Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25879 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25879 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE nato a SANSEPOLCRO il 28/08/1959
avverso la sentenza del 29/11/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
– Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di
Firenze, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Livorno, con cui l’imputata è stata ritenuta responsabile dei reati di cui agli artt. 110, 56, 624, 625, nn. 2 e 7, 61, n.
pen., e 55, comma 9, d. Igs. 21 novembre 2007, n. 231 e condannata alla pena ritenuta di giustizia;
– Ritenuto che il primo ed unico motivo di ricorso, con cui la ricorrente denunzia la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della circosta
aggravante del furto, di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., non è consentito dalla legge in di legittimità, è generico ed è manifestamente infondato, non emergendo l’asserito vizio di
motivazione; il motivo si risolve, invece, in mere doglianze in punto di fatto riproduttive profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici d
giudice di merito, con i quali concretamente l’atto di impugnazione non si misura (si veda, in particolare, pag. 4 del provvedimento impugnato: non rileva che le cose lasciate
incustodite nell’abitacolo non costituiscano dotazioni del mezzo). E sul punto, l giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che, in tema di furto, ai fini d
sussistenza dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, la necessità dell’esposizio deve essere intesa non in senso assoluto, come impossibilità della custodia da parte de titolare del bene, bensì relativo, deve essere in altre parole rapportata alle partic circostanze che possono indurre il soggetto a lasciare le proprie cose incustodite (cfr. S 5, n. 5226 del 19/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258716; Sez. 4, n. 21262 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263891);
Considerato che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 02/07/2025.