Inammissibilità ricorso patteggiamento: quando l’appello è impossibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i rigidi confini procedurali per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, evidenziando come la mancata osservanza dei termini e dei motivi previsti dalla legge conduca inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità ricorso patteggiamento. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere le modifiche introdotte dalla riforma del 2017 e le severe conseguenze per chi non le rispetta.
I Fatti del Caso
Due soggetti avevano presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente nota come patteggiamento) emessa dal Tribunale di Macerata. Il ricorso, presentato con un unico atto, mirava a contestare la decisione del giudice di primo grado.
Tuttavia, l’organo di legittimità ha immediatamente rilevato due vizi procedurali insuperabili che hanno precluso qualsiasi valutazione nel merito della questione.
I Limiti all’Impugnazione e l’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili per una duplice, e concorrente, ragione. Questa decisione si fonda su due pilastri della procedura penale che ogni difensore e cittadino dovrebbe conoscere.
1. La Tardività del Ricorso
Il primo motivo di inammissibilità è la tardività. I ricorsi sono stati depositati il 24 ottobre 2024, ben oltre il termine perentorio di 15 giorni previsto dall’art. 585, comma 1, lett. a), del codice di procedura penale. Tale termine decorreva dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata (18 settembre 2024), che era stata redatta con motivazione contestuale. Il mancato rispetto di questo termine, definito perentorio, non ammette deroghe e comporta la decadenza dal diritto di impugnare.
2. La Non Impugnabilità del Provvedimento
Il secondo, e altrettanto decisivo, motivo riguarda la natura stessa del provvedimento impugnato. La sentenza di patteggiamento era successiva al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della Legge n. 103/2017 (nota come Riforma Orlando). Questa legge ha modificato l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, limitando drasticamente i motivi per cui si può ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento. I ricorrenti non hanno addotto uno dei motivi specificamente ammessi dalla norma, rendendo il loro gravame inammissibile a prescindere dalla questione della tardività.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso Patteggiamento
La dichiarazione di inammissibilità non è una mera formalità. Essa comporta conseguenze economiche significative per i ricorrenti. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la Corte ha condannato entrambi i soggetti a:
1. Pagare le spese del procedimento.
2. Versare una sanzione pecuniaria di 3.000 euro ciascuno alla Cassa delle ammende.
Questa sanzione viene comminata in quanto la Corte non ha ravvisato elementi per escludere la colpa dei ricorrenti nel determinare la causa di inammissibilità, un principio consolidato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 186/2000).
Le Motivazioni della Suprema Corte
Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e lineari. La Corte ha applicato una procedura semplificata, detta de plano (art. 610, co. 5-bis, c.p.p.), riservata ai casi di manifesta inammissibilità come questo. I giudici hanno sottolineato che i ricorsi erano affetti da vizi insanabili. La tardività è un vizio oggettivo, facilmente verificabile dal mero calcolo dei giorni intercorsi tra la pubblicazione della sentenza e il deposito dell’impugnazione. Parallelamente, l’errata identificazione dei motivi di ricorso per una sentenza di patteggiamento post-riforma del 2017 costituisce un errore grave che viola le chiare disposizioni del legislatore, il cui intento era quello di deflazionare il carico della Cassazione limitando le impugnazioni meramente dilatorie.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito sull’importanza del rigore procedurale nel diritto penale. L’inammissibilità ricorso patteggiamento non è un’ipotesi remota, ma una conseguenza diretta e severa della violazione di norme chiare e precise. La decisione evidenzia due lezioni fondamentali: in primo luogo, i termini processuali sono perentori e il loro mancato rispetto è fatale; in secondo luogo, le riforme legislative, come quella del 2017, modificano profondamente gli strumenti a disposizione delle parti, e ignorarne la portata può portare non solo al rigetto del ricorso ma anche a sanzioni economiche rilevanti.
Entro quale termine va proposto ricorso contro una sentenza di patteggiamento con motivazione contestuale?
Il ricorso deve essere presentato entro il termine perentorio di 15 giorni, che decorre dalla data di pubblicazione della decisione, come stabilito dall’art. 585, comma 1, lett. a), del codice di procedura penale.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. Per le sentenze emesse dopo il 3 agosto 2017, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita fortemente i motivi di ricorso. L’impugnazione è ammissibile solo per le ragioni specificamente indicate dalla legge, e non per motivi generici.
Cosa accade in caso di dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso inammissibile, il giudice condanna il ricorrente anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso per un importo di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9639 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 9639 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/01/2025
ORDINANZA
Sui ricorsi proposti nell’interesse di: COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 15/04/2003, NOME COGNOME nato a Roma il 14/09/2000, avverso la sentenza del 18/09/2024 del Tribunale di Macerata, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO.E IN DIRITTO
I ricorsi (contenuti in unico atto di impugnazione, ancorchè afferenti a due distinte posizi soggettive) in esame, con i quali è stata impugnata la decisione che ha applicato la pena su richiest delle parti, sono inammissibili, giacché proposti avverso provvedimento non impugnabile, se non per motivi determinati.
1.1. I ricorsi sono altresì tardivi, giacché proposti in data 24 ottobre 2024, oltre il t perentorio di 15 giorni, indicato a pena di inammissibilità dall’art. 585, comma 1, lett. a), cod. pen., decorrenti dalla data (18 settembre 2024) di pubblicazione della decisione, con motivazione contestuale.
Il provvedimento impugnato ed i ricorsi sono comunque successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n.103 del 2017, con cui il legislatore ha inteso escludere la sentenza applicazione su richiesta delle parti dal novero dei provvedimenti impugnabili, se non per motiv specificamente indicati (art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen.), tra i quali non ricorre la violaz del comma 1 dell’art. 129 cod. proc. pen. (obbligo di immediato riconoscimento, in ogni stato e grado del processo, delle cause di proscioglimento).
I ricorsi devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili, con procedura de plano, secondo il rito indicato dal comma 5 bis dell’art. 610 cod. proc. pen.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la condanna dei ricorr al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, per ciascuno dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e del somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 gennaio 2025.