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Inammissibilità ricorso: motivi generici e sentenza

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato condannato per furto. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di ricorso, che non rispettavano i requisiti di specificità previsti dal codice di procedura penale. La Suprema Corte ha sottolineato che tale vizio, anche se non rilevato in appello, deve essere dichiarato in ogni stato e grado del procedimento, comportando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: Quando la Genericità Costa Caro

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale sulla redazione degli atti di impugnazione nel processo penale, evidenziando come la mancanza di specificità possa condurre a una drastica dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Il caso riguarda un imputato condannato per furto che si è visto respingere il proprio ricorso proprio a causa della genericità delle sue doglianze, un errore procedurale con conseguenze definitive.

Il Caso: Dalla Condanna per Furto al Ricorso in Cassazione

I fatti processuali partono da una condanna per il reato di furto, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza. Il primo motivo contestava la sussistenza stessa del reato, lamentando un’erronea valutazione delle prove. Il secondo motivo, invece, si concentrava sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.

L’Inammissibilità del Ricorso secondo la Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata non sul merito delle questioni sollevate, ma sulla loro formulazione, ritenuta non conforme ai requisiti imposti dal codice di procedura penale.

Il primo motivo: la genericità della censura

La Corte ha definito il primo motivo come ‘generico per indeterminatezza’. Secondo i giudici, il ricorrente non ha rispettato il requisito di specificità previsto dall’art. 581, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale. In pratica, a fronte di una motivazione della sentenza d’appello ritenuta logica e corretta, il ricorso non ha indicato gli elementi specifici che ne dimostrassero l’erroneità. Non è sufficiente contestare genericamente la decisione, ma è necessario individuare con precisione i punti della motivazione che si ritengono viziati e le ragioni di tale vizio, così da permettere al giudice dell’impugnazione di esercitare un controllo mirato.

Il secondo motivo e il principio dell’inammissibilità derivata

Anche il secondo motivo, relativo alle attenuanti generiche, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che già il motivo di appello su questo punto era generico, poiché non specificava le ragioni per cui l’imputato avrebbe meritato tale beneficio. Questa anomalia, non rilevata dalla Corte d’Appello, viene invece ‘sanzionata’ dalla Cassazione. I giudici hanno ribadito un principio cruciale: l’inammissibilità di un’impugnazione è un vizio che non si ‘sana’ con il passaggio di grado. Se un motivo d’appello era inammissibile, tale vizio si trasferisce al ricorso per Cassazione, che deve essere a sua volta dichiarato inammissibile.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del diritto processuale: la specificità dei motivi di impugnazione. Questo requisito non è un mero formalismo, ma una garanzia di efficienza e serietà del processo. Un ricorso generico non consente al giudice di comprendere quali siano le reali critiche mosse alla sentenza impugnata, trasformando l’impugnazione in un tentativo esplorativo anziché in un controllo di legittimità. La Cassazione, citando precedenti consolidati, ha affermato che le cause di inammissibilità devono essere rilevate d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Di conseguenza, anche se il giudice d’appello ha erroneamente esaminato nel merito un motivo inammissibile, la Cassazione ha il potere e il dovere di dichiararne l’originaria inammissibilità, con tutte le conseguenze del caso.

Le conclusioni

La decisione in esame ribadisce una lezione fondamentale per chiunque si approcci alla redazione di un atto di impugnazione: la precisione e la chiarezza sono essenziali. Un ricorso non può limitarsi a una generica lamentela, ma deve articolare critiche puntuali e circostanziate, dialogando criticamente con la motivazione del provvedimento impugnato. L’esito di questo caso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, dimostra che la superficialità nella formulazione dei motivi ha un costo concreto e porta alla cristallizzazione della condanna, precludendo ogni ulteriore esame nel merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non rispettavano il requisito di specificità richiesto dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. Il ricorrente non ha indicato in modo preciso gli elementi che sostenevano le sue critiche alla sentenza d’appello.

Cosa significa che i motivi del ricorso erano ‘generici’?
Significa che le contestazioni mosse alla sentenza impugnata erano vaghe e indeterminate. Ad esempio, il ricorrente ha criticato la valutazione del reato senza specificare quali prove fossero state travisate o perché la motivazione fosse illogica, impedendo così al giudice di comprendere il fulcro della censura.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorso non viene esaminato nel merito. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La sentenza di condanna precedente diventa così definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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