Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6786 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6786 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Mazara del Vallo il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 09/05/2023 della Corte di appello di Genova; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, ha chiesto che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 09/05/2023, la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza con cui, il precedente 04/07/2022, il Tribunale di La Spezia aveva affermato la penale responsabilità di COGNOME NOME in ordine al delitto di tentato furto e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena ritenuta giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha articolato tre motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce la nullità del processo di secondo grado perché celebrato in assenza dell’imputato, non comparso in quanto detenuto per altra causa.
2.2. Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., di inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui all’art. 546, comma 3, cod. proc. pen. per essere il dispositivo allegato al verbale dell’udienza in cui era stata resa la sentenza di appello privo dell’indicazione del “decisum”.
2.3. Con il terzo motivo lamenta infine, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità o di inutilizzabilità e, in specie, dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen nonché il vizio di motivazione per contraddittorietà in punto di disposta rinnovazione dell’istruttoria.
Sostiene in proposito che, a fronte della riscontrata carenza di legittimazione del querelante, la Corte territoriale avrebbe illegittimamente acquisito la procura speciale allo stesso conferita dal legale rappresentante della società parte lesa, essendole preclusa la rinnovazione dell’istruttoria in assenza di una prova nuova e risultando contraddittoria l’argomentazione spesa a giustificazione dell’esercizio del potere integrativo, alla luce delle preclusioni e delle decadenze vigenti nella “subiecta materia”.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 7 del d.l. n. del 2021, convertito dalla legge n. 126 del 2021 e, ancora, dall’art. 16 del d.l. n. 228 del 2021, convertito dalla legge n. 15 del 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Privo di pregio è il primo motivo di ricorso, con cui si deduce la nullità del processo di secondo grado, sostenendo che esso sarebbe stato irritualmente celebrato in assenza dell’imputato, non comparso in quanto detenuto per altra causa.
Osserva al riguardo il Collegio che la doglianza fatta valere con il motivo in oggetto risulta del tutto generica, non essendosi in alcun modo documentata, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, l’avvenuta rappresentazione
alla Corte di appello della condizione di detenzione per altra causa in cui, in tesi, si sarebbe trovato, al momento, l’imputato.
Palesemente infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e, segnatamente, del disposto di cui all’art. 546, comma 3, cod. proc. pen., assumendo che il dispositivo allegato al verbale dell’udienza in cui era stata emessa la sentenza di appello risulterebbe privo dell’indicazione del “decisum”.
In proposito, occorre premettere che, vertendo l’agitata doglianza su un “error in procedendo”, è consentita al Collegio la disamina del verbale di cui si fa menzione nell’atto di impugnazione, posto che costituisce insegnamento consolidato della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui «In tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali» (così, ex multis, Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 255304-01 e, in precedenza, SS.UU., n. 42792 del 31/10/2001, COGNOME e altri, Rv. 220092-01).
Orbene, la disamina del citato verbale disvela che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, in esso risulta riportato, nella sua integralità, dispositivo della sentenza emessa dalla Corte di appello di Genova in data 09/05/2023, che coincide, peraltro, in maniera testuale, con quello depositato dallo stesso giudice, in uno alla motivazione, il successivo 23/05/2023.
Del tutto infondato risulta, infine, anche il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità o di inutilizzabilità e, in specie, dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione per contraddittorietà in punto di disposta rinnovazione dell’istruttoria, assumendo che, a fronte dell’accertata carenza di legittimazione del querelante, la Corte territoriale avrebbe illegittimamente acquisito la procura speciale al predetto conferita dal legale rappresentante della società vittima del delitto di furto, posto che le sarebbe preclusa la rinnovazione dell’istruttoria in assenza di una prova nuova e che risulterebbe contraddittoria l’argomentazione spesa a giustificazione dell’esercizio del potere integrativo, alla luce delle preclusioni e delle decadenze vigenti nella “subiecta materia”.
Rileva in proposito il Collegio che, contrariamente a quanto dedotto, la disposta acquisizione dell’indicata procura speciale non si pone in contrasto con l’evocata norma processuale, costituendo, per converso, principio consolidato, al quale intende darsi continuità, quello secondo cui «In tema di condizioni di
procedibilità, non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 491 comma 2 cod. proc. pen., sicché il giudice d’appello ha l’obbligo di disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento dell’atto di querela, n caso in cui sorgano questioni sull’accertamento della sua proposizione e non risultino dagli atti elementi decisivi tali da farla ritenere omessa» (così: Sez. 2, n. 3187 del 28/11/2013, dep. 23/01/2014, Casali, Rv. 258534-01).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/01/2024