il merito di decisioni divenute definitive. Chi intende contestare una decisione deve farlo attraverso i canali previsti (appello, ricorso per cassazione), rispettando i termini perentori. In caso contrario, ogni tentativo successivo di ottenere una nuova valutazione sulle stesse questioni si scontrerà inevitabilmente con una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese processuali e al pagamento di una sanzione pecuniaria.

Quando un’istanza in sede di esecuzione viene considerata una mera riproposizione?
Un’istanza è considerata una mera riproposizione, e quindi inammissibile, quando si limita a presentare le stesse questioni e argomentazioni già esaminate e respinte in una precedente decisione, senza introdurre alcun nuovo fatto o profilo giuridico rilevante.

È possibile chiedere al giudice dell’esecuzione di correggere un presunto errore di valutazione commesso da un altro giudice in una precedente ordinanza?
No. L’incidente di esecuzione non può essere utilizzato per ottenere una revisione o una correzione nel merito di una decisione emessa da un altro giudice, soprattutto se tale decisione non è stata impugnata nei modi e nei termini previsti dalla legge. Si tratterebbe di un’impugnazione tardiva e anomala.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, salvo casi di esonero, al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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