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Inammissibilità ricorso patteggiamento: i limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La decisione si fonda sul principio che l’appello è consentito solo per i motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra i quali non rientrava la censura sollevata dal ricorrente. Quest’ultimo è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Patteggiamento: Quando l’Impugnazione è Fuori Luogo

La sentenza di patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale. Tuttavia, le vie per impugnarla sono strette e ben definite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con chiarezza i confini invalicabili per l’inammissibilità del ricorso patteggiamento, sottolineando come non ogni doglianza possa trovare accoglimento.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. L’imputato lamentava un vizio di motivazione in relazione all’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede l’obbligo del giudice di prosciogliere l’imputato qualora ne ricorrano le condizioni. La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione per la valutazione della legittimità del ricorso.

I Limiti all’Impugnazione della Sentenza di Patteggiamento

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Orlando (legge n. 103/2017). Questa norma ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono circoscritti esclusivamente a:

* Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
* Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa dal giudice.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
* Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Qualsiasi altro motivo, inclusi quelli relativi a presunti vizi di motivazione non riconducibili a queste categorie, è escluso.

La Decisione della Cassazione sulla inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato che il motivo sollevato dal ricorrente – il vizio di motivazione sull’applicazione dell’art. 129 c.p.p. – non rientra in alcun modo nell’elenco tassativo previsto dall’art. 448, comma 2-bis.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si articolano su due punti principali. In primo luogo, la natura del motivo del ricorso è estranea al perimetro dell’impugnazione consentita dalla legge. La censura del ricorrente era, quindi, proceduralmente inaccettabile. In secondo luogo, la Corte ha osservato, quasi a titolo di completezza, che la doglianza era comunque infondata nel merito, poiché la sentenza impugnata aveva effettivamente considerato e motivato, seppur succintamente, le ragioni per cui non si ravvisavano i presupposti per il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., basandosi sulle risultanze investigative. Infine, la Corte ha applicato l’articolo 610, comma 5-bis, c.p.p., che impone una decisione ‘de plano’, cioè senza formalità e senza udienza, per la dichiarazione di inammissibilità in questi specifici casi. Questa procedura accelerata risponde a un’esigenza di efficienza processuale, evitando di impegnare la Corte in discussioni su ricorsi palesemente infondati.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia conferma un orientamento consolidato: l’accordo raggiunto con il patteggiamento assume una stabilità quasi definitiva, attaccabile solo per vizi gravi e specifici che minano le fondamenta stesse del patto processuale o la legalità della pena. Per i difensori e gli imputati, ciò significa che la decisione di accedere a questo rito alternativo deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché le possibilità di rimetterla in discussione in seguito sono minime. Proporre un ricorso al di fuori dei binari tracciati dalla legge non solo è inutile, ma comporta conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, l’impugnazione in Cassazione è possibile solo per i motivi tassativamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, quali problemi nel consenso, errore nella qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena.

Cosa succede se si propone un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza.

Perché la Corte di Cassazione ha deciso ‘de plano’ (senza udienza)?
La Corte ha utilizzato la procedura semplificata ‘de plano’ perché l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale la prevede espressamente come unico modello per dichiarare l’inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di applicazione della pena, per ragioni di economia processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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