Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20702 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20702 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MELITO DI PORTO SALVO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato non luogo a provvedere sull’istanza formulata nell’interesse di NOME COGNOME, volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tre sentenze GLYPH (1. GIP Tribunale Milano del 13/06/2001, irr. 15/05/2003; 2. Corte appello Milano del 28/06/2014, irr. 30/04/2015; 3. Corte assise appello Reggio Calabria del 08/04/2005, irr. 04/06/2005), osservando che l’ultima delle sentenze indicate non era valutabile (non risultando dall’esame del certificato del casellario, e non essendo stata allegata all’istanza) e che, in relazione alle prime due pronunce, l’istanza risultava essere meramente reiterativa di precedente istanza già respinta dal G.E. e priva di elementi nuovi e diversi che potessero indurre a una rivalutazione del caso.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, chiedendo l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, osservando come l’istanza da ultimo avanzata alla Corte d’appello di Milano conteneva elementi nuovi rispetto alle precedenti richieste di applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen, in relazione alle medesime sentenze, ed in particolare la dimostrata appartenenza della locale di Desio in continuum con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE radicata in Calabria, nonché il fatto che il NOME nel 1996 aveva ricevuto un avviso orale dalla Questura di Milano in quanto soggetto pericoloso. L -)
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il giudice dell’esecuzione ha fatto giusta applicazione al caso di specie del principio di diritto secondo il quale una precedente pronuncia di rigetto della richiesta di applicazione della continuazione preclude la riproposizione della richiesta, con riferimento ai reati per cui è stato escluso il riconoscimento del reato continuato (Sez. 1, n. 12823 del 03/03/2011, De Martino, Rv. 249913).
Questa Corte di legittimità ha infatti chiarito che il provvedimento del giudice dell’esecuzione divenuto formalmente irrevocabile preclude, ai sensi dell’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., una nuova pronuncia sul medesimo “petitum” finché
non si prospettino elementi che, riguardati per il loro significato sostanziale e non per l’apparente novità della veste formale, possono essere effettivamente qualificati come nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti ovvero preesistenti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione ai fini della precedente decisione (Sez. 3, n. 50005 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 261394 – 01).
Gli argomenti sviluppati dal ricorrente per sostenere l’avvenuta deduzione del novum si risolvono in affermazioni del tutto generiche e sostanzialmente irrilevanti.
Va in particolare rilevato come, per ammissione dello stesso ricorrente, uno dei due argomenti asseritamente nuovi che avrebbero dovuto indurre il G.E. a riesaminare l’istanza (ovvero l’essere stato il COGNOME raggiunto nell’anno 1996 da avviso orale notificatogli dalla Questura di Milano) non era stato neppure avanzato nell’istanza nuovamente proposta in sede esecutiva, il che preclude a questa Corte di prenderlo in considerazione.
Quanto all’ulteriore elemento asseritamente di novità, costituito dalla «dimostrata appartenenza della locale di Desio in continuum con la RAGIONE_SOCIALE radicata in Calabria», va osservato, in linea generale, come un mero spunto argomentativo, o una diversa prospettazione dei medesimi argomenti, svolti a sostegno dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. riproposta in relazione alle medesime sentenze, non possa integrare quell’elemento di novità necessario per superare la censura di inammissibilità derivante dal chiaro disposto di cui all’art. 666 comma 2 cod. proc. pen.. Peraltro trattasi di argomento, che, come si legge a pag. 9 del ricorso, sarebbe già stato «compendiato in una delle richieste di riconoscimento».
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, anche di una somma di denaro da versare alla RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 31/01/2021