Inammissibilità ricorso patteggiamento: i limiti all’impugnazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale della procedura penale riguardo l’inammissibilità del ricorso patteggiamento. La decisione chiarisce in modo inequivocabile i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti, sottolineando la natura definitiva di tale rito alternativo. Questo provvedimento offre spunti essenziali per comprendere le logiche deflattive del processo penale e le conseguenze della scelta di accedere al patteggiamento.
I Fatti del Caso Giudiziario
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza del Tribunale, emessa a seguito di applicazione della pena su accordo delle parti (comunemente noto come patteggiamento). L’imputato, tramite il proprio difensore, aveva deciso di impugnare la decisione dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, lamentando presunti vizi nella motivazione della sentenza del giudice di merito. La questione centrale, quindi, non riguardava la colpevolezza o l’entità della pena concordata, bensì la correttezza del ragionamento giuridico esposto dal Tribunale a sostegno della propria decisione.
La Decisione e l’inammissibilità del ricorso patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una precisa norma del codice di procedura penale: l’articolo 448, comma 2-bis. Gli Ermellini hanno evidenziato come tale disposizione limiti tassativamente i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. In particolare, la legge esclude esplicitamente la possibilità di sollevare questioni relative a vizi della motivazione. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto senza un esame del merito, e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione dell’ordinanza è sintetica ma estremamente chiara. La Corte ha spiegato che la scelta del patteggiamento comporta una rinuncia implicita a contestare alcuni aspetti della decisione giudiziale. Il legislatore, introducendo il comma 2-bis dell’art. 448 c.p.p., ha voluto rafforzare l’efficienza e la stabilità delle sentenze emesse con questo rito. Permettere un’impugnazione per vizi di motivazione vanificherebbe lo scopo del patteggiamento, che è quello di definire rapidamente il procedimento attraverso un accordo. Le parti, accordandosi sulla pena, accettano implicitamente il quadro accusatorio e la qualificazione giuridica del fatto, limitando il successivo controllo di legittimità a questioni specifiche e non alla valutazione discrezionale del giudice, già superata dall’accordo stesso. La decisione, quindi, non è un’interpretazione restrittiva, ma una diretta applicazione di una norma che non lascia spazio a dubbi interpretativi.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce un concetto cruciale per chiunque si approcci a un procedimento penale: la scelta del patteggiamento ha conseguenze definitive sul diritto di impugnazione. Se da un lato offre il vantaggio di una pena ridotta e di una rapida conclusione del processo, dall’altro preclude la possibilità di contestare in Cassazione la motivazione della sentenza. Gli imputati e i loro difensori devono quindi valutare con estrema attenzione tutti gli aspetti del caso prima di optare per l’accordo sulla pena, essendo consapevoli che, una volta ratificato dal giudice, le vie per rimetterlo in discussione sono estremamente limitate. La decisione della Cassazione serve come monito: il patteggiamento è un patto con la giustizia che, una volta siglato, è difficile da sciogliere.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per vizi della motivazione?
No, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale esclude espressamente la possibilità di dedurre vizi della motivazione nel ricorso contro una sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Qual è la logica dietro la limitazione all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento?
La limitazione mira a preservare l’efficienza e la natura definitiva del rito del patteggiamento. Poiché si basa su un accordo tra accusa e difesa, si presume che le parti abbiano già accettato il quadro processuale, rendendo superflua una successiva contestazione della motivazione del giudice che si limita a ratificare tale accordo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10796 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10796 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/02/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle sarti•
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata;
rilevato che il ricorso è inammissibile, in quanto l’art. 448,, comma 2-bis, cod. proc. pen. non consente di dedurre vizi della motivazione nel caso di procedimento definito con l’applicazione della pena su accordo delle parti;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 febbraio 2024 Il Consigliere estensore
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