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Inammissibilità ricorso per rinuncia: le conseguenze

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso a seguito della rinuncia presentata dal difensore. L’imputato, che aveva impugnato un’ordinanza di arresti domiciliari, ha successivamente rinunciato al gravame. La Corte, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato l’inammissibilità ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, applicando i principi consolidati in materia.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: Le Conseguenze della Rinuncia in Cassazione

L’inammissibilità ricorso è un esito processuale che impedisce al giudice di esaminare nel merito le ragioni di un’impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20126/2024, offre un chiaro esempio di come la rinuncia all’impugnazione conduca a questa conclusione, con precise conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio la dinamica processuale.

I Fatti: Dal Riesame al Ricorso per Cassazione

La vicenda processuale ha origine con un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, che applicava la misura della custodia cautelare in carcere a un individuo. Successivamente, in accoglimento di un’istanza di riesame, il Tribunale sostituiva la misura carceraria con quella degli arresti domiciliari.

Nonostante questo primo risultato favorevole, l’interessato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per Cassazione contro l’ordinanza degli arresti domiciliari, lamentando vizi procedurali.

I Motivi del Ricorso Iniziale

Il ricorso si fondava su due principali motivi:

1. Inutilizzabilità delle intercettazioni: Si sosteneva la violazione delle norme del codice di procedura penale (art. 268) relative all’autorizzazione all’ascolto delle captazioni telefoniche, ritenute quindi inutilizzabili come prova.
2. Mancanza di autonoma valutazione: Si contestava la violazione dell’art. 309 del codice di procedura penale, poiché il Tribunale del riesame non avrebbe motivato in modo autonomo e adeguato le esigenze cautelari e la scelta della misura coercitiva.

Il Colpo di Scena: La Rinuncia e l’Inammissibilità del Ricorso

In una fase successiva, il difensore, munito di procura speciale, depositava una dichiarazione di rinuncia al ricorso, motivata da una “sopravvenuta carenza di interesse”. Questo atto processuale ha cambiato radicalmente il corso del procedimento davanti alla Suprema Corte, portando inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità ricorso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, preso atto della dichiarazione di rinuncia, non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile. La rinuncia è un atto che estingue l’interesse della parte a ottenere una decisione nel merito.

La Corte ha poi affrontato le conseguenze di tale declaratoria. Richiamando l’articolo 616 del codice di procedura penale e una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), i giudici hanno stabilito che all’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Inoltre, poiché non sono emersi elementi per ritenere che il ricorrente avesse proposto il ricorso senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità (in questo caso, la rinuncia stessa è una scelta volontaria), è stata applicata anche una sanzione pecuniaria. La Corte ha equitativamente fissato tale somma in 500,00 euro, da versare alla cassa delle ammende.

I giudici hanno concluso che la questione, non essendo particolarmente complessa e basandosi su principi giurisprudenziali consolidati, consentiva una motivazione in forma semplificata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la rinuncia al ricorso è un atto serio con conseguenze precise. Sebbene possa essere una scelta strategica dettata da varie ragioni, essa conduce direttamente all’inammissibilità ricorso.

L’implicazione pratica più rilevante è che la rinuncia non esonera il ricorrente dalle conseguenze economiche. Anzi, la legge prevede che chi determina una causa di inammissibilità debba farsi carico delle spese del procedimento che ha attivato e, in assenza di giustificazioni, anche di una sanzione pecuniaria. Questa decisione serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la presentazione e la prosecuzione di un’impugnazione, essendo la rinuncia stessa un atto che preclude qualsiasi valutazione di merito e attiva precise responsabilità economiche.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
La rinuncia porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo significa che la Corte non esamina le questioni sollevate e il procedimento si conclude con una decisione che non entra nel merito.

La rinuncia al ricorso comporta sempre il pagamento di spese e sanzioni?
Sì, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, viene condannata anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, a meno che non si dimostri che la causa di inammissibilità non sia dovuta a colpa del ricorrente.

Perché il ricorrente è stato condannato a una sanzione di 500 euro?
La Corte ha ritenuto che la causa di inammissibilità (la rinuncia) fosse attribuibile a una scelta volontaria del ricorrente e non a fattori esterni non colposi. Di conseguenza, ha applicato la sanzione pecuniaria prevista dalla legge, fissandone l’importo in via equitativa a 500 euro, oltre alle spese processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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