Inammissibilità ricorso: quando l’errore procedurale preclude l’esame nel merito
L’esito di un procedimento giudiziario non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione illustra perfettamente questo principio, dichiarando l’inammissibilità del ricorso di un detenuto e sottolineando l’importanza di scegliere la giusta sede e il momento corretto per far valere le proprie contestazioni. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere come un vizio, seppur potenzialmente fondato, non possa essere esaminato se proposto in un contesto procedurale errato.
I fatti del caso
Un detenuto si era visto negare il beneficio della liberazione anticipata dal Magistrato di Sorveglianza. La decisione negativa era la conseguenza di una sanzione disciplinare che gli era stata inflitta in precedenza. L’interessato ha proposto ricorso per Cassazione contro il diniego, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Tuttavia, il suo unico motivo di doglianza non riguardava direttamente la decisione sulla liberazione anticipata, bensì la composizione dell’organo che gli aveva comminato la sanzione disciplinare. Nello specifico, sosteneva che al collegio avesse partecipato il medico di guardia anziché il dirigente sanitario, configurando un’irregolarità procedurale.
L’inammissibilità del ricorso secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si basa su un principio cardine del diritto processuale: ogni doglianza deve essere sollevata nella sede procedurale appropriata. Il procedimento per la concessione della liberazione anticipata e quello di reclamo avverso una sanzione disciplinare sono due percorsi giuridici distinti e separati, regolati da norme diverse.
Le motivazioni
I giudici hanno chiarito che il profilo sollevato dal ricorrente – l’irregolare composizione del collegio di disciplina – era completamente estraneo al procedimento di liberazione anticipata. Tale questione avrebbe dovuto essere fatta valere attraverso uno specifico reclamo contro la sanzione disciplinare stessa, secondo quanto previsto dagli articoli 35-bis e 69 dell’ordinamento penitenziario. Non avendo seguito la procedura corretta, il detenuto ha perso l’opportunità di far esaminare quel vizio. La Corte, pertanto, non è potuta entrare nel merito della questione perché sollevata in una sede processuale impropria. L’inammissibilità del ricorso è stata quindi una conseguenza inevitabile di questo errore procedurale, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale: nel diritto, la forma è sostanza. Scegliere la via procedurale errata per contestare un atto può portare a una declaratoria di inammissibilità, impedendo al giudice di valutare la fondatezza delle ragioni sollevate. Il caso evidenzia l’importanza di impugnare ogni atto amministrativo o giurisdizionale nei modi e nei tempi previsti dalla legge. Un’eventuale irregolarità in un procedimento disciplinare deve essere contestata immediatamente attraverso gli strumenti specifici, e non può essere recuperata come motivo di ricorso in un procedimento diverso, come quello per la liberazione anticipata. La lezione è chiara: la strategia processuale e il rispetto delle regole sono tanto importanti quanto le ragioni di merito.
Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo sollevato, relativo all’irregolare composizione del collegio disciplinare, era estraneo al procedimento di liberazione anticipata. Avrebbe dovuto essere contestato in un’apposita procedura di reclamo contro la sanzione disciplinare.
Qual era la contestazione specifica mossa dal ricorrente?
Il ricorrente contestava la legittimità della sanzione disciplinare a suo carico, sostenendo che il collegio che l’aveva irrogata era composto in modo irregolare, poiché vi aveva preso parte il medico di guardia anziché il dirigente sanitario.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13409 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13409 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MONDRAGONE il 01/12/1962
avverso l’ordinanza del 30/04/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato che con il provvedimento impugnato è stato rigettato il reclamo proposto avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Torino che ha rigettato la richiesta di liberazione anticipata avanzata da NOME COGNOME;
rilevato che:
con l’unico motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla composizione del collegio di disciplina che ha applicato la sanzione disciplinare alla quale è conseguito il diniego della liberazione anticipata, avendovi preso parte il medico di guardia, anziché il dirigente sanitario incardinato;
ritenuto che si tratta di profilo estraneo al procedimento di liberazione anticipata e che avrebbe dovuto essere fatto valere in sede di reclamo ai sensi degli artt. 35b1s e 69 ord. pen. avverso la sanzione disciplinare;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, ‘con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025