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Inammissibilità ricorso: i motivi generici in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi presentati, che si limitavano a riproporre censure già esaminate, e sull’introduzione di una nuova eccezione, quella della particolare tenuità del fatto, non sollevata nel precedente grado di giudizio. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso in Cassazione: il caso dei motivi generici

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre importanti chiarimenti sui requisiti necessari per presentare un ricorso ammissibile, sottolineando le conseguenze negative derivanti dalla proposizione di motivi generici o tardivi. La corretta formulazione dei motivi di impugnazione è un pilastro fondamentale del processo penale, e una sua violazione può portare a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, impedendo alla Corte di esaminare il caso nel merito.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato due principali motivi di doglianza dinanzi alla Suprema Corte. Con il primo, contestava la valutazione della sua responsabilità penale così come accertata nei precedenti gradi di giudizio. Con il secondo, chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un vaglio preliminare sulla correttezza formale e sostanziale dei motivi di impugnazione. La conseguenza diretta di tale pronuncia è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, rendendo definitiva la sentenza di condanna della Corte d’Appello.

Le Motivazioni: motivi generici e questioni nuove

La Corte ha basato la sua decisione su due distinte ragioni, una per ciascun motivo di ricorso.

La Genericità del Primo Motivo

Il primo motivo è stato giudicato generico. Secondo i giudici, esso si limitava a riproporre critiche già ampiamente esaminate e respinte con argomentazioni giuridiche corrette dal giudice di merito. In pratica, il ricorso non conteneva una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza d’appello, ma si risolveva in una sterile riproduzione di argomenti già disattesi. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, per superare il vaglio di ammissibilità, il ricorso debba confrontarsi in modo critico con la decisione impugnata, evidenziandone le specifiche lacune o errori logico-giuridici, e non limitarsi a una generica contestazione.

La Preclusione del Secondo Motivo

Il secondo motivo, relativo all’applicazione dell’esimente della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), è stato dichiarato precluso. Ciò significa che la questione non poteva essere esaminata perché non era stata sollevata nei motivi di appello. Nel processo penale vige il principio devolutivo, secondo cui il giudice dell’impugnazione può decidere solo sulle questioni specificamente indicate nei motivi presentati. Introdurre una questione per la prima volta in Cassazione, se non si tratta di una materia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, è una strategia processualmente non consentita e conduce, come in questo caso, all’inammissibilità del relativo motivo.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto: l’importanza di una redazione attenta e strategica degli atti di impugnazione. L’inammissibilità del ricorso non è una mera formalità, ma una sanzione processuale che impedisce la revisione della decisione e comporta oneri economici per l’imputato. La decisione insegna che ogni motivo di ricorso deve essere specifico, pertinente e tempestivo. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario articolare le proprie ragioni in modo tecnicamente ineccepibile, dialogando criticamente con le motivazioni del giudice precedente e sollevando tutte le questioni rilevanti nei tempi e nelle sedi opportune.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità dei motivi?
Un ricorso è considerato generico, e quindi inammissibile, quando si limita a riprodurre censure già adeguatamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza confrontarsi criticamente e specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata.

È possibile introdurre per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non presentato in appello?
No, non è possibile. La Corte ha stabilito che un motivo relativo a una questione non sollevata nei motivi di appello, come l’applicabilità dell’esimente per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), è precluso e non può essere esaminato per la prima volta in sede di legittimità.

Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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