Inammissibilità Ricorso: Quando la Fuga Annulla i Diritti
L’inammissibilità ricorso è una delle risposte più nette che il sistema giudiziario possa dare a un’istanza. Significa che la richiesta non può nemmeno essere esaminata nel merito perché manca di un presupposto fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la condotta personale, in particolare la scelta di rendersi volontariamente irreperibili, possa portare a tale esito, precludendo ogni possibilità di contestazione. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti di Causa
La vicenda ha origine da un’istanza presentata nell’interesse di un soggetto condannato. Questi chiedeva alla Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, di dichiarare la nullità della notifica di un decreto di sospensione di un ordine di carcerazione e della sua successiva revoca, atti risalenti al 2018. La richiesta includeva anche la cosiddetta “rimessione nei termini” per poter usufruire dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario.
Tuttavia, la situazione del ricorrente era complessa: egli era stato arrestato per l’esecuzione della pena nel luglio 2024, ma l’istanza era stata presentata solo nel settembre 2024. Inoltre, un dato fondamentale emerso era che il soggetto si era reso irreperibile dal domicilio dichiarato fin dal novembre 2011, tanto da essere inserito nell’elenco dei catturandi.
La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità Ricorso
La Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato l’istanza inammissibile basandosi su due distinti ordini di motivi, le cosiddette rationes decidendi:
1. Tardività: L’istanza è stata presentata ben oltre il termine ragionevole, essendo stata depositata quasi due mesi dopo l’arresto del condannato.
2. Infondatezza nel merito: La Corte ha ritenuto l’istanza infondata poiché i problemi di notifica derivavano direttamente dalla condotta del condannato, che si era volontariamente sottratto alla giustizia per anni.
Il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione. La Suprema Corte, tuttavia, ha confermato l’esito, dichiarando l’inammissibilità ricorso.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha evidenziato un punto cruciale: il ricorso presentato si concentrava solo su una delle due ragioni della decisione della Corte d’Appello, tralasciando di contestare la seconda, quella relativa all’infondatezza nel merito dovuta all’evasione. Secondo la giurisprudenza costante, quando una decisione si basa su più ragioni autonome e sufficienti a sorreggerla, è necessario contestarle tutte. Se anche una sola di esse non viene efficacemente criticata, il ricorso diventa inammissibile.
Nel caso specifico, la Cassazione ha sottolineato come la motivazione legata alla condotta di evasione del condannato fosse di per sé sufficiente a giustificare il rigetto dell’istanza. La volontaria irreperibilità dal 2011 rendeva la richiesta pretestuosa. In sostanza, un soggetto che sceglie di sottrarsi alla giustizia non può, in un secondo momento, lamentare le conseguenze procedurali (come la mancata notifica di atti) che derivano direttamente dalla sua stessa scelta illecita.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro ordinamento: non si può trarre vantaggio dal proprio comportamento illecito. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è stata solo una formalità procedurale, ma la logica conseguenza di una condotta pluriennale di evasione. Le implicazioni pratiche sono significative: chi si sottrae volontariamente alla giustizia perde la possibilità di contestare eventuali vizi procedurali che sono una diretta conseguenza della propria irreperibilità. La decisione ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a riprova della gravità della condotta tenuta.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché il richiedente si era volontariamente reso irreperibile sin dal 2011. Questa condotta di evasione è stata considerata la causa dei problemi di notifica lamentati, rendendo la sua istanza infondata nel merito. Inoltre, l’istanza è stata presentata tardivamente, quasi due mesi dopo il suo arresto.
È possibile chiedere una nuova scadenza (rimessione in termini) se non si riceve una notifica?
In linea di principio sì, ma solo se la mancata ricezione non è dovuta a colpa del destinatario. In questo caso, poiché l’irreperibilità era una scelta volontaria del condannato per sottrarsi alla giustizia, la sua richiesta è stata respinta.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6663 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6663 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 12/09/1973
avverso l’ordinanza del 14/10/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letto il ricorso;
letta la memoria del difensore;
rilevato che:
con il provvedimento impugnato la Corte di appello di Firenze, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME con la quale è stata chiesta la dichiarazione di nullità della notifica del decreto di sospensione dell’ordine di carcerazione e la nullità della notifica della revoca del decreto di sospensione per inesistenza delle stesse, con contestuale richiesta di rimessione nei termini per chiedere i benefici dell’ordinamento penitenziario; atti notificati, rispettivamente, nel giugno e nel settembre 2018;
a fondamento ha segnalato la tardività dell’istanza ai sensi dell’art. 175, comma 1, cod. proc. pen. essendo stato tratto in arresto il condannato, per l’esecuzione dell’ordine di carcerazione, il 25 luglio 2024 ed essendo stata presentata l’istanza di remissione in termini in data 10 settembre 2024;
il giudice dell’esecuzione ha ritenuto l’istanza, altresì, infondata nel merito essendo COGNOME evaso dal domicilio dichiarato sin dal 15 novembre 2011, con conseguente inserimento nell’elenco dei catturandi;
il ricorrente ha censurato l’ordinanza impugnata eccependo di non avere richiesto la restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. e di avere avanzato l’istanza ai soli fini dell’art. 670, comma 1, cod. proc. pen.;
ritenuto che:
la censura attinge solo una delle rationes decidendi del provvedimento impugnato che, oltre a segnalare la tardività dell’istanza, ha evidenziato la sua infondatezza nel merito risultando la condotta di evasione del condannato dal domicilio eletto sin dal 2011, epoca a partire dalla quale si è reso volontariamente irreperibile;
considerato che deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2025