Inammissibilità del Ricorso: Quando la Parte Civile Non Ha Diritto alle Spese
L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta un esito definitivo che impedisce l’analisi nel merito delle questioni sollevate. Ma quali sono le conseguenze economiche per le parti coinvolte? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la liquidazione delle spese legali in favore della parte civile, stabilendo un principio di partecipazione attiva.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente contestava la decisione di secondo grado, portando le sue doglianze dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Il procedimento vedeva la presenza anche di parti civili, ovvero i soggetti danneggiati dal reato che si erano costituiti nel processo per ottenere un risarcimento.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia, di natura prettamente processuale, ha impedito ai giudici di entrare nel vivo delle argomentazioni difensive. Come conseguenza diretta, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Tuttavia, la Corte ha preso una decisione significativa riguardo alle spese legali sostenute dalle parti civili. Pur essendo l’esito del giudizio a loro favorevole, i giudici hanno escluso la liquidazione delle spese in loro favore.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda su un principio consolidato, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite (ord. n. 5466 del 2004). I giudici hanno rilevato che la condanna al rimborso delle spese per la parte civile non è automatica in caso di inammissibilità del ricorso. È necessario, infatti, che la parte civile abbia svolto un’attività difensiva rilevante ai fini della decisione.
Nel caso specifico, non è emerso che le parti civili avessero apportato un contributo significativo per contrastare le tesi del ricorrente e tutelare i propri interessi. La loro partecipazione, in sostanza, non è stata determinante per la formazione del convincimento del collegio. Di conseguenza, in assenza di un ruolo attivo e di un contributo concreto alla decisione, la Corte ha ritenuto di non dover porre a carico del ricorrente anche le spese legali della controparte civile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un importante principio di diritto processuale: la costituzione di parte civile in un giudizio di legittimità non garantisce di per sé il diritto al rimborso delle spese legali in caso di vittoria. Per ottenere tale rimborso, è indispensabile dimostrare di aver svolto un’attività difensiva concreta e utile, che abbia effettivamente contribuito alla decisione finale della Corte. Questo principio incentiva una partecipazione attiva e non meramente formale al processo, anche nelle sue fasi finali, da parte di chi chiede il risarcimento del danno.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Di norma, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
La parte civile ha sempre diritto al rimborso delle spese legali se il ricorso dell’imputato è inammissibile?
No. Secondo questa ordinanza, la parte civile non ha diritto al rimborso se non risulta che abbia apportato un contributo rilevante alla decisione, contrastando attivamente le pretese della controparte.
A quale sanzione economica è stato condannato il ricorrente in questo specifico caso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19989 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19989 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 11/10/1997
avverso la sentenza del 13/09/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 177/Rg 4592
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe che h confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 341-bis cod. pen. escludendo la recidi
e applicando le attenuanti generiche;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi non consentiti dalla legge sede di legittimità, in quanto costituiti da doglianze generiche e meramente riproduttive
profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici giudice di merito, soprattutto con riferimento alla descrizione contenuta nella sentenza d
primo grado. In particolare, sull’effettiva presenza di più persone, necessarie ai fini de configurazione dell’oltraggio, questa è stata fondata sull’essere avvenuto il fatto a
presenza di altre detenute nel corridoio del carcere;
ritenuto che anche la censura relativa alla scriminante putativa trova non illogi motivazione nelle pagg 2 e 3 della sentenza di primo grado; rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c proc. pen., ma non anche la liquidazione delle parti civili in quanto non risulta che abbia apportato alcun contributo rilevante ai fini della decisione per contrastare l’avversa prete a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria (Sez. U, ord. n. 5466 del 28/01/ Rv. 226716).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 maggio 2025
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