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Inammissibilità ricorso: evasione e tardività

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un condannato che, dopo anni di evasione volontaria, chiedeva la nullità di notifiche. La decisione si fonda sulla tardività dell’istanza e, soprattutto, sull’infondatezza nel merito, poiché l’irreperibilità era causata dalla condotta dello stesso ricorrente. La Suprema Corte sottolinea che non si può trarre vantaggio dalla propria condotta illecita, confermando l’inammissibilità ricorso.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: Quando la Fuga Annulla i Diritti

L’inammissibilità ricorso è una delle risposte più nette che il sistema giudiziario possa dare a un’istanza. Significa che la richiesta non può nemmeno essere esaminata nel merito perché manca di un presupposto fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la condotta personale, in particolare la scelta di rendersi volontariamente irreperibili, possa portare a tale esito, precludendo ogni possibilità di contestazione. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un’istanza presentata nell’interesse di un soggetto condannato. Questi chiedeva alla Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, di dichiarare la nullità della notifica di un decreto di sospensione di un ordine di carcerazione e della sua successiva revoca, atti risalenti al 2018. La richiesta includeva anche la cosiddetta “rimessione nei termini” per poter usufruire dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario.

Tuttavia, la situazione del ricorrente era complessa: egli era stato arrestato per l’esecuzione della pena nel luglio 2024, ma l’istanza era stata presentata solo nel settembre 2024. Inoltre, un dato fondamentale emerso era che il soggetto si era reso irreperibile dal domicilio dichiarato fin dal novembre 2011, tanto da essere inserito nell’elenco dei catturandi.

La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità Ricorso

La Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato l’istanza inammissibile basandosi su due distinti ordini di motivi, le cosiddette rationes decidendi:

1. Tardività: L’istanza è stata presentata ben oltre il termine ragionevole, essendo stata depositata quasi due mesi dopo l’arresto del condannato.
2. Infondatezza nel merito: La Corte ha ritenuto l’istanza infondata poiché i problemi di notifica derivavano direttamente dalla condotta del condannato, che si era volontariamente sottratto alla giustizia per anni.

Il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione. La Suprema Corte, tuttavia, ha confermato l’esito, dichiarando l’inammissibilità ricorso.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha evidenziato un punto cruciale: il ricorso presentato si concentrava solo su una delle due ragioni della decisione della Corte d’Appello, tralasciando di contestare la seconda, quella relativa all’infondatezza nel merito dovuta all’evasione. Secondo la giurisprudenza costante, quando una decisione si basa su più ragioni autonome e sufficienti a sorreggerla, è necessario contestarle tutte. Se anche una sola di esse non viene efficacemente criticata, il ricorso diventa inammissibile.

Nel caso specifico, la Cassazione ha sottolineato come la motivazione legata alla condotta di evasione del condannato fosse di per sé sufficiente a giustificare il rigetto dell’istanza. La volontaria irreperibilità dal 2011 rendeva la richiesta pretestuosa. In sostanza, un soggetto che sceglie di sottrarsi alla giustizia non può, in un secondo momento, lamentare le conseguenze procedurali (come la mancata notifica di atti) che derivano direttamente dalla sua stessa scelta illecita.

Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro ordinamento: non si può trarre vantaggio dal proprio comportamento illecito. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è stata solo una formalità procedurale, ma la logica conseguenza di una condotta pluriennale di evasione. Le implicazioni pratiche sono significative: chi si sottrae volontariamente alla giustizia perde la possibilità di contestare eventuali vizi procedurali che sono una diretta conseguenza della propria irreperibilità. La decisione ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a riprova della gravità della condotta tenuta.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché il richiedente si era volontariamente reso irreperibile sin dal 2011. Questa condotta di evasione è stata considerata la causa dei problemi di notifica lamentati, rendendo la sua istanza infondata nel merito. Inoltre, l’istanza è stata presentata tardivamente, quasi due mesi dopo il suo arresto.

È possibile chiedere una nuova scadenza (rimessione in termini) se non si riceve una notifica?
In linea di principio sì, ma solo se la mancata ricezione non è dovuta a colpa del destinatario. In questo caso, poiché l’irreperibilità era una scelta volontaria del condannato per sottrarsi alla giustizia, la sua richiesta è stata respinta.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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