Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione non entra nel merito dei fatti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. L’analisi del provvedimento chiarisce i confini entro cui la Suprema Corte può operare e le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso, un esito che comporta non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche sanzioni economiche per il ricorrente.
La Vicenda Processuale
Il caso nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Messina. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, sollevando una serie di critiche contro la decisione dei giudici di secondo grado. Le sue doglianze si concentravano principalmente sulla ricostruzione della vicenda e sulla valutazione del materiale probatorio raccolto durante il processo, inclusa la presunta errata interpretazione della presenza di più persone sulla scena del fatto.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità
L’appellante ha inoltre lamentato la mancata applicazione di una specifica causa di non punibilità, prevista dall’articolo 393-bis del codice penale, sostenendo di aver agito a causa di un errore sul fatto, indotto da un presunto atto arbitrario di un pubblico ufficiale.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto che tutti i motivi proposti fossero inammissibili. Le argomentazioni sulla ricostruzione fattuale, sulla valutazione delle testimonianze e sull’analisi delle prove sono state classificate come questioni di merito, ovvero attività che spettano in via esclusiva ai giudici delle prime due istanze (Tribunale e Corte d’Appello).
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha spiegato che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno riscontrato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ‘congrua e adeguata’, priva di vizi logici e basata su criteri di inferenza corretti e massime di esperienza condivisibili.
Anche la censura relativa alla mancata applicazione dell’art. 393-bis c.p. è stata respinta. La Corte ha osservato che non erano emersi elementi oggettivi capaci di sostenere la tesi di un errore sul fatto tale da far apparire l’atto del pubblico ufficiale come arbitrario. Senza questa prova, la causa di non punibilità non poteva essere applicata.
Le Conclusioni: I Limiti del Giudizio di Legittimità
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge o difetti di motivazione evidenti e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate nei gradi di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le questioni sollevate riguardavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, argomenti considerati ‘di merito’ e quindi non riesaminabili dalla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.
Per quale motivo non è stata applicata la causa di non punibilità dell’art. 393-bis c.p.?
La Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi oggettivi per desumere un errore sul fatto da parte dell’imputato, né per considerare l’atto del pubblico ufficiale come arbitrario, presupposti necessari per l’applicazione di tale norma.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 475 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 475 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MESSINA il 04/12/1974
avverso la sentenza del 19/06/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che le deduzioni sviluppate nel ricorso con riferimento alla presenza di più persone, concernendo la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello di Messina, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale;
ritenuto che anche le ulteriori doglianze riferite alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis c.p. in assenza di elementi oggettivi da cui desumere un errore sul fatto, tale da fare apparire come atto arbitrario quello posto in essere dal pubblico ufficiale;
Da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 2 dicembre 2024
Il Congigliere estensore
Il Presidente