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Inammissibilità ricorso penale: il ruolo del difensore

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso penale perché presentato personalmente dal condannato. La decisione ribadisce che, dopo la riforma del 2017, è obbligatoria la sottoscrizione da parte di un difensore abilitato, pena l’inammissibilità del ricorso penale, con condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione Fai-da-Te? La Cassazione Conferma l’Inammissibilità

Nel complesso panorama della procedura penale, le norme che regolano le impugnazioni rappresentano un punto cruciale. Un errore formale può costare caro, precludendo la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti a un giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione mette in luce una regola fondamentale, spesso sottovalutata: il ricorso in Cassazione non può essere presentato personalmente dall’imputato o dal condannato, ma deve essere sottoscritto da un avvocato abilitato. La violazione di questa norma porta a una conseguenza drastica: l’inammissibilità del ricorso penale. Questo caso ci offre l’opportunità di approfondire le ragioni e le conseguenze di tale principio.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato, decideva di impugnare un’ordinanza emessa dal Giudice di Sorveglianza. Invece di affidarsi a un legale, presentava personalmente il ricorso presso la cancelleria della Corte di Cassazione in data 27 novembre 2024. L’ordinanza impugnata, a sua volta, era stata emessa e notificata dopo l’agosto 2017, una data spartiacque per la normativa in materia.

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso Penale

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate dal ricorrente, ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza udienza. La decisione è stata netta: l’atto introduttivo, essendo stato proposto personalmente dal condannato, era privo di un requisito formale essenziale richiesto dalla legge.

Di conseguenza, la Corte non solo ha respinto l’impugnazione, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte è di natura puramente procedurale e si fonda sull’applicazione della Legge n. 103 del 23 giugno 2017. Questa legge ha introdotto modifiche significative al codice di procedura penale, in particolare agli articoli 571 e 613. La riforma ha escluso categoricamente la facoltà per l’imputato (e quindi anche per il condannato) di proporre personalmente ricorso per cassazione.

Il Collegio ha osservato che sia la notifica del provvedimento impugnato sia la presentazione del ricorso erano avvenute in un’epoca successiva al 4 agosto 2017, data di entrata in vigore della suddetta legge. Pertanto, la nuova disciplina era pienamente applicabile al caso di specie. La normativa vigente, hanno sottolineato i giudici, prevede che l’atto di ricorso per cassazione debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità del ricorso penale, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Questa scelta legislativa mira a garantire un’elevata tecnicità e professionalità nella redazione degli atti destinati al giudizio di legittimità, filtrando i ricorsi e assicurando che solo le questioni giuridicamente fondate arrivino all’attenzione della Suprema Corte. La presentazione personale dell’atto da parte del condannato costituisce una violazione insanabile di questa regola, che impone una declaratoria di inammissibilità immediata, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame è un monito chiaro sull’importanza del rispetto delle regole procedurali. Dimostra che il diritto di difesa, sebbene sacro, deve essere esercitato attraverso i canali e le forme previste dalla legge. La riforma del 2017 ha rafforzato il ruolo del difensore cassazionista come unico intermediario qualificato per adire la Corte di Cassazione in materia penale. Per i cittadini, la lezione è evidente: per contestare una decisione davanti alla Suprema Corte, è indispensabile e non eludibile rivolgersi a un avvocato specializzato, al fine di evitare non solo la delusione di vedersi negato l’accesso alla giustizia, ma anche la condanna a sanzioni economiche significative.

Dopo la riforma del 2017, un imputato o un condannato può presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No, la Legge n. 103/2017 ha escluso questa facoltà. Il ricorso deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione, altrimenti è inammissibile.

Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile per questo motivo?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (nel caso specifico, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

Perché la legge richiede l’assistenza di un avvocato cassazionista?
La legge richiede l’intervento di un difensore specializzato per garantire l’elevata qualità tecnica degli atti presentati alla Corte di Cassazione, che è un giudice di legittimità e non di merito, e per filtrare i ricorsi che non presentano fondate questioni di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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