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Inammissibilità ricorso: i limiti dell’art. 448 c.p.p.

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso presentato contro il trattamento sanzionatorio. La decisione si fonda sulla constatazione che i motivi dell’appello non rientravano tra quelli specificamente consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, non configurandosi un’ipotesi di pena illegale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: Quando i Motivi non Bastano

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, analizza un caso emblematico di inammissibilità del ricorso per Cassazione, offrendo chiarimenti cruciali sui limiti imposti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. La decisione sottolinea come, in determinati contesti processuali, le ragioni per impugnare una sentenza siano strettamente circoscritte dalla legge, escludendo contestazioni generiche sul trattamento sanzionatorio.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato dal Tribunale di una città del Sud Italia, ha presentato ricorso per Cassazione. L’oggetto della sua doglianza era esclusivamente il ‘trattamento sanzionatorio’, ovvero la tipologia e la misura della pena che gli era stata inflitta. L’imputato, attraverso il suo ricorso, mirava a ottenere una revisione della sanzione ritenuta eccessiva o ingiusta.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte, con una decisione sintetica ma perentoria, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa pronuncia non è entrata nel merito delle argomentazioni del ricorrente, ma si è fermata a un vaglio preliminare, concludendo che il ricorso non superava la soglia di ammissibilità.

Conseguentemente, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria tipica per i ricorsi ritenuti infondati o proposti senza i presupposti di legge.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma disciplina i ricorsi per Cassazione avverso le sentenze di ‘patteggiamento’, limitando drasticamente i motivi di impugnazione. La Corte ha ritenuto che il ricorso proposto riguardasse questioni non consentite da tale articolo.

In particolare, la legge stabilisce che non si possono contestare la valutazione del giudice sulla congruità della pena concordata, a meno che non si tratti di una ‘pena illegale’. Nel caso di specie, il ricorrente lamentava il trattamento sanzionatorio in generale, senza però dimostrare che la pena applicata fosse contraria alla legge per specie o quantità. La Corte ha quindi concluso che le ragioni addotte non rientravano nelle eccezioni previste, rendendo l’inammissibilità del ricorso l’unica conclusione possibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale della procedura penale: non ogni aspetto di una sentenza è appellabile in Cassazione, specialmente dopo un patteggiamento. La scelta di questo rito speciale comporta una rinuncia a far valere determinate contestazioni. L’impugnazione è consentita solo per vizi gravi, come l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena. La decisione serve da monito per chi intende presentare ricorso: è essenziale verificare che i motivi rientrino nel perimetro tracciato dal legislatore, per evitare una declaratoria di inammissibilità e le conseguenti sanzioni economiche.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le ragioni presentate, relative al trattamento sanzionatorio, non rientravano tra i motivi consentiti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, e non si trattava di un caso di ‘pena illegale’.

Cosa prevede l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale?
Questa norma limita i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. In particolare, esclude la possibilità di contestare la misura della pena, a meno che essa non sia illegale, cioè non prevista dalla legge per quel reato o applicata in modo non conforme alle norme.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato a pagare le spese del procedimento e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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