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Inammissibilità ricorso: la condanna alle spese

La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato contro una sentenza del GUP. La decisione sottolinea come la manifesta infondatezza dell’appello comporti, ai sensi del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma a titolo di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: le conseguenze dell’inammissibilità

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma cosa accade quando l’atto viene giudicato non idoneo a essere esaminato nel merito? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce le conseguenze economiche derivanti dall’inammissibilità del ricorso, un tema cruciale per chiunque affronti un procedimento penale.

I fatti del caso

Il caso in esame trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) del Tribunale di Lecco. L’individuo, ritenendo ingiusta la decisione di primo grado, ha deciso di adire la Corte di Cassazione per ottenerne la riforma. La Suprema Corte, tuttavia, non è entrata nel merito della questione sollevata dal ricorrente.

La decisione della Corte sull’inammissibilità del ricorso

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato l’atto e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non significa che la Corte abbia dato ragione o torto al ricorrente nel merito della sua vicenda, ma semplicemente che il ricorso non possedeva i requisiti di legge necessari per poter essere giudicato. Quando un ricorso è viziato da difetti procedurali o è manifestamente infondato, i giudici non possono fare altro che dichiararne l’inammissibilità, chiudendo di fatto la porta a un’ulteriore disamina.

Le motivazioni

La motivazione alla base della condanna economica è di natura puramente giuridica e si fonda su una precisa disposizione normativa. La Corte ha applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. Ma non solo: la legge prevede anche il versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata quantificata in tremila euro. Questa sanzione ha una duplice funzione: da un lato, ristorare l’amministrazione della giustizia per l’attività inutilmente svolta; dall’altro, fungere da deterrente contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che contribuiscono a congestionare il sistema giudiziario.

Le conclusioni

La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: l’impugnazione di un provvedimento non è un’azione priva di conseguenze. L’inammissibilità del ricorso comporta una condanna certa a sanzioni economiche. È quindi essenziale che, prima di adire la Corte di Cassazione, si valuti con estrema attenzione, insieme al proprio legale, la fondatezza delle proprie ragioni e la corretta formulazione dell’atto. Un ricorso superficiale o temerario non solo non porterà al risultato sperato, ma si tradurrà in un ulteriore e significativo esborso economico a carico del ricorrente.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Qual è la base giuridica per la condanna economica in caso di inammissibilità?
La condanna si basa sull’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che prevede espressamente tali conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile.

A quanto ammonta la sanzione pecuniaria nel caso specifico?
Nel caso esaminato, la Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente al pagamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, oltre alle spese processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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