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Inammissibilità ricorso: i limiti del riesame

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso presentato contro una sentenza del GIP. La decisione si fonda sul fatto che i motivi dell’appello non rientravano tra quelli consentiti dalla legge, in particolare dall’art. 448 comma 1-bis c.p.p. A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: Quando l’Appello in Cassazione Viene Respinto

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio delle conseguenze derivanti dalla presentazione di un appello privo dei requisiti di legge. In questo caso, l’inammissibilità del ricorso non solo ha precluso ogni discussione nel merito della questione, ma ha anche comportato significative sanzioni economiche per il proponente. Analizziamo la decisione per comprendere i limiti procedurali e le responsabilità in gioco.

I Fatti del Caso

Un soggetto proponeva ricorso dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione avverso una sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Sassari. L’obiettivo del ricorrente era quello di ottenere una revisione della decisione di primo grado. Tuttavia, il ricorso è stato immediatamente sottoposto a un vaglio preliminare di ammissibilità da parte della Corte.

I Limiti all’Impugnazione e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte ha rapidamente concluso per l’inammissibilità del ricorso. La ragione fondamentale risiede nel fatto che le censure, ovvero le critiche mosse dal ricorrente contro la sentenza impugnata, non rientravano nelle categorie consentite dall’articolo 448, comma 1-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso in determinate circostanze, escludendo altre tipologie di contestazione. Il ricorrente, pertanto, ha tentato di percorrere una via legalmente preclusa.

Le Conseguenze Economiche della Decisione

La declaratoria di inammissibilità non è una mera formalità, ma produce effetti concreti e onerosi. La Corte, infatti, non si è limitata a respingere l’appello, ma ha condannato il ricorrente a due pagamenti distinti:
1. Il pagamento delle spese processuali sostenute per il giudizio.
2. Il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa seconda condanna ha natura sanzionatoria e si basa sul principio, consolidato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui chi propone un ricorso inammissibile lo fa per colpa, causando un inutile dispendio di risorse giudiziarie.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte è sintetica ma estremamente chiara. I giudici hanno sottolineato che il vizio di motivazione lamentato dal ricorrente, relativo a una richiesta di sostituzione, era insussistente, richiamando a supporto un precedente specifico (Cass. Pen. n. 50010/2023). Di conseguenza, la doglianza sollevata era infondata e, soprattutto, non poteva essere proposta ai sensi dell’art. 448, comma 1-bis c.p.p.

La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta e automatica dell’inammissibilità, a meno che non si dimostri l’assenza di colpa da parte del ricorrente. In questo caso, la Corte ha ritenuto che la colpa fosse palese, dato che l’appello è stato proposto al di fuori dei confini tracciati dal legislatore, rendendo applicabile il principio sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: l’accesso ai mezzi di impugnazione non è incondizionato, ma è soggetto a rigide regole procedurali. Proporre un ricorso senza una base legale valida, ignorando i limiti specifici imposti dalla legge, non è una strategia processuale percorribile. Al contrario, si traduce in una sconfitta certa, aggravata da conseguenze economiche rilevanti. La decisione funge da monito sulla necessità di una scrupolosa analisi preliminare dei motivi di ricorso prima di adire la Suprema Corte, al fine di evitare sanzioni e l’inutile aggravio del sistema giudiziario.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso perché i motivi presentati dal ricorrente non erano tra quelli specificamente consentiti dall’articolo 448, comma 1-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento di tutte le spese processuali e al versamento di una somma aggiuntiva di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorrente è stato condannato anche a una sanzione pecuniaria?
La sanzione è stata imposta perché la Corte ha ritenuto che il ricorso fosse stato proposto per colpa del ricorrente, il quale ha causato un’inutile attività giudiziaria presentando un’impugnazione al di fuori dei casi previsti dalla legge, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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