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Inammissibilità ricorso: la genericità dei motivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di ricorso e sulla mancata formulazione di una specifica richiesta di sospensione condizionale della pena secondo le regole del rito cartolare. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione Chiude la Porta

L’esito di un processo penale può dipendere non solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal rigore con cui vengono seguite le regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi e le omissioni formali possano portare a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguenze economiche significative per chi impugna. Questo caso sottolinea l’importanza di redigere atti di impugnazione specifici e di formulare correttamente le richieste, specialmente nei procedimenti che seguono il rito cartolare.

I Fatti del Caso

Una persona condannata dalla Corte d’Appello decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza. Il primo motivo contestava la valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito, mentre il secondo lamentava la mancata applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, previsto dall’articolo 163 del codice penale. Il processo di appello si era svolto secondo le modalità del rito cartolare, un procedimento basato esclusivamente su atti scritti senza un’udienza in presenza.

L’Inammissibilità del Ricorso e le Sue Ragioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si basa su una valutazione critica di entrambi i motivi presentati dalla difesa. La Corte ha stabilito che l’impugnazione non poteva superare il vaglio preliminare di ammissibilità, precludendo così un esame nel merito delle questioni sollevate. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha dettagliatamente spiegato le ragioni dell’inammissibilità del ricorso.

Per quanto riguarda il primo motivo, relativo alla valutazione delle prove, i giudici hanno ritenuto che fosse del tutto generico. La difesa, infatti, non aveva mosso critiche specifiche e argomentate contro la motivazione della sentenza d’appello, limitandosi a una contestazione vaga che non si confrontava adeguatamente con le ragioni esposte dai giudici di secondo grado. La giurisprudenza consolidata, richiamata nell’ordinanza, richiede che l’atto di impugnazione contenga una critica puntuale e circostanziata del provvedimento impugnato.

Ancora più significativo è il secondo motivo. La ricorrente lamentava la mancata concessione della sospensione condizionale della pena. Tuttavia, la Corte ha osservato che questa richiesta, pur essendo stata forse menzionata durante la discussione orale in primo grado, non era stata formalizzata nelle conclusioni scritte depositate nel processo d’appello, svoltosi con rito cartolare. La Cassazione ha chiarito un principio fondamentale: nel rito cartolare, il giudice non è tenuto a concedere d’ufficio la sospensione condizionale né a motivare la sua mancata concessione se non vi è una richiesta esplicita e specifica nelle conclusioni scritte. L’assenza di tale formalizzazione ha reso il motivo di ricorso aspecifico e, quindi, inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre due lezioni cruciali. In primo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere redatto con la massima specificità, evitando contestazioni generiche e affrontando punto per punto la motivazione della sentenza che si intende impugnare. In secondo luogo, nei procedimenti a trattazione scritta (rito cartolare), le richieste, incluse quelle relative ai benefici di legge come la sospensione condizionale, devono essere formulate in modo esplicito e formale negli atti scritti, in particolare nelle conclusioni. Omettere questi passaggi significa rischiare una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, vanificando così ogni possibilità di ottenere una revisione della decisione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e aspecifici. Il primo motivo non criticava puntualmente la sentenza impugnata, mentre il secondo riguardava una richiesta (sospensione condizionale della pena) non formalizzata correttamente nelle conclusioni scritte del processo d’appello.

Il giudice è obbligato a concedere la sospensione condizionale della pena d’ufficio?
No. Secondo la Corte, il giudice non è tenuto a concedere d’ufficio la sospensione condizionale della pena, né a motivare la sua mancata concessione, se non è stata avanzata una specifica richiesta nelle sedi appropriate, specialmente in un processo a trattazione scritta come il rito cartolare.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la parte ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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