Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21153 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21153 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/seftt-ik.e le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME ricorre avverso l’ordinanza del 20 settembre 2023 del Tribunale di sorveglianza di Salerno, che ha rigettato la richiesta di applicazione di misura alternativa alla detenzione con riferimento alla complessiva pena residua di anni due, mesi dieci e giorni ventotto di reclusione di cui alle sentenz del Tribunale di Salerno del 20 luglio 2016, divenuta definitiva e di cui alla sentenza del G.i.p. del Tribunale di Salerno del 13 aprile 2021, divenuta definitiva.
Il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che la richiesta di rinvio dell’udienza non poteva essere accolta, posto che l’allegata istanza ex art. 17 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 doveva considerarsi generica, poiché priva di allegazioni, e tardiva, poiché recante la data del 14 settembre 2023.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, e inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento agli artt. 17 T.U. imm., 71 -bis legge 25 luglio 1975, n. 286, 666, 678 cod. proc. pen., 24, 111 Cost., 6 CEDU e 14, par. 3, lett. d), Patto internazionale sui diritti civili e politici, e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché Tribunale di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che la difesa aveva tempestivamente depositato al Questore di Salerno un’istanza con la quale era stata chiesto che COGNOME, che si trovava in Marocco, fosse autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per partecipare all’udienza.
Il giudice di merito, quindi, rigettando in maniera immotivata la richiesta di rinvio dell’udienza, avrebbe leso il diritto di difesa del condannato, in violazione dei principi cardine del giusto processo, applicabili anche ai procedimenti in camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova in diritto premettere che, tra i requisiti del ricorso per cassazione, vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
In tal senso, rientra nella ipotesi della genericità del ricorso, non solo la aspecificità dei motivi stessi, ma anche la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione (Sez. 1, n. 4521 del 20/01/2005, Orrù, Rv. 230751), che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634).
Nel caso di specie, quindi, il ricorso è fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice di merito, sicché gli stessi devono considerarsi non specifici.
In particolare, il ricorrente non si confronta con l’ordinanza impugnata, nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che all’istanza ex art. 17 T.U. imm. non fossero stati allegati documenti dai quali emergesse il fatto che lo stesso si trovava effettivamente in Marocco: agli atti, infatti, non risultava la residenza né l’esatto indirizzo del condannato.
Secondo il giudice di merito, inoltre, nonostante il rinvio all’udienza del 20 settembre 2023 fosse stato fissato sin dalla precedente udienza del 7 giugno 2023, l’istanza ex art. 17 T.U. imm. riportava la data del 14 settembre 2023 e, quindi, era stata depositata pochi giorni prima dell’udienza camerale.
Il Tribunale di sorveglianza, pertanto, preso atto dell’irreperibilità di COGNOME, ha correttamente applicato al caso di specie il principio di diritto secondo il quale la concessione di una misura alternativa alla detenzione presuppone la reperibilità del soggetto per la realizzazione dei fini della risocializzazione.
Pertanto, l’opposta situazione di fatto della irreperibilità è incompatibile con la struttura dell’istituto in esame e tale, quindi, da giustificare una declaratoria inammissibilità de plano da parte del Presidente del Tribunale di sorveglianza (Sez. 1, n. 1676 del 06/03/2000, COGNOME, Rv. 215819).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 01/02/2024