Inammissibilità Ricorso: Quando la Genericità Costa Cara in Cassazione
L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta uno degli ostacoli procedurali più comuni e severi nel processo penale. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce, ancora una volta, perché la specificità e la corretta formulazione dei motivi di impugnazione non sono mere formalità, ma requisiti essenziali per accedere al giudizio di legittimità. Analizziamo una decisione che illustra perfettamente come la genericità e la proposizione di censure nuove portino inevitabilmente a una pronuncia sfavorevole, con conseguente condanna alle spese.
Il Caso: Un Ricorso Contro una Condanna per Ricettazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma. La condanna riguardava il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), che presupponeva la commissione di un altro delitto, in questo caso l’introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.). L’imputato, non soddisfatto della decisione di secondo grado, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, articolando il proprio ricorso su due distinti motivi.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità
L’esito del giudizio di legittimità è stato netto: il ricorso è stato dichiarato inammissibile in toto. La Corte ha esaminato separatamente i due motivi, evidenziando per ciascuno vizi procedurali insuperabili che ne hanno precluso l’analisi nel merito. Vediamo perché questa decisione sull’inammissibilità del ricorso è così significativa.
Primo Motivo: Mancanza di Correlazione tra Ricorso e Sentenza
Il primo motivo di ricorso mirava a contestare la sussistenza del reato presupposto (art. 474 c.p.). Tuttavia, secondo i giudici supremi, l’argomentazione era viziata da una fondamentale carenza: la mancanza di specificità. Il ricorrente, infatti, non aveva creato una reale correlazione tra le sue lamentele e le ragioni esposte dai giudici d’appello nella motivazione della sentenza impugnata.
La Corte ha ribadito un principio consolidato: un motivo di ricorso non è generico solo quando è vago, ma anche quando ignora completamente le argomentazioni del provvedimento che contesta. L’impugnazione deve instaurare un dialogo critico con la decisione precedente, non può essere un atto slegato da essa. La violazione di questo principio conduce, come previsto dall’art. 591, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Secondo Motivo: Attenuanti Generiche non Richieste in Appello
Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Anche questa doglianza è stata respinta, ma per una ragione diversa. La Corte ha rilevato che tale richiesta non era mai stata formulata come motivo specifico nel precedente grado di giudizio, ovvero nell’atto di appello.
L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non siano già state sottoposte al giudice dell’appello. Si tratta di una regola volta a preservare la struttura del processo, che si articola per gradi, impedendo che una parte possa “saltare” un grado di giudizio per sollevare una censura per la prima volta davanti alla Suprema Corte. Se il ricorrente riteneva che il riepilogo dei motivi d’appello contenuto nella sentenza impugnata fosse errato o incompleto, avrebbe dovuto contestarlo specificamente nel ricorso, cosa che non ha fatto.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La decisione della Corte si fonda su due pilastri della procedura penale: il principio di specificità dei motivi di impugnazione e il principio devolutivo. Il primo impone che chi impugna un provvedimento debba indicare con chiarezza e precisione le ragioni della sua contestazione, confrontandosi punto per punto con la motivazione del giudice precedente. Il secondo stabilisce che il giudice superiore può decidere solo sulle questioni che gli sono state specificamente sottoposte dalla parte. L’ordinanza in esame dimostra come l’inosservanza di queste regole non sia un mero errore formale, ma un vizio radicale che impedisce al ricorso di superare il vaglio preliminare di ammissibilità. La Corte, dichiarando l’inammissibilità, non entra nel merito della colpevolezza o dell’entità della pena, ma si ferma a una valutazione puramente procedurale.
Le Conclusioni: La Specificità come Requisito Fondamentale
In conclusione, questa pronuncia offre un importante monito sulla necessità di redigere gli atti di impugnazione con la massima cura e precisione. L’inammissibilità del ricorso non solo frustra le aspettative di giustizia del cliente, ma comporta anche conseguenze economiche concrete, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, fissata in questo caso in tremila euro. Per evitare tali esiti, è indispensabile che ogni motivo di ricorso sia autosufficiente, specifico e direttamente collegato alle argomentazioni della sentenza che si intende censurare, rispettando scrupolosamente i limiti del giudizio di legittimità.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è considerato generico, e quindi inammissibile, non solo quando le lamentele sono vaghe, ma anche quando non si confrontano specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata. È necessario che vi sia una correlazione diretta tra le critiche mosse e le argomentazioni del giudice che ha emesso la decisione contestata.
È possibile presentare per la prima volta un motivo di doglianza direttamente in Cassazione?
No. In base all’art. 606, comma 3 del codice di procedura penale, non è consentito sollevare in sede di legittimità motivi che non siano stati precedentemente dedotti nell’atto di appello. Il ricorso per Cassazione non può essere utilizzato per introdurre censure nuove che dovevano essere esaminate nel grado di giudizio precedente.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la legge prevede l’obbligo di versare una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene stabilito dal giudice. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45774 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45774 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a NAPOLI il 01/03/1981
avverso la sentenza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOMECOGNOME considerato che il primo motivo di ricorso, che deduce l’insussistenza del reato di cui all’art. 474 cod. pen. quale reato presupposto del delitto di cui all’art. 6 cod. pen., è manchevole dell’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata (cfr. pag. 2 della motivazione della sentenza impugnata) e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato. Va, in proposito, rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, che comporta, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’inammissibilità;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità, perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello, secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che il ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.