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Inammissibilità ricorso patteggiamento: ecco perché

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La decisione si fonda sui limiti imposti dall’art. 448 co. 2-bis c.p.p., che esclude contestazioni generiche sulla misura della pena concordata. L’analisi sottolinea l’importanza delle nuove norme sull’inammissibilità ricorso patteggiamento e le conseguenti sanzioni economiche per i ricorrenti.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso patteggiamento: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33787/2024, ha affrontato un caso emblematico che chiarisce i limiti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di patteggiamento. La decisione ribadisce la rigidità delle norme introdotte con la Riforma Orlando, confermando l’inammissibilità del ricorso sul patteggiamento basato su motivi generici riguardanti la misura della pena. Questo provvedimento offre spunti fondamentali per comprendere quando e come sia possibile contestare un accordo sulla pena.

I Fatti del Processo

Due persone, a seguito di un accordo con il Pubblico Ministero, avevano ottenuto dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) una sentenza di patteggiamento. La pena concordata era di due anni e otto mesi di reclusione e 12.000 euro di multa ciascuno per un reato previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/90 (Testo Unico sugli stupefacenti).

Nonostante l’accordo raggiunto, i due imputati, tramite il loro difensore, decidevano di presentare ricorso per Cassazione. La doglianza si concentrava esclusivamente su un presunto “vizio motivazionale” in relazione alla quantificazione della pena applicata, ritenuta eccessiva.

Limiti all’impugnazione e inammissibilità ricorso patteggiamento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su argomenti procedurali netti e insuperabili. Il fulcro della questione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Orlando. Questa norma limita drasticamente i motivi per cui si può ricorrere contro una sentenza di patteggiamento.

Il legislatore ha stabilito che, dopo l’accordo tra le parti, la sentenza può essere impugnata solo per specifici motivi, tra cui non rientra una generica contestazione sulla congruità della pena concordata. La Corte ha sottolineato che, essendo la richiesta di patteggiamento stata formulata dopo l’entrata in vigore della riforma (3 agosto 2017), tale limitazione era pienamente applicabile al caso di specie.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto i profili di doglianza non solo generici e privi di fondamento, ma anche del tutto esclusi dai motivi di impugnazione consentiti dalla legge. I giudici hanno osservato che la pena patteggiata rientrava pienamente nella “forchetta edittale” prevista dalla norma incriminatrice. Anzi, la pena base utilizzata per il calcolo era stata determinata in misura prossima al minimo legale, rendendo la contestazione ancora più debole.

Di conseguenza, essendo il ricorso inammissibile e non ravvisandosi alcuna assenza di colpa da parte dei ricorrenti, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa disposizione prevede che, in caso di inammissibilità, la parte privata che ha proposto l’impugnazione venga condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale della procedura penale post-Riforma Orlando: il patteggiamento, una volta raggiunto l’accordo e ratificato dal giudice, acquista una stabilità quasi definitiva. Le possibilità di impugnazione sono circoscritte a vizi specifici e non possono essere utilizzate come un “secondo tempo” per rinegoziare o contestare genericamente la misura di una pena che è stata volontariamente concordata. Questa decisione serve da monito: la scelta del patteggiamento deve essere ponderata, poiché i margini per un ripensamento successivo sono estremamente ridotti e un ricorso infondato comporta conseguenze economiche significative.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi legati alla misura della pena?
No. Dopo la Riforma Orlando, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale ha fortemente limitato i motivi di ricorso. Non è possibile impugnare la sentenza per contestazioni generiche sulla congruità della pena che è stata concordata tra le parti.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria (nel caso di specie, 4.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso in questo specifico caso è stato ritenuto inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi erano generici, infondati e, soprattutto, esclusi dalle ipotesi di impugnazione previste dalla legge per le sentenze di patteggiamento. Inoltre, la pena concordata era già prossima al minimo edittale, rendendo la contestazione pretestuosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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