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Inammissibilità ricorso patteggiamento: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso presentato contro una sentenza di patteggiamento emessa dopo l’entrata in vigore della legge n. 103/2017. La Corte ha ribadito che, salvo motivi specifici e determinati, non è possibile impugnare un provvedimento basato su un accordo tra imputato e pubblico ministero, poiché tale accordo copre la ricostruzione dei fatti e la qualificazione giuridica. La decisione di inammissibilità del ricorso patteggiamento ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso contro il Patteggiamento: I Limiti all’Impugnazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui limiti dell’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, confermando un orientamento ormai consolidato. La decisione evidenzia le conseguenze della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, che ha ristretto notevolmente le possibilità di contestare un accordo sulla pena. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere la natura del patteggiamento e i motivi che possono portare alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso patteggiamento.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver concordato una pena con il pubblico ministero e aver ottenuto la relativa sentenza di applicazione da parte del Tribunale di Nola, decideva di presentare ricorso per Cassazione. Il ricorso mirava a rimettere in discussione elementi di fatto e la valutazione giuridica della sua condotta, aspetti che erano stati oggetto dell’accordo processuale raggiunto in primo grado. Sia la sentenza impugnata che il successivo ricorso erano successivi all’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, un dettaglio temporale che si rivelerà decisivo per l’esito del giudizio di legittimità.

La Decisione della Corte sull’inammissibilità ricorso patteggiamento

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con procedura de plano, ovvero senza la celebrazione di un’udienza formale. La Corte ha stabilito che il ricorso non rientrava in nessuna delle specifiche e tassative ipotesi di impugnazione previste dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, ritenendo la sua colpa evidente nella proposizione di un gravame manifestamente infondato.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione risiede nella natura stessa del patteggiamento. La Corte ha chiarito che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un accordo negoziale di diritto pubblico tra imputato e accusa. Con questo accordo, le parti definiscono la qualificazione giuridica del fatto, la presenza di circostanze aggravanti o attenuanti e l’entità finale della pena. Il ruolo del giudice è quello di verificare la correttezza di questi aspetti giuridici e la congruità della pena concordata.

Una volta che l’accordo è concluso e ratificato dal giudice, l’imputato non può più rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della vicenda. Questi aspetti sono coperti dall’accordo stesso. La ricostruzione dei fatti nel patteggiamento, sottolinea la Corte, non è il frutto di un accertamento del giudice, ma si basa sulla “non contestazione” delle risultanze delle indagini da parte dell’imputato. Di conseguenza, la motivazione della sentenza di patteggiamento non ha l’obiettivo di dimostrare la colpevolezza expressis verbis al di là di ogni ragionevole dubbio, ma di ratificare un accordo legittimo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale penale post-riforma: il patteggiamento è una scelta che comporta una rinuncia a contestare nel merito l’accusa. Chi sceglie questa via accetta le risultanze investigative come base per l’accordo sulla pena e non può, in un secondo momento, tentare di riaprire la discussione sui fatti attraverso un’impugnazione generica. La legge ha volutamente limitato i motivi di ricorso per garantire la stabilità di questi accordi e l’efficienza del sistema giudiziario. L’inammissibilità del ricorso patteggiamento diventa quindi la regola, mentre l’impugnazione è l’eccezione, ammessa solo per vizi specifici che non riguardano la ricostruzione del fatto accettata con l’accordo.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. Dopo la riforma introdotta dalla legge n. 103 del 2017, una sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per i motivi specificamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, tra i quali non rientra la contestazione dei fatti oggetto dell’accordo.

Qual è il ruolo del giudice nel procedimento di patteggiamento?
Il giudice ha il potere-dovere di controllare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, la sussistenza delle circostanze, la loro comparazione, la congruità della pena richiesta e di applicarla. Non effettua una ricostruzione autonoma dei fatti, che si basa invece sull’accordo tra le parti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, in assenza di elementi che escludano la colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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