Inammissibilità Ricorso: Quando non si può Contestare l’Esecuzione della Pena
La fase di esecuzione della pena rappresenta il momento finale del processo penale, in cui la sentenza di condanna diventa concreta. Tuttavia, non tutte le questioni possono essere sollevate in questa sede. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’inammissibilità del ricorso volto a modificare una decisione già passata in giudicato attraverso una nuova valutazione delle prove. Questo caso offre spunti cruciali per comprendere i confini invalicabili tra il giudizio di merito e la fase esecutiva.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Correzione dell’Ordine di Esecuzione
Un soggetto condannato proponeva ricorso contro un’ordinanza della Corte di Appello, la quale aveva dichiarato inammissibili le sue istanze di correzione di un ordine di esecuzione di pene concorrenti. Il ricorrente sosteneva che la data di consumazione dell’ultimo reato oggetto di condanna (un reato associativo) fosse errata. A suo avviso, una corretta determinazione di tale data avrebbe comportato una retrodatazione della decorrenza della pena da espiare.
Il ricorrente lamentava, in sostanza, che il giudice dell’esecuzione non avesse verificato in modo approfondito il momento di cessazione della permanenza del reato associativo, basandosi unicamente su quanto stabilito nella sentenza di condanna ormai definitiva.
La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. I giudici hanno sottolineato due principi cardine della procedura penale che impedivano l’accoglimento della richiesta.
Il Divieto di Rivalutazione del Giudicato in Sede Esecutiva
Il punto centrale della decisione è che il giudice dell’esecuzione non ha il potere di modificare una sentenza passata in giudicato. Il suo compito è assicurare che la pena venga eseguita correttamente, non rimettere in discussione le valutazioni di fatto e di diritto che hanno portato alla condanna. Il ricorrente, chiedendo una diversa analisi di alcuni elementi di prova (come le intercettazioni) per stabilire una diversa data di consumazione del reato, stava di fatto tentando di ottenere una revisione del merito della sentenza, attività preclusa in fase esecutiva.
L’Irrilevanza della Data di Consumazione del Reato per la Decorrenza della Pena
La Corte ha inoltre evidenziato un ulteriore errore nell’impostazione del ricorso. Anche se la data di consumazione del reato fosse stata diversa, ciò non avrebbe influito sulla decorrenza della pena. La legge stabilisce infatti che, in caso di detenzione, la pena inizia a decorrere dal giorno dell’arresto o della carcerazione. Nel caso specifico, essendo il condannato in carcere dal 15 maggio 2017, è da quella data che inizia il conteggio della pena da scontare, rendendo del tutto irrilevante la questione sollevata sulla consumazione del reato.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sulla netta separazione tra il giudizio di cognizione, dove si accertano i fatti e le responsabilità, e la fase di esecuzione, dove si dà attuazione alla condanna. Permettere al giudice dell’esecuzione di rivalutare gli elementi di prova significherebbe violare il principio di intangibilità del giudicato, creando una perpetua incertezza giuridica. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non si confrontava con questo principio fondamentale, ma tentava di aggirarlo proponendo una nuova lettura del materiale probatorio. Inoltre, la Corte ha sottolineato la mancanza di specificità del ricorso, che non affrontava il corretto rilievo del giudice di merito sull’irrilevanza della data di consumazione del reato ai fini della decorrenza della pena espianda.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma che la fase esecutiva non è una terza istanza di giudizio. Le contestazioni relative all’accertamento dei fatti, inclusa la data di consumazione di un reato, devono essere sollevate e decise durante il processo di merito, attraverso i mezzi di impugnazione ordinari (appello, ricorso per cassazione). Una volta che la sentenza è diventata definitiva, le questioni coperte dal giudicato non possono più essere messe in discussione. La decisione ribadisce l’importanza del rispetto delle diverse fasi processuali e dei limiti imposti al giudice dell’esecuzione, la cui funzione è circoscritta a garantire la legalità dell’esecuzione della pena, senza poter incidere sul contenuto della condanna.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato e non specifico. Il ricorrente chiedeva una nuova valutazione delle prove, un’attività che non è permessa al giudice dell’esecuzione, il quale non può modificare una sentenza definitiva (giudicato).
Il giudice dell’esecuzione può riesaminare le prove del processo di condanna?
No, il giudice dell’esecuzione non può effettuare una diversa valutazione degli elementi di prova già esaminati dal giudice della cognizione. Il suo ruolo è limitato a risolvere le questioni che sorgono durante l’esecuzione della pena, senza rimettere in discussione il merito della sentenza.
Qual è il momento da cui decorre la pena da scontare secondo questa ordinanza?
Secondo l’ordinanza, la pena da espiare decorre dalla data della carcerazione, che nel caso specifico era avvenuta il 15 maggio 2017. La data di consumazione del reato è stata ritenuta irrilevante a questo fine.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27042 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27042 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 04 marzo 2024 con cui la Corte di appello di Catanzaro, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibili le istanze di correzione dell’ordine di esecuzione di pene concorrenti n. 125/2022 emesso dalla Procura Generale di Catanzaro, in quanto fondate su pretesi errori valutativi dei giudici di merito e su una diversa data di consumazione dell’ultimo reato in espiazione, comunque ininfluente sulla decorrenza della pena da espiare;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio dell motivazione per non avere il giudice dell’esecuzione, di fronte ad una condanna per reato associativo con contestazione aperta, verificato in concreto se la cessazione della permanenza fosse stata accertata fino alla data della sentenza, facendo così decorrere l’espiazione della pena da una retrodatazione della consumazione del reato;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile perché manifestamente infondato e privo di specificità, in quanto non si confronta con il corretto rilievo del giudic dell’esecuzione circa la non modificabilità del giudicato mediante una diversa valutazione degli elementi di prova esaminati dal giudice della cognizione, e chiede, invece, una diversa valutazione di alcune intercettazioni, né si confronta con il corretto rilievo della irrilevanza della data di consumazione del reato per la decorrenza della pena espianda, la quale decorre dalla data della carcerazione, in questo caso intervenuta il 15/05/2017;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06 giugno 2024
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