Inammissibilità Ricorso Patteggiamento: Quando l’Impugnazione è Chiusa
L’istituto del patteggiamento, previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica che offre una riduzione della pena in cambio di una rapida definizione del processo. Tuttavia, questa scelta comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile contestare una sentenza di patteggiamento, confermando la severità della legge in caso di inammissibilità ricorso patteggiamento.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di un tribunale siciliano, ha deciso di presentare ricorso in Cassazione. L’obiettivo era contestare la decisione di primo grado, sollevando una serie di censure relative alla valutazione del fatto e all’applicazione della pena.
Il ricorrente, tuttavia, non ha tenuto conto delle stringenti limitazioni imposte dalla normativa specifica che regola le impugnazioni in questo ambito.
I Limiti al Ricorso: l’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
La chiave per comprendere la decisione della Corte risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che la sentenza di patteggiamento può essere impugnata esclusivamente per un numero chiuso di motivi. Essi sono:
* Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato libero e consapevole).
* Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
* Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in una di queste quattro categorie è destinato a essere dichiarato inammissibile.
La Decisione della Corte sull’Inammissibilità Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte, analizzando il ricorso, ha rilevato che le censure proposte dall’imputato non rientravano in nessuna delle ipotesi previste dalla legge. I motivi addotti erano di carattere generale e non attenevano specificamente a vizi della volontà, errori di qualificazione giuridica o illegalità della pena.
Di conseguenza, in applicazione dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso “senza formalità”, procedendo a una decisione rapida e senza udienza pubblica. A questa declaratoria è seguita, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro alla Cassa delle Ammende.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è netta e si fonda sul principio della tassatività dei motivi di impugnazione del patteggiamento. I giudici hanno spiegato che la scelta di accedere a un rito premiale come il patteggiamento implica una rinuncia a contestare nel merito la ricostruzione dei fatti e la valutazione della colpevolezza. Il legislatore ha bilanciato il beneficio della riduzione di pena con una forte limitazione delle possibilità di appello, per garantire la stabilità delle sentenze e l’efficienza del sistema giudiziario. Le censure del ricorrente, essendo estranee al perimetro tracciato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., sono state ritenute “indeducibili”, ovvero non proponibili in quella sede.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque opti per il patteggiamento: la decisione deve essere ponderata, poiché le vie per rimetterla in discussione sono estremamente circoscritte. Presentare un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge non solo è inutile, ma comporta anche conseguenze economiche significative, come la condanna al pagamento di spese e sanzioni. La pronuncia serve da monito sulla necessità di una consulenza legale approfondita prima di accedere a riti alternativi, per comprendere appieno tutte le implicazioni, comprese quelle relative alla quasi-definitività della sentenza.
Per quali motivi è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
Una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (patteggiamento) può essere impugnata solo per motivi specifici previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., ovvero: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa accade se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato per legge al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro, in questo caso stabilita in 4.000 euro, a favore della Cassa delle Ammende.
Perché il ricorso specifico è stato giudicato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte non rientravano in nessuna delle categorie consentite dalla legge per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, risultando quindi “indeducibili” davanti alla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37069 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37069 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/03/2024 del GIP TRIBUNALE di MARSALA
dato AVV_NOTAIO alle parti;
udita a relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è inammissibile, per indeducibilità delle censure proposte, che non rientrano fra quelle consentite dal vigente art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., in quanto non riguardanti motivi specifici attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto d correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
La declaratoria di inammissibilità dell’odierna impugnazione va pronunciata «senza formalità» ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna dellgi ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, avuto riguardo all’elevato coefficiente di colpa connotante la rilevata causa di inammissibilità, appare conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condannali/3 ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2024.