Ricorso in Cassazione: Perché la Genericità dei Motivi Porta all’Inammissibilità
Presentare un ricorso in Cassazione richiede rigore e specificità. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda una lezione fondamentale: la genericità dei motivi porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguenze economiche non trascurabili per chi lo propone. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio i principi applicati dai giudici.
I Fatti del Caso
Quattro individui, precedentemente condannati dalla Corte d’Appello di Venezia, hanno deciso di impugnare la sentenza ricorrendo alla Corte di Cassazione. Nei loro ricorsi, hanno sollevato diverse questioni, contestando sia la sussistenza degli elementi costitutivi dei reati loro ascritti, sia il trattamento sanzionatorio applicato, sia il mancato riconoscimento di alcuni benefici di legge. Tuttavia, le loro argomentazioni non hanno superato il primo vaglio della Suprema Corte.
L’Analisi della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, nell’esaminare i ricorsi, ha rilevato un difetto cruciale: la “genericità” dei motivi addotti. Secondo i giudici, le doglianze dei ricorrenti erano state formulate in modo vago e non si confrontavano specificamente con le argomentazioni puntuali e ben motivate contenute nella sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva spiegato in modo congruo le ragioni della sua decisione, sia per quanto riguarda l’accertamento dei reati, sia per la pena inflitta e il diniego dei benefici. Di fronte a una motivazione così solida, un ricorso generico si è rivelato del tutto inefficace, portando a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre le stesse questioni di fatto già valutate. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per fare ciò, è indispensabile che i motivi del ricorso siano specifici, indicando con precisione quali parti della sentenza si contestano e perché esse sarebbero errate.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che i ricorsi fossero “affetti da genericità rispetto alla puntuale motivazione della Corte di appello”. In altre parole, gli appellanti non hanno colto nel segno, limitandosi a riproporre critiche astratte senza smontare, punto per punto, il ragionamento dei giudici di secondo grado. Questa carenza ha reso impossibile un esame nel merito, conducendo all’inevitabile declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche
La conseguenza principale dell’inammissibilità, come previsto dall’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, è la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. Ma non solo: la Corte li ha anche condannati a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è stata ritenuta equa in ragione della natura delle questioni sollevate, che non hanno superato il filtro di ammissibilità.
Questa ordinanza ribadisce un messaggio importante per avvocati e assistiti: l’impugnazione di una sentenza, specialmente in Cassazione, deve essere un atto tecnico di alta precisione. Non basta essere in disaccordo con una decisione; è necessario articolare critiche specifiche, pertinenti e giuridicamente fondate, capaci di incrinare la struttura logica della sentenza impugnata. In caso contrario, il rischio è non solo di vedere il proprio ricorso respinto, ma anche di incorrere in significative sanzioni economiche.
Cosa significa che i motivi di un ricorso sono ‘generici’?
Significa che le argomentazioni presentate sono vaghe e non criticano in modo specifico e puntuale la motivazione della sentenza impugnata, risultando così inefficaci a contestarla.
Quali sono le conseguenze dirette dell’inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
In base all’art. 616 c.p.p., la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.
Perché la Corte ha stabilito una sanzione di 3.000 euro a carico dei ricorrenti?
La Corte ha ritenuto tale somma equa in considerazione della natura delle questioni dedotte nel ricorso, che sono state giudicate inammissibili a causa della loro genericità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 465 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 465 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME (CUI 03UJAWO) nato il 01/01/1990 COGNOME COGNOME (CUI 03UJ8DL) nato il 01/01/1992 COGNOME (CUI 05HQDBQ) nato il 02/03/1980 COGNOME (CUI 05HWCY3) nato il 25/05/1997
avverso la sentenza del 12/01/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti dai ricorrenti sono affetti da genericità rispetto alla puntuale motivazione della Corte di appello di Venezia che, contrariamente a quanto dedotto nei ricorsi, ha congruamente motivato sia sulla sussistenza di tutti gli elementi richiesti per l’integrazione dei reati ascritti ai ricorrenti, sia trattamento sanzionatorio e sia sul diniego dei benefici di legge;
rilevato che dalla inammissibilità dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 2 dicembre
2024 estensore GLYPH Il Presidente